Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
lunedì 21 aprile 2025
 
La cultura riparte
 

"Siamo stati i primi ad riaprire e che coda davanti al museo"

05/02/2021  Parla il vicedirettore delle Gallerie d'Italia di Milano, Giovanni Morale, in occasione, il 4 febbraio, della riapertura della mostra su Tiepolo. Code di visitatori, e grande entusiasmo per la cultura che rinasce dopo tre mesi di chiusura. E sul prossimo numero di Famiglia cristiana un reportage sul pubblico tornato a vedere mostre e musei

Dopo il ritorno in fascia gialla della Lombardia, giusto pochi giorni per organizzarsi e c’è stata la prima riapertura di una mostra: Tiepolo alle Gallerie d’Italia il 4 febbraio. Siamo andati a intervistare le persone in coda per entrare e dedicheremo a questa riapertura (e alle testimonianze dei visitatori di altri musei italiani, che arriva dopo tre mesi di stop a mostre e musei su tutto il territorio nazionale, sul prossimo numero di Famiglia cristiana in edicola dall’11 febbraio. Per l’occasione abbiamo intervistato il vicedirettore delle Gallerie d’Italia, sede Piazza Scala a Milano, Giovanni Morale. 


Come avete deciso una riapertura così rapida?
«Avevamo già deciso di riaprire il 4 febbraio la sede delle Gallerie d’Italia di Napoli. Con il ritorno anche della Lombardia in fascia gialla abbiamo pensato di riaprirle tutte e tre (compresa quella di Vicenza) insieme, e abbiamo fatto una corsa contro il tempo per predisporre tutto in tre giorniۚ».

Quali sono i vostri criteri per una visita sicura?
«Abbiamo aperto le prenotazioni, per chi non vuole fare la fila e essere sicuro di avere garantito l’accesso. Poi facciamo entrare le persone a scaglioni in modo che non ci siano più di 45 perone ogni quarto d’ora secondo un preciso algoritmo. Le sale sono molto ampie, ma deve essere garantito il distanziamento. L’apertura è dalle 10 alle 20, ma l’ultimo ingresso è alle 18,30. E poi abbiamo predisposto due percorsi diversi per entrate e uscite. Dobbiamo dimostrare che la cultura è sicura».
Come spiega questo forte afflusso di visitatori già dal primo giorno di riapertura? «Prima dello stop la mostra è rimasta aperta solo tre giorni, era uno degli eventi clou della stagione culturale milanese, ed è naturale che ci fosse tanta aspettativa tra gli appassionati»


Vi aspettavate così tante persone?
«Lo speravamo ma non pensavamo così tanteۚ». 


Cosa pensa del fatto che nei week end i musei resteranno comunque chiusi?
«È una chiusura molto penalizzante perché tante perosne durante la settimana lavorano e dedicano il fine settimana alla cultura. Noi abbiamo potuto garantire lo stesso l’apertura infrasettimanale, ma altre realtà più piccole, anche milanesi, o di piccoli centri, non sono in grado di riaprire, cioè di sostenere i costi senza sfruttare il week end».


In questi mesi di chiusura avete continuato a mantenere un rapporto con il pubblico? 
«Sì, abbiamo attivato dei virtual tour, dei poadcast che erano dei racconti interattivi su cinque opere della mostra, e siamo stati attivi sui canali social».


L’altra mostra aperta alle Gallerie d’Itali ha molta attinenza con il periodo che stiamo vivendo già a partire dal titolo Ma noi ricostruiremo…
«Quella già aveva avuto la sua visibilità, ma ci sarà ancora tempo per visitarla. Sono esposte alcune delle straordinarie foto tratte dall’immenso archivio Publifoto di Intesa San paolo che documentano alcune zone di Milano distrutte da bombardamenti della seconda guerra mondiale. Affiancate a foto di Daniele Ratti scattate negli stessi luoghi durante il primo lockdown. La frase del titolo la pronunciò l’allora sindaco di Milano Antonio Greppi. In un certo senso quello che stiamo vivendo oggi è paragonabile a una guerra».


Tra i primissimi visitatori della mostra su Tiepolo abbiamo visto tanti giovani. Ne è sorpreso?
«No, perché noi facciamo una grande azione di educazione all’arte con i giovani. Nel 2019 abbiamo incontrato 80.000 studenti, avevamo un afflusso medio di 17 scolaresche al giorno. Il museo, che letteralmente è il luogo delle muse, è un luogo ideale per la formazione. I musei possono essere definiti il luogo dell’essere da contrapporsi a non luoghi come i supermercati. L’interesse dei giovani per la bellezza è per noi fonte di luce e di speranza». 

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo