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giovedì 10 ottobre 2024
 
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Il Papa: "Dio non ama schiamazzi e chiacchiere, ma il filo sonoro del silenzio: camminiamo insieme, ascoltando Lui"

30/09/2023  Papa Francesco insieme con patriarchi ortodossi e rappresentanti delle Chiese protestanti ha guidato una veglia di preghiera in piazza San Pietro, originale prologo della sedicesima assemblea del Sinodo dei vescovi che si apre il 4 ottobre

Nasce da un sogno di frère Alois, nel segno di Taizè e nel solco di Lisbona. Il prossimo Sinodo che dal 4 al 29 ottobre vede la Chiesa universale riflettere su sé stessa o meglio su come rendere più partecipato, più condiviso, più “sinodale, appunto, il metodo di autogoverno, ha avuto un “prologo” originale: la veglia ecumenica di preghiera presieduta da papa Francesco, che sabato 30 settembre ha riunito in Piazza San Pietro patriarchi orientali (come quello di Costnatinopoli, Bartolomeo) rappresentanti di Chiese sorelle, delegati fraterni (tra cui l’anglicano Justin Welby), cardinali di vecchia e nuova creazione (il 30 settembre Jorge Mario Bergoglio ha tenuto il suo nono Concistoro) nonché molti dei 464 membri del Sinodo. E giovani. Tanti giovani. Di vari Paesi e di diverse confessioni.

Tra gli appassionati registi dell’evento c’è frère Matthew (al secolo Andrew Thorpe), anglicano britannico, 58 anni, che il 3 dicembre prossimo, prima domenica d’Avvento, succederà al cattolico tedesco frère Alois (Alois Loeser), come priore della Comunità di Taizé, di cui fa parte dal dal 10 novembre 1986. «I vescovi di tutto il mondo», ha spiegato a Famiglia Cristiana (sul numero in edicole giovedì 5 ottobre il settimanale pubblica una sua lunga intervista), «si sono chiesti come coinvolgere le nuove generazioni nel processo sinodale iniziato nel 2021 e che, oltre all’assemblea programmata a giorni, porterà a una significativa seconda tappa, nell’ottobre 2024. Due anni fa, frère Alois aveva proposto che la veglia di apertura dell'Assemblea generale dei vescovi fosse guidata dai giovani, come importante momento di unità tra i cristiani. Il Papa ha accolto quest’idea e ci ha chiesto di organizzare in Piazza San Pietro la veglia, non a caso titolata Together (Insieme), con i dicasteri interessati, quello per il Sinodo e quello per l'Unità».

«Pregare insieme», ha continuato frère Matthew, «ha permesso allo Spirito Santo di unirci. In vista della veglia ecumenica del 30 settembre abbiamo lavorato per diciotto mesi con i partner di una cinquantina di comunità ecclesiali, movimenti, gruppi e associazioni, come Chemin Neuf, i Focolarini, l’Azione Cattolica, Sant'Egidio». Hanno aderito più di 4.000 giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, provenienti da tutti i contesti ecclesiali. Ragazze e ragazzi sono stati invitati per un fine settimana di riflessione. In molti di loro era ancora forte l’eco dell’ultima Giornata mondiale della gioventù celebratasi in Portogallo, a Lisbona. Molto rappresentata l’Europa, ovviamente: la delegazione giunta dalla Polonia contava 470 persone, quella della Francia 400, quella della Spagna 280. Si sono contati inoltre almeno 220 ungheresi, 120 tedeschi, 110 austriaci e un centinaio di svizzeri. Ma, per quanto piccole, delegazionoi sono arrivate anche da Egitto, Vietnam, Corea del Sud, Stati Uniti d’America e Repubblica Dominicana.

A partire da venerdì 29 settembre, sono stati accolti dalle parrocchie e dalle famiglie romane. Sabato mattina hanno partecipato a una trentina di laboratori su vari temi della vita cristiana, con interventi di testimoni della fede. Poi, a seguire un momento di preghiera per tutti a mezzogiorno nella Basilica di San Giovanni in Laterano e un pasto condiviso. Nel pomeriggio, il cammino per sei chilometri da San Giovanni a San Pietro nello spirito del Sinodo, parola che in greco significa "camminare insieme", per poi affiancarsi a vescovi e cardinali in Piazza San Pietro, uniti nella lode, nel silenzio e nell'ascolto della Parola di Dio, per affidare allo Spirito Santo i lavori della XVI Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi. Preghiere e Parola di Dio sono state lette dal Papa, da Bartolomeo, dalla reverenda Anne Burghardt (Federazione luterana mondiale), dal metropolita Mar Paulus Benjamin (Chiesa assira dell'oriente), dal patriarca Mor Ignatius Aphrem II di Antiochia che ha pregato in arabo), dall'arcivescovo Bernd Wallet (dell'Unione di Utrecht), dall'arcivescovo Abune Heryiacos (della chiesa ortodossa Tewahedo etiopica, in aramaico), dal reverendo William Wilson (pentecostale), dall'arcivescovo Khajang Barsamian (Chiesa apostolica armena), dal patriarca Thepolis III di Gerusalemme, dal reverendo Thaoufilos El-Soryan (Chiesa ortodossa copta che si è espresso in arabo) del reverendo Thomas Schirrmacher (Alleanza evangelica mondiale che ha pregato in tedesco), dalla pastorale valdese Alessandra Trotta, dal vescovo Nikodim (Chiesa ortodossa serba) dal reverendo Jong Chung Park (Consiglio metodista mondiale, in coreano), dalla reverenda Kuzipa Malwamba (Consiglio ecumenico delle chiese), dal metropolita Mar Barnabus (Chiesa ortodossa sira malajkarese), dal metropolita Gennadios (Patriarcato di Alessandria, in greco), dal metropolita Serafim, della Chiesa ortodossa rumena, e, infine, dall'arcivescovo di Canterbury, l'anglicano Justin Welby.

