C'è ottimismo, ma senza nascondere i problemi che in questi anni hanno pesato sull'annuncio del Vangelo. «Sentiamo sinceramente di dover convertire innanzitutto noi stessi alla potenza di Cristo. Con umiltà dobbiamo riconoscere che le povertà e le debolezze dei discepoli di Gesù, specialmente dei suoi ministri, pesano sulla credibilità della missione», si legge nel Messaggio al popolo di Dio approvato a conclusione della XIII assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi apertosi in Vaticano lo scorso 7 ottobre. Il cardinale Giuseppe Betori, presidente della commissione per il Messaggio, presentando il documento in sala stampa vaticana, ha voluto sottolineare la «partecipazione ecclesiale» ai lavori, «la metodologia che fa la comunione», «una procedura non democratica, ma comunionale che lla fine non dà maggioranze e minoranze, ma che arriva a una sintesi comunionale nella quale tutti possono riconoscersi».
L'altro aspetto che ha voluto sottolineare il cardinale di Firenze è il «tono incoraggiante. Negli interventi dei padri all'interno dell'assemblea c'è stata una esaltazione delle esperienze e una considerazione, anche dei problemi che ci possono essere, come una sfida che incoraggia la missione». Anche i padri che hanno testimoniato le loro «situazioni di persecuzione non hanno mai accompagnato il racconto con parole desolanti», ha aggiunto il cardinale Betori.
Non solo, anche nei confronti della realtà giovanile si è «preoccupati, ma non pessimisti. Non possiamo aver paura, altrimenti negheremmo la presenza di Cristo nella storia. Questa è la linea che attraversa tutto il messaggio».
C'è una sottolineatura particolare, nel Messaggio. Riguarda la famiglia «luogo naturale dell'evangelizzazione». «Il nostro pensiero», scrivono i vescovi, «è andato anche alle situazioni familiari e di convivenza in cui non si rispecchia quell'immagine di unità e di amore per tutta la vita che il Signore ci ha consegnato». Alle coppie di fatto, ai divorziati risposati si vuole ricordare che «il Signore non abbandona nessuno, che anche la Chiesa li ama ed è casa accogliente per tutti, che essi rimangono membra della Chiesa anche se non possono ricevere l'assoluzione sacramentale e l'Eucaristia».
Nel Messaggio, poi, oltre all'attenzione ai giovani, ai poveri, al dialogo interreligioso ed ecumenico viene riservata una parola particolare per ogni singolo Continente. Innanzitutto «una considerazione tutta particolare è stata riservata ai cristiani delle Chiese orientali cattoliche, eredi della prima diffusione del Vangelo». In questo contesto si è sottolineato anche l'emigrazione e il contributo che questi cristiani possono dare all'evangelizzazion nei Paesi che li hanno accolti.
Per l'Africa l'attenzione è andata particolarmente sulle violenze e sui conflitti che ancora tormentano il Continente, mentre all'America del Nord si chiede di aprire le porte agli immigrati, ai rifugiati e alla fede in collaborazione e solidarietà con l'America latina. America latina che, con i Caraibi, resta radicata nella pietà popolare. Incoraggiamento anche all'Asia dove i cristiani sono piccola minoranza e dove la Chiesa è «un seme fecondo». E infine sull'Europa, il Messaggio invita a non farsi abbattere dalle difficoltà. Esse invece devono essere viste come "una sfida da superare e un'occasione per un annuncio più gioioso e più vivo di Cristo e del suo Vangelo di vita".
Nella ventesima congregazione generale di oggi, venerdì 26 ottobre 2012, i padri sinodali hanno approvato il Messaggio finale al popolo di Dio, a conclusione della XIII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi.
Il
documento è stato letto in aula in cinque lingue diverse: italiano, francese, spagnolo,
inglese e tedesco. Il testo ribadisce che la nuova evangelizzazione è
urgenza del mondo ed invita i cristiani ad annunciare il Vangelo con
sereno coraggio, vincendo la paura con la fede.
Pubblichiamo qui di seguito il testo integrale nella sua versione italiana.
