Oggi terzo giorno di sciopero dei Tir contro il caro gasolio e autostrade. Palermo è una capitale in zona paura e la Sicilia è un’isola in mano alla protesta e alle rivendicazioni da tempo inascoltate. Un allarme che si è sentito anche in Parlamento con le parole di un deputato siciliano: «Il Governo se ne frega del Sud». I rifornimenti sono quasi esauriti, la folla si riversa nei supermercati, e dai palazzi si guarda con grande preoccupazione ai risvolti “sicilianisti” di questa protesta e alla possibilità di infiltrazioni criminali. Si guarda alle bandiere della “Trinacria indipendentista” che sventolano su alcuni Tir fermi da tre giorni nella zona del Petrolchimico, a Gela, a Priolo. Ci sono neofascisti, centri sociali, partiti sudisti, è l’alleanza dell’antipolitica. E si guarda non solo al nome terroristico, ma anche alle imprese annunciate dal Movimento dei forconi guidato da un ex assessore socialista di Marsala, Martino Morsello.
Camionisti, contadini, pescatori assediati dai giapponesi, ambulanti di frutta e verdura, barcarellari di mercatini assediati dai cinesi, e tutti si dichiarano titolari dell’arrembaggio al potere 2012. Gente che gira con i cartelli “morte ai politici” e sogna la rivoluzione francese, gente che da tre giorni nella capitale siciliana blocca tutte le vie d’uscita a mezzi pesanti e automobili. Sulla protesta degli autotrasportatori c’è la denuncia di Confindustria che firma – mentre si dissociano alcune sue associazioni di categoria – una lettera al premier Monti e avverte che «le ragioni delle imprese rischiano di essere strumentalizzate dalla peggiore politica». Sostengono i Forconi che «il 70% del costo dei carburanti è tassa che alimenta gli stipendi di politici corrotti e mafiosi». C’è il pericolo concreto – avvertono gli industriali – “di sfociare in un ribellismo inconcludente aperto a tutte le infiltrazioni della criminalità».
Tutto è scattato come per un ordine generale, dopo le dimissioni di un sindaco di Palermo definito il più assente della storia. Diego Cammarata dimissionario dopo dieci anni come per un suicidio amministrativo, per una quasi ammissione di impotente paralisi. Per assenza di iniziative, per assenza di ossigeno in arrivo dalla Regione dove il presidente Raffaele Lombardo (Mpa più mezzo Pd) da tempo ha dichiarato interotti i rapporti non solo istituzionali. Dopo una guerra politica che vede Pdl contro Pdl e Pd contro Pd. Il sindaco se ne va fra i debiti del Comune, la città infestata dai rifiuti, la cultura mortificata.
E oggi a Paleremo terzo giorno di sciopero dei Forconi e porto chiuso per una decisione della Capitaneria dopo la protesta dei pescatori di Porticello. La sollevazione trova la solidarietà degli studenti e dei centri sociali, ed è annunciato per domani lo sciopero generale della scuole con lo slogan “Assediamo i palazzi”.
Una serie di blocchi stradali ferma il traffico sulla Palermo-Agrigento,
a Lercara, a Bolognetta. Sulla Palermo-Sciacca i residenti di San
Giuseppe Jato e San Cipirello sono rimasti chiusi in casa.
Ad Enna è isolata l’autostrada e la statale.
A Siracusa sono state bloccate le autocisterne dentro le raffinerie
della Isab di Priolo e della Esso di Augusta, e sono stati obbligati a
non muoversi i mezzi che trasportano la benzina e il gasolio mentre, in
senso inverso, e cioè per fermare i rifornimenti che dovrebbero arrivare
nell’Isola. I manifestanti presidiano gli ingressi del Petrolchimico.
Solo con la scorta della polizia le autocisterne riescono a rifornire
gli aerei in partenza dall’aeroporto di Fontanarossa.
A Ragusa e a Modica alcuni negozi sono chiusi per solidarietà con la
protesta degli autotrasportatori.
