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venerdì 20 settembre 2024
 
 

Siamo un popolo di ignoranti

18/11/2013  Un'indagine della Commissione europea traccia un quadro fosco: andiamo sempre meno al cinema, a teatro e nei musei, solo un italiano su due legge almeno un libro l'anno, non abbiamo interessi culturali, non investiamo nell'educazione... La situazione è peggiore che negli altri Paesi. E la causa non è soltanto la crisi economica...

Nessuno si senta offeso, tutti si sentano chiamati in causa, ciascuno nel proprio ruolo, nella propria professione, come cittadini... Noi italiani siamo un popolo di ignoranti. Il popolo che ha ereditato la civiltà romana, che è stato culla del Rinascimento, che possiede il più vasto e ricco patrimonio artistico al mondo non legge, non va al cinema, non studia, non valorizza i suoi beni, non investe sull'educazione...

A parlare sono, nella loro cruda oggettività, i dati statistici. In particolare, è un'indagine pubblicata dalla Commissione europea basata su 26 mila interviste condotte fra i 27 Paesi dell'Unione. In sei anni sono passati dal 40 per cento al 49 per cento gli italiani che non nutrono alcun interesse culturale. Un italiano su due ha una «bassa pratica culturale», appena otto su cento hanno un interesse tra «alto» e «molto alto» per i prodotti culturali. Nel cosiddetto "indice di pratica culturale", il 49 per cento degli italiani (il 9 per cento rispetto al 2007) ha bassa pratica, a fronte del 34 per cento della media Ue (+4 per cento rispetto al precedente).

Dati impressionanti, in cui, oltre al numero di italiani privi di qualunque interesse culturale, colpisce il peggioramento rispetto al passato e l'umiliante confronto con gli altri popoli dell'Unione europea.

Entrando nel dettaglio della ricerca, il quadro si fa ancora più fosco. Emerge che in Italia si è ridotto il consumo di programmi culturali persino in Tv e alla radio (solo il 60 per cento ha detto di averne visto almeno uno negli ultimi 12 mesi, con un calo di 14 punti).

Un dato, questo, che elimina o perlomeno mitiga l'alibi che la principale causa di questa apatia culturale sia la crisi economica: per seguire un programma alla Tv o alla radio non occorre tirare fuori soldi...

Giù in Italia anche tutti gli altri tipi di consumi culturali: meno 7 per cento per la lettura di libri (solo il 56 per cento ne ha letto almeno uno in un anno), meno 1 per cento per la frequentazione dei cinema, meno 8 per cento per le visite a monumenti storici, meno 4 per cento per le visite a musei e gallerie, meno 5 per cento per i concerti e per le viste alle biblioteche pubbliche, meno 2 per cento per i teatri e meno 3 per cento per balletto e opera. E anche in fatto di partecipazione attiva, quella degli italiani è molto al di sotto della media europea: il 62 per cento degli europei confessa di non partecipare ad alcuna attività culturale, percentuale che sale all'80 per cento per gli italiani. Limitato anche l'uso di Internet a scopo culturale: il 27 per cento degli italiani non lo usa mai ed un altro 20 per cento utilizza la rete non più di tre volte al mese.

Sono dati su cui dovremmo riflettere, perché un popolo che non alimenta la mente e il cuore con la lettura, l'arte, il cinema, le visite ai musei, un rapporto vitale con il suo patrimonio non può che ritrovarsi impoverito e meno attrezzato ad affrontare le sfide sociali del presente. Il nostro disinteresse per la cultura è sintomo di un malessere profondo, fa pensare a una società ripiegata su un'"esistenza minima", priva di slanci; insinua il sospetto di un popolo chiuso, poco propenso al confronto, al dialogo, all'innovazione, problema non di poco conto in un mondo globalizzato, esposto all'immigrazione e alla concorrenza mondiale...

Sembriamo una nazione sulla difensiva, che ha rinunciato a crescere, di lottare per valori alti, ripiegata sulla "sopravvivenza", disinteressata ad apripre gli occhi e la mente. Una nazione rassegnata (lo sono anche e soprattutto i giovani). Una nazione ignorante, insomma...

 
 
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