Il vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Bambrilla, vice-presidente della Cei commenta in questa intervista a Famiglia Cristiana i lavori del Sinodo sulla famiglia in corso in Vaticano.
Qual è il suo giudizio sui lavori del Sinodo?
Come novizio del Sinodo dei Vescovi, la giudico un'esperienza straordinaria per la varietà e la ricchezza delle prospettive emerse. Soprattutto nei circoli minori si tocca con mano la cattolicità della Chiesa. Nel mio gruppo (Italicus C) vi sono ben nove nazioni dell’America Latina, Nord Africa, Est Europa, oltre all’Italia. Sorprende l’attenzione dei Padri alle situazioni locali e la tensione a dire il Vangelo sulla famiglia dentro queste situazioni. Con sintonie impensabili: ad es. immaginare le comunità cristiane future come “famiglia di famiglie”.
Vi sono state diverse opinioni a volte espresse con energia. Questa è l’impressione dall’esterno. E’ vero o no che è andata in scena uno scontro verità versus misericordia?
Il clima è molto sereno e costruttivo, soprattutto nei circoli, e anche in aula parlerei di qualche voce appassionata più che di scontri. D’altra parte il nome cristiano della verità si chiama misericordia. La misericordia non è a buon prezzo, ma è un amore che cura nientemeno che la vita dell’uomo. Occorre sostenere soprattutto i giovani che vogliono costruire il futuro e la famiglia che resta – come ha detto Papa Francesco – un desiderio forte, spesso frenato da molte difficoltà pratiche a trovar lavoro e casa, culturali ed educative per costruire scelte di vita solide. Dare verità a un umano in cerca di sé è, oggi, una sfida che non sta cuore solo ai credenti, ma è un patrimonio di tutta la società civile.
La dottrina sul matrimonio va aggiornata con un nuovo documento magisteriale?
La richiesta è effettivamente emersa in Sinodo: credo che significhi dare una centratura più teologica e pastorale alla dottrina del matrimonio e fare in modo che il diritto sia a servizio del patto nuziale che deve radicarsi sul sacramento mediante la fede. Educazione degli affetti, accompagnamento della scelta di vita, celebrazione del Sacramento, devono tracciare un arco solido. Non si può più dare per presupposto il costume sociale e comunitario che fino a trent’anni fa implicitamente sosteneva questo cammino. Oggi va costruito: ne è segno il tema della convivenza. Si vuole provare a vivere insieme. Ma subito ci si accorge che non si può mettere alla prova l’altro. Costruire una storia insieme è un percorso più arduo e complesso. Come per ogni altra scelta di vita.
La storia del bambino che ha dato un pezzetto di ostia ai genitori separati ha provocato grande emozione. Perché?
Perché ha messo in luce che la Chiesa è un corpo, in cui anche i suoi membri feriti non sono separati del tutto dal corpo, perché restano radicati in Cristo col battesimo. L’occhio limpido del ragazzo lo intuisce e fa un gesto ardito, che diventa anche una provocazione ai suoi genitori per riflettere su se stessi. È come se volesse riattivare un canale di appartenenza al corpo di Cristo, a cui i suoi non possono più accedere pienamente. È un grido che invita anche noi a cercare forme sempre più attente e efficaci di accompagnamento. Se ne sta parlando nei circoli con grande partecipazione.
Sull’eucarestia ai divorziati si devono lasciare le cose come sono o cambiare la prassi? Quali sono le proposte?
Questa settimana sarà decisiva per cercare una via. Non si tratta solo di cose da cambiare o di una diversa prassi, ma di un mutamento di sguardo e di stile. Il Papa continua a stimolarci per trovare percorsi di integrazione. Ci sono molti passi possibili da compiere, ancor prima dell’accesso ai sacramenti. Conoscere le situazioni senza semplificazioni, perché non esistono le categorie – divorziati, conviventi, risposati, ecc. –, ma anzitutto le persone. Ascoltare le vere domande senza schemi precostituiti: a volte non è subito la domanda dei sacramenti, ma la richiesta di stima e fiducia, l’accettazione delle ferite, l’elaborazione della rabbia e del conflitto, il senso di esclusione della Chiesa, ecc. Presentare gli aspetti in gioco con semplicità: le motivazioni del pensiero della Chiesa, le questioni implicate, il limite a cui si può arrivare, il bisogno di altre competenze. Aiutare con interventi diversificati: sostegno per superare la sofferenza del fallimento, amicizia per condividere le difficolta derivanti dalla scelta di esseri risposati, aiuto morale per superare il senso di colpa e affrontare le responsabilità, consigli per reimpostare nel nuovo contesto la vita cristiana. Chi ha preso a cuore le persone, sa che questo stile nuovo è ciò che conta. Vedremo come i Padri convergeranno e che cosa suggeriranno al Papa
Africa e Asia hanno altri problemi rispetto ad Europa e America: poligamia, matrimonio tradizionale, matrimoni misti. Problemi culturali prima che religiosi. Al Sinodo come li avete affrontati?
Con grande precisione: su questo è emersa la richiesta che per situazioni specifiche si possa pensare a soluzioni continentali, che siano tuttavia coerenti con la visione cristiana del matrimonio.
Qual è il modello della famiglia di Nazareth, di cui nel Vangelo si parla pochissimo?
Più che parlare di un “modello” di “sacra famiglia”, per comprendere il segreto di Nazareth che ha affascinato San Francesco e Teresa di Lisieux, occorre domandarsi: nel Vangelo quanto di ciò che Gesù ha detto e fatto viene dalla trama di relazioni ricevute e costruite da Gesù nei trenta anni vissuti a Nazareth? Molte delle parole del Vangelo, delle immagini e dei gesti, della parabole e degli incontri, sono illuminate dal rapporto di Gesù con la tradizione, la preghiera e la fede dei Padri. In questi linguaggi umani Cristo ha immesso il potente lievito della Parola che viene da Dio. Provate ad ascoltare un testo del Vangelo: è un racconto pieno di immagini domestiche e di situazioni umane in cui egli dischiude il mistero del Regno. Per questo parlano ancora oggi alla vita di tutti gli uomini. Leggere per credere!
Alberto Bobbio