A Catania come nel resto dell’Isola il carburante è quasi a zero, i
generi alimentari scarseggiano negli scaffali dei negozi, e il Codacons
lancia l’allarme speculazione preventivo sui prezzi dei prodotti che
potrebbero salire.
Esaurite le scorte di carburante e supermercati affollati in cerca degli
ultimi prodotti ad Agrigento. E nelle
file chilometriche che si sono formate davanti ai distributori di
benzina, a Porto Empedocle un operaio di nazionalità senegalese è stato
colpito a sprangate nel corso di un litigio sulle file in attesa di
rifornimento. Il dipendente dell’impianto di carburante è tuttora
all’ospedale di Agrigento.
Ma il pressing trasversale di tutti i partiti sul governo nazionale
potrebbe avere qualche risultato. A Roma il ministro dello Sviluppo
economico Corrado Passera ha ribadito l’intenzione di rispettare gli
accordi presi con la maggior parte delle associazioni trasportatori nei
giorni precedenti l’avvio della protesta. Sarebbero in arrivo sgravi e
contributi per gli autotrasportatori su gomma che rappresentano l’80%
del movimento merci in Sicilia.
Delia Parrinello
Dopo quasi un millennio, i Vespri siciliani tornano di moda nelle manifestazioni di piazza. Nel 1282, i Vespri Siciliani nacquero dopo che un soldato francese perquisì senza motivo una nobildonna siciliana. Ne nacque una rivolta che accomunò i nobili e il popolo nella “caccia al francese”. I siciliani rivendicarono l’autonomia e Palermo fu proclamata indipendente. Alla fine gli Angioini mandarono l’esercito e repressero la rivolta.
Ai Vespri siciliani si ispirano il Movimento forza d’urto e il Movimento dei forconi, che uniscono autotrasportatori, agricoltori, pescatori, studenti, disoccupati e casalinghe per varie rivendicazioni. Protestano contro i rincari del carburante, contro la mancata valorizzazione dei prodotti locali, contro le liberalizzazioni, contro le accise e contro le politiche del settore. Il loro simbolo è la Trinacria, la bandiera della Sicilia, una conquista appunto dei Vespri Siciliani.
Tra le sigle in lotta vi sono l’Aias - l’associazione autonoma degli autotrasportatori, guidati dal catanese Giuseppe Richichi (protagonista delle durissime lotte di 12 anni fa) - e il Movimento dei forconi - guidato da Mario Ferro, imprenditore agricolo siracusano.
La protesta accomuna realtà politiche agli antipodi: dai militanti di destra di Forza nuova, che rivendicano la difesa dell’italianità e la lotta contro le banche, agli antifascisti dei centri sociali palermitani. In particolare, al fianco dei contadini e dei camionisti, scende in piazza il Centro sociale autogestito anomalia di Via Archirafi a Palermo, costituito dagli studenti universitari che si ispirano alla Resistenza e al movimento dei Fasci siciliani dei lavoratori.
I Fasci siciliani, dunque, sono un altro riferimento storico dei manifestanti. Alla fine dell’Ottocento, contadini, operai, marinai e minatori lottavano per ottenere giustizia sociale, riforma agraria ed equità fiscale. Tra i protagonisti dei Fasci, vi fu Bernardino Verro, martire socialista ucciso dalla mafia agraria nel Novecento.
Pertanto, l’antimafia sociale di Verro e dei Fasci Siciliani anima una parte del corteo.
Oltre le differenze, tutti i manifestanti gridano in coro: «Non siamo mafiosi, non siamo
delinquenti, siamo siciliani onesti in lotta per un futuro migliore,
contro la crisi economica e contro le disuguaglianze».
Le organizzazioni imprenditoriali la pensano diversamente e denunciano
infiltrazioni criminali in mezzo a tante persone perbene in lotta per i
diritti. «Le ragioni delle imprese rischiano di essere strumentalizzate
dalla peggiore politica e di sfociare in un ribellismo inconcludente,
aperto anche alle infiltrazioni della criminalità, organizzata o
spicciola», sostengono Confindustria, Confagricoltura, Confederazione
italiana agricoltori, Cna, Casartigiani, Confesercenti, Legacoop,
Confcooperative e Unicoop.
