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lunedì 14 ottobre 2024
 
Lieto fine del sequestro
 

Silvia è libera, è finito un incubo durato troppo

09/05/2020  Si trova ancora in territorio somalo, ma fra poche ore comincerà il viaggio di reintro in Italia, dov'è attesa per domani, domenica 10 maggio. Ecco le tappe di 508 giorni di sequestro

Cinquecento e otto giorni di sequestro. Più di un anno e mezzo. Silvia Romano, 24 anni, oggi è di nuovo libera. «Sono stata forte. Ho resistito». Per ora abbiamo solo queste sue parole. Ma si sa che sta bene ed è a Mogadiscio, in un compound delle Nazioni Unite, dov’è stata portata subito dopo la liberazione, condotta da una task force formata da agenti della nostra intelligence, insieme a uomini dei servizi somali e turchi. La situazione, a quanto finora è trapelato, si è sbloccata una ventina di giorni fa, quando per la prima volta da oltre un anno, era arrivata una “prova in vita” di Silvia.

Prova che ha consentito agli investigatori di dare credibilità agli interlocutori e di avviare una trattativa. L'operazione della liberazione di Silvia è stata condotta dall'Aise (il nostro servizio segreto per l’estero), diretta dal generale Luciano Carta, ed era scattata nella notte fra l’8 e il 9 maggio. Il Governo ha annunciato che Silvia Romano arriverà in Italia domani pomeriggio alle 14,00, all’aeroporto di Ciampino.

 

Si conclude felicemente una vicenda che ha avuto, in tutto questo tempo, un susseguirsi di polemiche, di silenzi, di (troppe) notizie fasulle. Una vicenda – ricordiamolo – iniziata il 20 novembre 2018 in un piccolo villaggio del Kenya, Chakama, a un’ottan­tina di chilometri dalla città di Malindi: tre persone prelevarono con la forza Silvia Romano dalla sua abitazione, picchiarono un paio di persone che tentarono di impedire il sequestro e si diedero alla fuga a bordo di motociclette.

Silvia era a Chakama per fare la volontaria in un piccolo orfanotrofio gestito da una altrettanto piccola Ong. C’era andata l’estate precedente in visita e aveva deciso di dedicare un periodo della sua vita a fare la cooperante. Una scelta di vita importante e coraggiosa, probabilmente frutto anche del contesto in cui era cresciuta: la zona del Parco Trotter, a Milano, uno dei quartieri più multietnici del capoluogo lombardo. E gli studi fatti, poi, avevano confermato questa sua scelta di vita: si era laureata in mediazione linguistica, con una tesi sul tema della tratta di esseri umani.

 

Dopo il sequestro di Silvia si erano perse le tracce. L’ultima prova in vita risaliva a dicembre 2018. Le autorità kenyane avevano poi arrestato tre dei presunti responsabili del rapimento, e nei loro confronti è in corso il processo.

I pochi punti fermi sulla vicenda, poi, erano stati resi noti dalla Procura di Roma (anche per distinguere i fatti accertati dalle tante illazioni giornalistiche che erano state diffuse nel corso dei mesi): intorno alla metà di gennaio scorso la banda di malviventi aveva “passato” o venduto Silvia Romano a un gruppo di Shabab somali (l’organizzazione terroristica di estremisti islamici che si richiama all’Isis) e la giovane sarebbe stata quindi condotta oltreconfine, in Somalia.

 

Tutti fatti che sarebbero ora confermati dal fatto che la liberazione in effetti è avvenuta nel Paese del Corno d’Africa. La Procura di Roma aveva sempre continuato ad affermare che Silvia era viva e che si proseguiva nelle indagini. Dalla primavera del 2019 aveva cominciato a operare in territorio kenyano e poi somalo anche una nostra squadra formata da carabinieri dei Ros e da agenti dei servizi segreti dell’Aise, coloro che – come abbiamo visto – oggi hanno liberato la volontaria.

Nei prossimi giorni tante cose verranno chiarite. Per ora conta che l’incubo sia finito.

Bentornata, Silvia!

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Il ritorno di Silvia Romano, le immagini
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