«Non ci serve uno sguardo fatto di strategie umane, calcoli politici o battaglie ideologiche, ovvero se il Sinodo darà questo permesso o quell’altro, se aprirà questa porta o quell’altra. Non siamo qui per portare avanti una riunione parlamentare o un piano di riforme. Il Sinodo, cari fratelli e sorelle, non è un Parlamento. Il protagonista è lo Spirito Santo. Siamo siamo qui per camminare insieme con lo sguardo di Gesù, che benedice il Padre e accoglie quanti sono affaticati e oppressi. Partiamo dunque dallo sguardo di Gesù, che è uno sguardo benedicente e accogliente».
Papa Francesco offre una chiave di lettura. E traccia una rotta. Jorge Mario Bergoglio ha aperto il Sinodo sulla sinodalità, davanti a 25 mila persone, chiedendo ai 464 partecipanti di lasciare fuori dall'Aula dei lavori le logiche mondane e qualsiasi calcolo di potere, ma di «essere una Chiesa che guarda con misericordia l'umanità», una Chiesa ospitale, «dalle porte aperte a tutti». No a una Chiesa «rigida, tiepida, stanca»: «Siamo un popolo di peccatori perdonati».
Occhi, cuore e piedi. Il Santo Padre parla di sguardi, di sentimenti e di cammino. «Gesù», ha spiegato papa Francesco, «ha uno sguardo capace di vedere oltre: loda la sapienza del Padre e riesce a scorgere il bene nascosto che cresce, il seme della Parola accolto dai semplici, la luce del Regno di Dio che si fa strada anche nella notte».
«Partiamo dunque dallo sguardo di Gesù, che è uno sguardo benedicente e accogliente», ha proseguito Bergoglio. «Pur avendo sperimentato il rifiuto e aver visto attorno a sé tanta durezza di cuore, Cristo non si lascia imprigionare dalla delusione, non diventa amaro, non spegne la lode; il suo cuore, fondato nel primato del Padre, rimane sereno pure nella tempesta. Questo sguardo benedicente del Signore invita anche noi a essere una Chiesa che, con animo lieto, contempla l’azione di Dio e discerne il presente. E che, fra le onde talvolta agitate del nostro tempo, non si perde d’animo, non cerca scappatoie ideologiche, non si barrica dietro convinzioni acquisite, non cede a soluzioni di comodo, non si lascia dettare l’agenda dal mondo. Questa è la sapienza spirituale della Chiesa, sintetizzata con serenità da san Giovanni XXIII: "È necessario prima di tutto che la Chiesa non distolga mai gli occhi dal sacro patrimonio della verità ricevuto dagli antichi; ed insieme ha bisogno di guardare anche al presente, che ha comportato nuove situazioni e nuovi modi di vivere, ed ha aperto nuove vie all’apostolato" (Discorso per la solenne apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, 11 ottobre 1962)». Uno sguardo, ha insistito il Papa, che «ci invita a essere una Chiesa che non affronta le sfide e i problemi di oggi con uno spirito divisivo e conflittuale ma che, al contrario, volge gli occhi a Dio che è comunione e, con stupore e umiltà, lo benedice e lo adora, riconoscendolo suo unico Signore. Apparteniamo a Lui e – ricordiamolo – esistiamo solo per portare Lui al mondo».
Oltre a essere benedicente, lo sguardo di Gesù cui ha rimandato Francesco è «accogliente. Mentre coloro che si credono sapienti non riescono a riconoscere l’opera di Dio, Lui esulta nel Padre perché si rivela ai piccoli, ai semplici, ai poveri in spirito. Questo sguardo accogliente di Gesù invita anche noi ad essere una Chiesa ospitale, non con le porte chiuse. In un tempo complesso come il nostro, emergono sfide culturali e pastorali nuove, che richiedono un atteggiamento interiore cordiale e gentile, per poterci confrontare senza paura. Nel dialogo sinodale, in questa bella “marcia nello Spirito Santo” che compiamo insieme come Popolo di Dio, possiamo crescere nell’unità e nell’amicizia con il Signore per guardare alle sfide di oggi con il suo sguardo; per diventare, usando una bella espressione di San Paolo VI, una Chiesa che "si fa colloquio" (Lettera enticlica Ecclesiam suam, numero 67)».