Un contadino con la faccia solcata dalle rughe di una vita di fatica e
rovinata dalle ore di sole nei campi, replica: «Le sembro forse un
delinquente? Lavoro da 50 anni nelle campagne, senza sosta. Ma ora vedo i
nostri prodotti locali minacciati dalla globalizzazione». Un altro
agricoltore furibondo rincara la dose: «Per quale motivo dobbiamo
importare i carciofi dall’Egitto e le arance dalla Spagna, quando la
Sicilia è piena di agrumi e carciofi?».
Il signor Giovanni è un autotrasportatore di lunga data, gira in lungo e
in largo l’Europa ed ha le braccia muscolosissime («Altro che servo-sterzo»): «Ormai il gasolio costa tantissimo, non vale più la pena di
lavorare tanto per non arrivare alla fine del mese con il guadagno».
La defiscalizzazione del carburante e la valorizzazione dei prodotti
locali sono le principali richieste di autotrasportatori e agricoltori.
Ma alla lotta partecipano anche i pescatori. In particolare, l’Agci
Agrital chiede «un pacchetto di misure d’emergenza, a partire dal
pagamento dei contributi sul gasolio e dalle deroghe per il novellame».
Pietro Scaglione
La drammatica protesta che in questi giorni sta investendo Palermo e l'intera Sicilia riporta alla mente un momento storico, la cosiddetta "primavera breve" che, negli anni Ottanta, tentò di immaginare e costruire una "Città per l'uomo", per riprendere il nome del movimento che allora nacque. Non che si debbano paragonare le due esperienze: da una parte, oggi, uno "sfogo" dettato da ragioni economiche; dall'altra, ieri, una rivolta morale e ideale. E tuttavia nello scomposto attacco alla politica e alla corruzione gridato da camionisti, contadini, pescatori e studenti si rintraccia quello stesso malessere profondo che, trent'anni fa, diede vita a una protesta tanto significativa quanto breve. A unire le due rivolte, per molti aspetti inconciliabili, è l'analisi impietosa dei mali di una terra che non sa vivere nella legalità e nella serenità e l'accusa esplicita alla politica e alla classe dirigente, incapaci di riconoscere e risolvere i problemi; anzi, identificate come la causa stessa della situazione.
Delle motivazioni delle manifestazioni di questi giorni potete leggere nelle due pagine precedenti del dossier. Qui vogliamo ricordare il movimento degli anni Ottanta, recentemente ricostruito con rigore e passione nel libro La primavera breve di Fabrizio Lentini (Paoline), con la prefazione di Bartolomeo Sorge e i contributi di diversi protagonisti di allora e di oggi, da Raffaele Bonanni a Sergio Mattarella, da Leoluca Orlando a Luciano Violante...
All'inizio degli anni Ottanta Palermo viveva una delle pagine più cupe della sua storia, assediata dalla mafia e umiliata da una classe dirigente collusa o imbelle. La chiamata alla rivolta morale fu data dall'affissione di una manifesto sul luogo dell'assassinio di Dalla Chiesa: «Qui è morta la speranza dei palermitani onesti». I settori più avvertiti della società - come ricorda il bel saggio di Fabrizio Lentini - inaugurarono una stagione di resistenza civile e di impegno politico, che prese appunto il nome di "Primavera di Palermo", assurgendo a simbolo di un riscatto possibile. Esemplare fu allora la parabola della Città per l'uomo, il movimento cattolico, ispirato al Concilio e alla predicazione del cardinale Pappalardo, che raccolse e portò nelle assemblee elettive e nel governo di Palermo la spinta alla partecipazione riformatrice delle intelligenze e delle associazioni fino ad allora escluse. Scavalcando anche il "monopolio" della Democrazia cristiana.
Quella primavera fu davvero breve, gelata, negli anni Novanta, dal regresso generale del Paese. Eppure - come ricorda padre Bartolomeo Sorge nella sua prefazione - «gli sforzi e i sacrifici, compiuti nell'arco di dieci anni, per fare di Palermo una Città per l'uomo non possono essere svaniti nel nulla».
Paolo Perazzolo