Circolarità, continuità, ripetizione. C'è qualcosa di universale nel modo in cui gli uomini parlano con Dio. Ci sono gesti e riti senza tempo che ritornano, atteggiamenti di preghiera capaci di superare le barriere interreligiose e accomunare popoli apparentemente lontanissimi. È proprio a questo patrimonio condiviso che guarda la mostra “Pregare. Un'esperienza umana. L'incontro con il divino nelle culture del mondo”, allestita fino al 28 giugno alla Reggia di Venaria, splendida residenza sabauda alle porte di Torino, in concomitanza con l'Ostensione della sindone.
Curata dall’antropologo Franco La Cecla e dalla storica e giornalista Lucetta Scaraffia, l'esposizione racconta la preghiera nei suoi aspetti culturali: attraverso testimonianze artistiche e oggetti della pietà popolare propone un ideale viaggio da Est verso Ovest, alla scoperta delle grandi religioni (induismo, buddismo, ebraismo, islam e cristianesimo nelle sue tante sfaccettature). L'intento non è quello di negare le ovvie differenze, né tanto meno di confondere tutto in un improbabile sincretismo, ma semplicemente di mostrare quanto ricco e intenso sia il patrimonio spirituale dell'umanità, a ogni latitudine.
La preghiera di un monaco buddista
Alcuni oggetti si ritrovano in più sale. Uno tra tutti, vero filo conduttore della mostra, è il rosario. La pratica di pregare con formule circolari, contando perle o grani, ha origine nell'India di 3.000 anni fa. Attraverso i monaci buddisti si diffonde in Cina, in Giappone e nel Sud-Est asiatico, per poi estendersi anche al mondo musulmano. Grazie ai monaci ortodossi, nell'XI secolo il rosario cristiano approda in Occidente, dove si radica in profondità (spesso l'iconografia raffigura la Madonna nell'atto di donare la coroncina a san Domenico o a santa Caterina) e dove tuttora è uno degli strumenti di preghiera più usati. Il visitatore può ripercorrere questo affascinante viaggio, scoprendo ad esempio che il rosario buddista ha 108 grani e rappresenta un cammino di purificazione dalle afflizioni, mentre quello islamico è basato su multipli di 11.
Quanto al rosario cristiano, i modelli in mostra sono tantissimi: vi sono esemplari rari, in pietre preziose, accanto a oggetti commoventi nella loro semplicità (come il rosario in fagioli rossi costruito da un sacerdote missionario durante la sua prigionia in Kenia, o quello fatto di pallottole risalente al tempo di guerra, o ancora la semplice cordicella annodata, testimonianza di fede di un detenuto nel carcere dell'Ucciardone a Palermo).
Bernardino Luini, Mosè in preghiera
Costante è l'accostamento di grandi opere artistiche (tra cui un Mosè in preghiera, opera del pittore rinascimentale Bernardino Luini) con manufatti semplici (ex voto e altre espressioni tipiche della pietà domestica).
L'area dedicata al cattolicesimo (che si articola in tre sezioni: preghiera comunitaria, preghiera individuale, effetti della preghiera) propone anche oggetti entrati nella devozione popolare, come l'inginocchiatorio su cui era solito pregare san Carlo Borromeo. Infine alcune testimonianze fanno riflettere per il loro potente richiamo all'attualità: ad esempio le decorazioni per la chiesa locale realizzate da un'artista di 93 anni, al confine tra Sira e Turchia, in una zona martoriata da anni di conflitto.
In tempi segnati da fanatismo e stravolgimento del sentimento religioso, l'auspicio della mostra è quello di gettare qualche seme di speranza. Ecco perché un minbar (una sorta di pulpito usato nelle moschee e orientato verso La Mecca) può stare accanto a un filmato che documenta l'eucarestia domenicale nella cattedrale di Rabat, in Marocco. L'evento è realizzato sotto il patronato di monsignor Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, e con il patrocinio di Mahammed VI, re del Marocco. Per maggiori informazioni www.lavenaria.it
Le altre mostre e iniziative
Nel periodo dell'Ostensione Torino propone ai visitatori della Sindone anche altre esperienze culturali. Fino al 30 giugno il Museo Diocesano accoglie un capolavoro del rinascimenti italiano: il “Compianto sul Cristo morto” del Beato Angelico. Il dipinto risale al 1436 e raffigura Gesù tra le braccia di Maria subito dopo la deposizione dalla croce: ha quindi un forte legame simbolico con l'immagine del Sacro Lino. Il Museo Diocesano si trova nella cripta del Duomo, cosa che ha permesso di collocare l'opera del Beato Angelico in una posizione suggestiva: esattamente al di sotto della teca contenenente la Sindone, esposta in Cattedrale. L'allestimento è curato da monsignor Timothy Verdon, storico dell'arte, direttore del Museo del Duomo di Firenze. Per informazioni: www.museodiocesanotorino.it
Per gli amanti dell'arte contemporanea, fino al 19 giugno il Centro congressi Santo Volto ospita “Holy Mistery”, una riflessione sul sacro nella società attuale attraverso più di 40 opere di artisti affermati ed emergenti. L'ingresso è gratuito. Il periodo dell'ostensione è inoltre caratterizzato da un ricco programma musicale, con quattro eventi incentrati sul repertorio sacro, sia antico che contemporaneo. Il concerto d'apertura, domenica 19 aprile, è affidato al grande violinista Uto Ughi. Per informazioni: www.congressisantovolto.com