Documenti disponibili per il download:
È all’insegna della speranza e della bellezza il messaggio che il Sinodo sulla nuova evangelizzazione consegna alla Chiesa e a tutto il popolo di Dio. Monsignor Bruno Forte, padre sinodale, appena eletto, in rappresentanza dell’Europa, nel nuovo consiglio permanente che avrà anche il compito di preparare la prossima assemblea dei vescovi, sottolinea soprattutto lo spirito conciliare che ha soffiato forte nelle settimane dei lavori che si sono aperti il 7 ottobre.
«Da un lato i discorsi del Santo Padre ci hanno fortemente richiamato al Vaticano II come a un punto di riferimento e a una sorgente di ispirazione», insiste l’arcivescovo di Chieti-Vasto, «dall’altro l’atteggiamento di fondo di amicizia e simpatia verso la famiglia umana che ispirò il Concilio mi è sembrato l’atteggiamento dominante da parte dei padri e delle scelte e delle indicazioni che il Sinodo ha dato. È stata un’esperienza di grazia e di grande condivisione circa l’urgenza della nuova evangelizzazione e anche, nello spirito del Concilio, di apertura verso il mondo e la complessità delle sue attese».
- È stato un Sinodo non teorico, dunque?
«Certamente e, proprio per questo un Sinodo radicalmente vivo nel quale i pastori hanno potuto esprimere il meglio di sé partendo dalla realtà dei loro vissuti a servizio del popolo di Dio. Si è avvertita la centralità della famiglia a servizio della nuova evangelizzazione, si è data attenzione peculiare ai giovani come alla nostra comune speranza. A loro si deve riservare ascolto, rispetto della maturazione dei loro cammini di vita, ma anche proposta umile, coraggiosa e gioiosa della bellezza di Cristo».
La parola bellezza è risuonata più volte nei vostri lavori?
«Si è data molta importanza alla via della bellezza. Si è voluto
sottolineare come Cristo sia non soltanto la verità e il bene in
persona, ma sia anche il pastore bello. Abbiamo più volte ribadito che
seguire Gesù è bello. Questo è importante da dire specialmente ai
giovani perché quella che Cristo offre è una proposta di vita e di
speranza. Si è sottolineato molto, sia da parte dei padri orientali che
occidentali, che la via della bellezza non è una via di élite. Anche i
poveri hanno diritto alla bellezza e, anzi, sono stati loro, nella
storia, che hanno saputo esprimere straordinarie opere di bellezza per
amore di Dio, come si può ben capoire pensando a tante delle nostre
chiese. Dunque è una via che va al cuore di tutti e può essere proficua
per la crescita della fede e dell’amore di tutti».
- C’è stata anche una apertura ai divorziati risposati e un’attenzione particolare ai loro figli?
«Abbiamo parlato molto delle situazioni cosiddette irregolari. Non
c’è dubbio che l’essere impediti della partecipazione sacramentale
dell’eucarestia per i genitori di famiglie di divorziati risposati
condiziona e condizionerà nel tempo anche i figli. Ecco perché da una
parte si è sollecitato il messaggio per cui i divorziati risposati
devono sentirsi oggetto dell’amore di Dio, dell’amore e dell’attenzione
della Chiesa. E dall’altra anche l’attenzione a trovare vie canoniche
che rendano più sollecito e rapido il riconoscimento della nullità
matrimoniale. Da qualcuno è stato proposto che l’esigenza di una doppia
sentenza conforme per il riconoscimento della nullità del vincolo possa
cadere perché molte volte una sola sentenza ben fatta, se non c’è alcun
ricorso, può bastare e questo abbrevierebbe di molto i tempi d’attesa di
un riconoscimento di nullità che consentirebbe nuove nozze
sacramentali».
E quando queste condizioni di nullità non ci sono?
«Quando non ci sono le condizioni per riconoscere la nullità
matrimoniale, si è detto che comunque ci debba essere uno spazio di
amore della Chiesa per queste persone. Devono essere invitate a sentirsi
unite al popolo di Dio e a valorizzare quella che più volte il Santo
Padre ha chiamato la comunione spirituale con i sacramenti e con la
Chiesa tutta».