Un particolare dei lavori sinodali del primo giorno.
Dopo lo sguardo, il cuore. «La Chiesa, ha ricordato Jorge Mario Bergoglio, non deve imporre «pesi e a tutti ripete: “Venite, affaticati e oppressi, venite, voi che avete smarrito la via o vi sentite lontani, venite, voi che avete chiuso le porte alla speranza: la Chiesa è qui per voi!”. La Chiesa delle porte aperte a tutti, tutti, tutti! Fratelli e sorelle, Popolo santo di Dio, dinanzi alle difficoltà e alle sfide che ci attendono, lo sguardo benedicente e accogliente di Gesù ci impedisce di cadere in alcune tentazioni pericolose: di essere una Chiesa rigida – una dogana –, che si arma contro il mondo e guarda all’indietro; di essere una Chiesa tiepida, che si arrende alle mode del mondo; di essere una Chiesa stanca, ripiegata su sé stessa. Nel libro dell’Apocalisse, il Signore dice: “Io sono alla porta e busso perché la porta sia aperta”; ma tante volte, fratelli e sorelle, Lui bussa alla porta, però dall’interno della Chiesa, perché lasciamo il Signore uscire con la Chiesa a proclamare il suo Vangelo».
I piedi, infine. Sinodo è una parola greca. Signifca camminare insiene. «Camminiamo insieme: umili, ardenti e gioiosi», ha concluso papa Francesco. «Camminiamo sulle orme di san Francesco d’Assisi, il Santo della povertà e della pace, il “folle di Dio” che ha portato nel corpo le stigmate di Gesù e, per rivestirsi di Lui, si è spogliato di tutto. Com’è difficile questa spogliazione interiore e anche esteriore di tutti noi e anche delle istituzioni! San Bonaventura racconta che, mentre pregava, il Crocifisso gli disse: «Va’ e ripara la mia chiesa» (Legenda maior, II, 1). Il Sinodo serve a ricordarci questo: la nostra Madre Chiesa ha sempre bisogno di purificazione, di essere “riparata”, perché noi tutti siamo un Popolo di peccatori perdonati – ambedue le cose: peccatori perdonati –, sempre bisognosi di ritornare alla fonte che è Gesù e di rimetterci sulle strade dello Spirito per raggiungere tutti col suo Vangelo. Francesco di Assisi, in un tempo di grandi lotte e divisioni, tra il potere temporale e quello religioso, tra la Chiesa istituzionale e le correnti eretiche, tra i cristiani e altri credenti, non criticò e non si scagliò contro nessuno, imbracciando solo le armi del Vangelo, cioè l’umiltà e l’unità, la preghiera e la carità. Facciamo anche noi così! Umiltà e unità, preghiera e carità. E se il Popolo santo di Dio con i suoi pastori, da ogni parte del mondo, nutre attese, speranze e pure qualche paura sul Sinodo che iniziamo, ricordiamo ancora che esso non è un raduno politico, ma una convocazione nello Spirito; non un parlamento polarizzato, ma un luogo di grazia e di comunione. Lo Spirito Santo, poi, spesso frantuma le nostre aspettative per creare qualcosa di nuovo, che supera le nostre previsioni e le nostre negatività. Forse posso dire che i momenti più fruttuosi nel Sinodo sono quelli di preghiera, anche l’ambiente di preghiera, con il quale il Signore agisce in noi. Apriamoci a Lui e invochiamo Lui: Lui è il protagonista, lo Spirito Santo. Lasciamo che Lui sia il protagonista del Sinodo! E con Lui camminiamo, nella fiducia e con gioia».