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martedì 18 marzo 2025
 
IL PUNTO
 

Sicurezza stradale, serve più cultura. L'appello di Mattarella non cada nel vuoto

03/01/2023  Rapporto incidentalità, finito l'effetto lockdown si torna verso i livelli del 2019. La distrazione prima causa di incidenti, ma la repressione da sola non basta

Per la prima volta nella storia della Repubblica il Presidente nel discorso di fine anno si è rivolto ai giovani con un appello alla prudenza in strada: «siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade. Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro». Parole che giungono dopo gravi incidenti nei quali hanno perso la vita ragazzi molto giovani.

Se da un lato il fatto che la strada sia la prima causa di morte nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni ci dice che sono migliorate le condizioni di vita e di salute della popolazione (è meno probabile che in passato perdere la vita in giovane età per malattia, perché la scienza e gli stili di vita hanno fatto passi avanti) e che abbiamo vissuto un lungo periodo di pace, dall’altro ci dice, purtroppo, che l’obiettivo zero morti sulle strade è ancora lontano. Il rapporto incidentalità 2022 reso noto il 2 dicembre dal ministero delle Infrastrutture indica chiaramente che la flessione degli incidenti, causata dalla minore circolazione delle persone nel 2020-21 periodo più critico della pandemia, sta venendo meno: nel primo semestre del 2022 la curva degli incidenti ha continuato a risalire verso i livelli pre-covid, anche se non li ha ancora raggiunti.

Quale possa essere la strada da seguire l’aveva indicato proprio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso 21 novembre, in occasione della giornata mondiale del ricordo delle vittime della strada: «è indispensabile», ha detto allora Mattarella, «una attenta e condivisa azione sinergica tra istituzioni, società civile e industria. Vanno perseguiti gli obiettivi previsti dal Quadro strategico dell’Unione europea. Rendere meno pericolose le nostre strade richiede anche l’adozione di standard di sicurezza più esigenti per mezzi e infrastrutture e implica incentivare nuovi modelli di mobilità e la promozione di trasporti pubblici più diffusi ed efficienti nelle relazioni tra i territori. È evidente inoltre come sia di primaria importanza sviluppare al massimo la diffusione di una cultura della responsabilità di ogni conducente volta ad accrescere la consapevolezza dei rischi a cui ciascuno di noi è esposto e a cui espone la vita degli altri quando è alla guida di un veicolo».

Il bilancio sulla legge che dal 2016 punisce più severamente omicidi e lesioni stradali dimostra infatti che di sola repressione non si previene il fenomeno. Le quattro principali cause di incidente sono infatti nell’ordine: guida distratta o indecisa; mancato rispetto di precedenze, velocità elevata e mancato rispetto delle distanze di sicurezza. Esiste, soprattutto tra i giovani ma non solo, anche l’abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti ma è solo una parte del problema. Alla guida in qualunque fascia d’età si commettono imprudenze e soprattutto errori. Una sanzione li persegue dopo che sono già avvenuti, la cultura della sicurezza dovrebbe contribuire a prevenirli.

Fino al 7 gennaio è in corso una campagna intitolata “Non farlo”, con una pubblicità progresso – via radio, social e Tv - che invita i giovani a non mettersi al volante non lucidi. Come nella tradizione degli spot italiani di quel tipo, il messaggio è “soft”, non particolarmente esplicito. In altri Paesi, soprattutto in Nord Europa, campagne analoghe passano per spot molto più “forti”, sposando la filosofia per cui meglio uno spot traumatico prima che un incidente traumatico dopo. Sono in molti gli esperti che sostengono che una comunicazione più diretta sarebbe più efficace.

Il trend degli incidenti ci dice che la curva è scesa progressivamente fino al 2012 e poi – salvo Covid – si è appiattita, segno che il calo da una decina d’anni non c’è più. Di certo hanno contribuito alla discesa la sicurezza maggiore dei veicoli, la tecnologia della sicurezza, un miglioramento delle infrastrutture – benvenute le strisce pedonali segnalate e protette da spartitraffico che si vedono spuntare in molte città - e l’introduzione della patente a punti.

Ma è vero che le novità recenti potrebbero non essere utilizzate al massimo delle loro potenzialità da chi ha preso patenti in tempi molto lontani e magari non si mette spesso al volante: non sarebbe male se al di là di una pubblicità progresso il servizio pubblico si prestasse a un po’ di aggiornamento di servizio disseminato tra informazione e intrattenimento, magari sulla scorta di un maestro Manzi della scuola guida.

In fatto di cultura della sicurezza, oltre al resto, due aspetti meriterebbero un approfondimento e forse un più attento e capillare controllo: quanta della distrazione, prima causa di incidenti, deriva da un uso disinvolto dei cellulari alla guida? E quanti degli incidenti con gravi conseguenze a danno di bambini piccoli sono dovute al mancato utilizzo o a un utilizzo poco accurato dei seggiolini?

Positiva di sicuro l’attenzione che da più parti si pone agli utenti deboli della strada: pedoni e ciclisti, a patto di non dimenticare che la cultura della sicurezza riguarda anche loro in prima persona. Un catarifrangente nella notte in bicicletta e uno sguardo alzato dal cellulare prima di attraversare sono buone norme che possono salvare vite.

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