Il 21 marzo si celebra la Giornata della sindrome di Down. In Italia sono circa 40 mila le persone affette da questa anomalia cromosomica, ma sempre più genitori, dopo la diagnosi precoce dell’amniocentesi, decidono di interrompere la gravidanza. Eppure grazie ai progressi della medicina e ai programmi educativi per questi bambini speciali, le persone Down raggiungono importanti traguardi, fanno sport, studiano, trovano un lavoro.
Per condividere la sua esperienza di papà e dare una corretta informazione ai futuri genitori Ezio Meroni ha deciso di scrivere, insieme al figlio Alberto, il libro Scoprirsi Down, la storia di Alberto raccontata da lui stesso (Edizioni San Paolo), in cui ricostruisce soprattutto i primi anni di vita del figlio. Ezio e la moglie Ornella non avevano voluto fare l’amniocentesi e la scoperta della disabilità è arrivata poche ore dopo la nascita.
«Ricevere una notizia come questa è come vivere una scossa di terremoto, occorre resettare tutto, e non è raro che le famiglie si sfascino. Chi ha più difficoltà sono i padri, che non hanno vissuto l’esperienza viscerale della gestazione. E anche per me è stato così. Ci ha aiutato molto la nostre fede, e la collaborazione di persone straordinarie che ci hanno indicato come stimolare al meglio nostro figlio. La nostra idea è sempre stata quella di crescerlo come un bambino normale, esigendo da lui degli sforzi, senza pretendere sconti da nessuno».
Il libro parte dal momento della gestazione, con il piccolino che nella pancia sa già di avere un cromosoma in più e si chiede come mamma e papà la prenderanno. Alberto si racconta in modo dettagliato e brioso nei primi tre anni di vita, le conquiste, magari un pochino più lente, ma anche straordinarie. Ha una grande confidenza con l’acqua, impara subito a sciare, fa amicizia nello spazio gioco, con la sua empatia consola i bimbi più tristi.
«Certo non tutto è stato semplice. le prime vere difficoltà Alberto le ha avute alle medie, quando è stato emarginato dalla maggior parte della classe. o alle superiori, istituto alberghiero, dove certi professori ed educatori non hanno saputo apprezzare la sua forza di volontà e anche le sue capacità. Non è mai riuscito a imparare le tabelline, ma con la calcolatrice non aveva problemi a risolvere le equazioni. Oppure quando nella squadra di pallavolo dell’oratorio non lo hanno mai convocato per una partita. La gente purtroppo ha ancora molti pregiudizi».
Una vita integrata, un lavoro, interessi. C’è qualcosa che augura ancora ad Alberto? «Alla sera, quando prego, chiedo a Dio che abbia anche lui un amore condiviso. Gli avevamo proposto di comprargli una casa per andare a vivere da solo, ma lui ha detto che senza una compagna preferisce rimanere con noi».
Raggiungiamo Alberto nel ristorante vegetariano Hortus di Cusano Milanino dove lavora a tempo indeterminato come cameriere, addetto ai vini e aiuto cuoco. «Mi piace molto il mio lavoro, essere stimato e amare quello che faccio. La mia vera passione è la cucina, e preparo anche qui il mio cavallo di battaglia, le patate sabbiose, che piacciono molto». Ma come ogni vero chef non vuole svelare la ricetta. L’altra sua grande passione è la pallavolo, gioca in una formazione in cui si integrano ragazzi disabili e normodotati ed è assistente coach in una squadra under 13. «I ragazzi a volte sono un po’ testardi ma il più delle volte mi ascoltano». Ed è anche un ultra scatenato della squadra di Serie A di Monza, la Vero volley. Una vita piena, anche di amici. «Mi chiamano il sindaco perché conosco un po’ tutti!». E poi c’è il suo grande sogno: «Vorrei tanto aprire un ristorante o un bed & breakfast a Desenzano del Garda dove la nonna ha un bar». Nessun dubbio che Alberto, con la sua tenacia, prima o poi lo realizzerà.