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giovedì 16 gennaio 2025
 
BERGOGLIO AI RELIGIOSI
 

«Siate profeti, non sparlate, perdonate. E sorridete»

17/09/2015  Francesco ha parlato a circa 5 mila giovani consacrati riuniti a Roma. Un discorso quasi tutto a braccio. Ha ricordato la sua vocazione segnata da un francescano e da un salesiano. E ha esortato alla preghiera. E al dialogo con il superiore, la comunità, il vescovo. Senza avere paura di litigare, perché anche i primi apostoli litigavano, «ma erano aperti allo Spirito Santo» che dava loro la capacità di predonare.

Ci sono tutti i temi cari del suo Pontificato nel discorso ai consacrati e alle consacrate ricevuti nell'aula Paolo VI da Papa Francesco: la mondanità, le chiacchiere, il proselitismo, la rigidità, la freddezza, il narcisismo. In quasi un'ora di udienza Bergoglio si rifà spesso a Santa Teresa di Gesù Bambino per chiarire il modello di vero religioso e di vera religiosa. Santa Teresa che metteva in guardia dalla libertà che viene dalla mondanità per dire, invece che «la libertà va unita alla testimonianza e alla fedeltà».

Il Papa esorta i consacrati a coltivare e a far coltivare i sogni. «Una mamma che educa i figli nella rigidità "si deve, si deve" e non lascia che i figli sognino, abbiano i sogni, non lascia i figli crescere annulla, il futuro dei figli, i figli saranno sterili. Anche la vita consacrata può essere sterile, quando non è profetica, quando non si permette di sognare», mentre Santa Teresa, «quella suorina, sognava. Era di clausura, ma ha dato i sentieri a tutta la Spagna». Il Papa spiega che «i rigidi non possono sognare» e invita i religiosi a leggere il capitolo 23 di San Matteo «pensiamo alle cose che Gesù dice ai consacrati rigidi dei suoi tempi. Quelli sono i rigidi e l’osservanza non deve essere rigidità, se è rigida non è osservanza, è egoismo personale, è cercare se stesso per sentirsi migliori degli altri: "ti ringrazio perché non sono come quella suora, per la mia congregazione che è cattolica osservante e non come quella che va di qua e di là". Questa è osservanza rigida Teresa le chiama alma sconsacratas».

Il Papa esorta al dialogo, ad avere un cuore aperto al Signore per portare quello che il Signore ci dice nel dialogo con il superiore, con il direttore spirituale, con la Chiesa, con il vescovo, con la comunità. Senza avere paura di litigare, perché anche i primi apostoli litigavano, «ma erano aperti allo Spirito santo che aveva questa capacità di perdonarci». « Vi dico una parola difficile», prosegue il Papa «ma vi parlo sinceramente. Uno dei peccati che spesso trovo nella vita comunitaria è l’incapacità del perdono tra i fratelli e le sorelle: "quello la pagherà, gliela farò pagare". Questo è sporcare l'altro, le chiacchiere in una comunità impediscono il perdono e aiutano ad allontanarsi dall'altro. A me piace dire che le chiacchiere non sono soltanto un peccato – perché chiacchierare è peccato, confessatevi se fate questo – ma chiacchierare è anche terrorismo perché chi chiacchiera butta una bomba sulla fama dell'altro e distrugge e l’altro non può difendersi perché sempre si chiacchiera nell'oscuro, non nella luce e l'oscuro è il regno del diavolo. Così un religioso che ha consacrato la sua vita a Dio diventa un terrorista o una terrorista perché butta nella sua comunità una bomba che distrugge».

Non fa mistero delle difficoltà, il Papa. Delle tentazioni, dell'instabilità della sequela: «I primi monaci del deserto scrivono su questo e ci insegnano come trovare la stabilità interiore, la pace, ma sempre ci saranno le tentazioni, la lotta sarà alla fine e tornando a Santa Teresa di Gesù bambino, ricordatevi che bisogna pregare per quelli che stanno morendo, perché è il momento di maggiore instabilità dove le tentazioni vengono più forti». Bisogna evitare la cultura del provvisorio, e pensare che evangelizzare non è fare proselitismo: «Non siamo un’associazione di calcio che cerchiamo aderenti. Evangelizzare non è convincere, è testimoniare che Cristo è Dio e questa testimonianza si fa con la carne, con la vita». Il Papa loda le donne «sono femminista», dice sorridendo. E ricorda alle suore la loro  «maternalità». La suora «è icona della maternità di Maria e della Chiesa, non perdete questo, sempre in prima linea, ma così, con questa maternalità». Il Papa ricorda la sua vocazione, il francescano che lo ha confessato il 21 settembre 1953 «e dopo ero un'altra persona», il salesiano che lo ha seguito «e che mi ha portato dai Gesuiti, questo ecumenismo religioso» e invita a non perdere mai la memoria della chiamata, dell'incontro con Dio. Chiede di avere un cuore caldo, che comunica al di là delle parole, come le suorine coreane che «non sapevano una parola di spagnolo come io non sapevo una parola della loro lingua, ma ci capivamo». Infine, in un discorso quasi tutto a braccio, il Papa torna sull'importanza di non essere narcisisti, di non guardarsi allo specchio, ma di guardare Dio, «siate uomini e donne di adorazione e pregate per me», conclude il Papa ringraziando perché «questo incontro mi ha fatto bene».

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Il Papa incontra i giovani consacrati: «Scusate se sono un po’ femminista, dico grazie a suore»
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