Il via libera è arrivato al fotofinish. Il 29 dicembre, il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva la riforma del sistema nazionale della Protezione civile. Un cammino veloce – 9 mesi da quando il Parlamento ha delegato il Governo – per un decreto che ha raccolto il plauso di tutte le realtà del settore. Per il premier Paolo Gentiloni si tratta di una «riforma rilevante: un punto di equilibrio, nel pendolo tra gigantismo e minimalismo», in modo da dare «una base solida a un’eccellenza italiana».
A 25 anni dalla precedente, la nuova legge razionalizza il “sistema Protezione civile”, definendo compiti e ruoli dei diversi attori coinvolti. Le ultime emergenze, dai terremoti in Centro Italia all’alluvione di Livorno, sono sullo sfondo, nel senso che in quei momenti si è capito dove era necessario riorganizzare le procedure, e nel frattempo sono state sperimentate attività operative e buone abitudini che ora il Governo ha sistematizzato. «La certezza delle norme, per la delicatezza del nostro settore, è un elemento fondamentale per assicurare interventi efficaci e tempestivi», spiega il capo Dipartimento Angelo Borrelli.
Prima di tutto si afferma l’idea che la Protezione civile è un “sistema”, non un singolo corpo, a cui concorrono diversi attori: lo Stato centrale e gli enti locali (comuni, regioni), le componenti di soccorso (esercito, vigili, polizia di Stato…), le associazioni di pubblica assistenza (Misericordie, Croce Rossa e altre Croci), l’ampio mondo del volontariato e i cittadini. Realtà che tra di loro possono avere competenze concorrenti: viene ad esempio ben specificato il ruolo dei vigili del fuoco come componente fondamentale, oppure il decreto chiarisce la differenza tra la linea politica e operativa, migliorando la definizione della catena di comando in funzione delle diverse tipologie di emergenze.
Ma parlare di sistema significa anche pensare alla Protezione civile con tempi più lunghi: per la ricostruzione dopo le catastrofi, ma soprattutto in modo preventivo prima. Fino ad ora lo stato di emergenza (e i relativi fondi) poteva durare 6 mesi più 6; la nuova legge estende a 12 più 12 e snellisce le procedure per la proclamazione. È introdotta la “mobilitazione nazionale”, precedente alla “dichiarazione d’emergenza”; la terza fase prevede poi l’individuazione di ulteriori risorse per il prosieguo delle attività, solo a seguito della valutazione dell’effettivo impatto dell’evento.
Per quanto riguarda le misure economiche, il testo istituisce tre fondi: uno nazionale per le attività di previsione e prevenzione; il secondo per le emergenze (sempre nazionale) e il terzo, invece regionale, di protezione civile per gli interventi appunto di carattere regionale. Infine nella nuova legge – aggiunge il capo Dipartimento Borelli – «per la prima volta si parla di doveri, oltre che di diritti da parte dei cittadini, i quali in presenza di situazioni del rischio devono sapere come comportarsi».