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martedì 22 aprile 2025
 
Accoglienza
 
Credere

Dal sogno di Silvia una casa che accoglie

18/10/2018  Silvia Maffi. : scomparsa a 20 anni per un malore, voleva fare qualcosa per i profughi sbarcati in Sicilia. La sua parrocchia di Cuneo con i genitori ha aperto una casa che ospita sei persone

Con i miei occhi ho visto semplice e pura umanità. Umanità di ragazzi, donne e bambini sbarcati con quei sorrisi smaglianti incollati sui loro visi, e quegli occhi pieni di voglia di vivere, e umanità degli operatori dei centri di accoglienza. Un’umanità che forse alcuni “esseri umani” hanno perso».

A scriverlo è stata Silvia Maffi, nell’estate del 2017 al ritorno da un viaggio in Sicilia per vedere che cosa succede quando arrivano i migranti. I suoi genitori le avevano regalato dei soldi per i suoi 20 anni perché passasse un week end con un’amica in qualche posto ameno e invece lei aveva scelto di andare in Sicilia a vedere con i suoi occhi gli sbarchi. «Questa esperienza l’ha segnata profondamente», racconta Grazia, la mamma di Silvia. «Per questo siamo andate insieme a sentire l’esperienza del medico di Pozzallo, Vincenzo Morello, venuto a Cuneo il 26 febbraio scorso per un incontro nella parrocchia del Cuore Immacolato di Maria. Silvia aveva le stampelle perché era stata operata a un ginocchio. La testimonianza del medico è stata molto forte e ho capito perché Silvia ne era stata colpita, anche se non aveva detto tanto quando era tornata, perché non era una che raccontasse tanto». Quella stessa notte un arresto cardiaco ha portato via Silvia, con i suoi capelli lunghi, ricci e vivaci come lei e la sua mente, il sorriso grande e tenero com’era il suo cuore, gli occhi verde-nocciola, meravigliosi, pieni di quella vita che lei amava.

«È dura perché so che non potrò riabbracciarla se non chissà tra quanto tempo e devo aspettare», confessa la mamma di Silvia. «Ed è giusto così perché lei amava la vita tantissimo e amava essere impegnata in tante cose. Io non posso mollare tutto questo perché lei non me lo permette, ma so che staremo di nuovo insieme perché sono credente».

A partire dalla fede appresa in casa, Silvia era cresciuta frequentando la “Frass”, un oratorio dedicato a Pier Giorgio Frassati: prima catechismo, poi nel gruppo adolescenti e quindi animatrice. «Passava più tempo in parrocchia che a casa, anche se non era così perfetta nell’andare a Messa tutte le domeniche, ma era legatissima alla parrocchia e al capodanno trascorso alla comunità di Taizé», racconta ancora la mamma. Suonava il flauto traverso e frequentava il secondo anno di Scienze naturali. Un amore sfrenato per la famiglia, compresi nonni e cugini, e un amore sfrenato per la natura e gli animali. Ancora adesso sul suo profilo Instagram, la natura e i suoi sorrisi raccontano di lei.

UN PROGETTO CHE PARLA DI LEI

Di lei però adesso parla anche Casa Silvia, in corso Nizza 74, a Cuneo: un alloggio che da metà luglio ospita sette ragazzi immigrati di “terza accoglienza”, quelli che non ricevono più nessun genere di sovvenzione. Quell’alloggio porta il nome e ospita il sogno di Silvia. A spiegare com’è nato è don Carlo Occelli, parroco del Cuore Immacolato, che da alcuni anni accoglie nella sua canonica uomini in difficoltà, italiani e non, e che ha già messo in piedi tre alloggi. Don Carlo era stato in Sicilia con Silvia e un gruppo di altri giovani: «Il giorno dopo quello che è successo, sono andato al rosario e la mamma, mentre l’abbracciavo, mi ha detto: “Dobbiamo fare qualcosa”. Ho subito pensato a un progetto che desse concretezza al desiderio di Silvia di aiutare giovani in difficoltà e allo stesso tempo facesse vedere ai genitori che, anche se può sembrare azzardato dirlo, da una morte può rinascere la vita».

I genitori pensavano a una raccolta fondi da destinare a Pozzallo, ma don Carlo ha proposto di aprire un alloggio a Cuneo e l’idea li ha conquistati. Parla Grazia: «Avere un progetto tangibile a Cuneo ci è piaciuto: è sicuramente quello che Silvia voleva e che è felice di vedere». Con il marito Riccardo, Grazia si è lanciata nell’esperienza: hanno trovato l’alloggio, firmato il contratto, sistemato e arredato la casa. «Entrare in Casa Silvia è bello, mi suscita tenerezza, sollievo, benessere. E vedere i ragazzi tutti insieme in quella casa è bellissimo», spiega. Adesso, insieme ad altre due coppie di volontari della parrocchia, Grazia e Riccardo si occupano di seguire l’iniziativa: tutti i giorni si passa nell’alloggio per vedere che tutto sia a posto. Settimanalmente si fornisce la spesa ai ragazzi, in base alle necessità. Ognuno di loro si compra, invece, prodotti freschi. Nella casa c’è un coordinatore, Sene, senegalese da tanti anni in Italia. Ogni abitante della casa ha sottoscritto un contratto-regolamento, ognuno versa una quota per contribuire all’affitto e alle spese in comune. «Aiutare loro aiuta noi», dice Grazia.

Casa Silvia insieme alle case Gerico, Betania, Tabità, fa ora parte di una realtà attorno alla parrocchia del Cuore Immacolato, che accoglie uomini soli, che hanno perso lavoro e dignità e che cercano la strada per ripartire. C’è chi ridisegna completamente la propria vita, chi è in cerca di un’occupazione, chi restituisce il valore di ciò che riceve con il lavoro nell’orto parrocchiale, messo a disposizione dalle suore Giuseppine. La verdura prodotta va al centro viveri della parrocchia, che la distribuisce insieme a latte, biscotti, olio, alle famiglie bisognose, agli ospiti degli alloggi e alla mensa parrocchiale, dove ogni giorno siedono una dozzina di persone. In parte è offerta ai parrocchiani che, acquistandola, sostengono il progetto. È un ingranaggio che funziona senza clamore e senza erogazioni, ma solo con le mani e i cuori di tanti volontari.

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