Prima del lungo e intenso momento di preghiera, in una piazza San Pietro raccolta in silenzio ci sono stati quattro momenti di ringraziamento: per il dono dell'unità e del cammino sinodale, per il dono dell'altro, per il dono della pace, per il dono del Creato. Al Santo Padre, ai patriarchi ortodossi e ai rappresentanti delle altre Chiese cristiane è stato consegnato tra l'altro un giubbotto di salvataggio arancione, segno dei tanti migranti naufragati e in molti casi morti durante la traversata del Mediterraneo e dei tanti altri mari solcati dai boat people. Due giovani adulti provenienti dalla Colombia come esperienze passate di deportazione forzata hanno parlato dei loro percorsi di vita e di cosa significhi per loro come esistenza finalmente in pace.

«Together. Insieme. Come la comunità cristiana delle origini il giorno di Pentecoste, come un unico gregge, amato e radunato da un solo Pastore, Gesù, come la grande folla dell’Apocalisse siamo qui, fratelli e sorelle di ogni nazione, tribù, popolo e lingua, provenienti da comunità e Paesi diversi, figlie e figli dello stesso Padre, animati dallo Spirito ricevuto nel Battesimo, chiamati alla medesima speranza. Grazie per la vostra presenza. Grazie alla Comunità di Taizé per questa iniziativa. Saluto con grande affetto i Capi delle Chiese, i leader e le delegazioni delle diverse tradizioni cristiane. E saluto tutti voi, specialmente i giovani: grazie per essere venuti a pregare per noi e con noi, a Roma, prima dell’Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, alla vigilia del ritiro spirituale che la precede», ha detto il Papa. «Syn-odos», ha aggiunto Francesco: «camminiamo insieme, non solo i cattolici, ma tutti i cristiani, l’intero popolo dei battezzati, tutto il popolo di Dio, perché "solo l’insieme può essere l’unità di tutti"».

«Come la grande folla dell’Apocalisse», ha proseguito il Papa, «abbiamo pregato in silenzio, ascoltando un “grande silenzio”. E il silenzio è importante, potente: può esprimere un dolore indicibile di fronte alle disgrazie, ma anche, nei momenti di gioia, una letizia che trascende le parole. Per questo vorrei brevemente riflettere con voi sulla sua importanza nella vita del credente, nella vita della Chiesa e nel cammino di unità dei cristiani. Primo: il silenzio è essenziale nella vita del credente. Sta infatti all’inizio e alla fine dell’esistenza terrena di Cristo. Il Verbo, la Parola del Padre, si è fatto “silenzio” nella mangiatoia e sulla croce, nella notte della Natività e in quella della Pasqua. Stasera noi cristiani abbiamo sostato silenziosi davanti al Crocifisso di San Damiano, come discepoli in ascolto dinanzi alla croce, la cattedra del Maestro. Il nostro non è stato un tacere vuoto, ma un momento carico di attesa e di disponibilità. In un mondo pieno di rumore non siamo più abituati al silenzio, anzi a volte facciamo fatica a sopportarlo, perché ci mette di fronte a noi stessi. Eppure esso sta alla base della parola e della vita. San Paolo dice che il mistero del Verbo incarnato è stato "avvolto nel silenzio per i secoli eterni", insegnandoci che il silenzio custodisce il mistero, come Abramo custodiva l’Alleanza, come Maria custodiva nel grembo e meditava nel cuore la vita del suo Figlio. D’altronde la verità non ha bisogno, per giungere al cuore degli uomini, di grida violente. Dio non ama i proclami e gli schiamazzi, le chiacchiere e il fragore: preferisce piuttosto, come ha fatto con Elia, parlare nel "sussurro di una brezza leggera", in un “filo sonoro di silenzio”. E allora anche noi, come Abramo, come Elia, come Maria abbiamo bisogno di liberarci da tanti rumori per ascoltare la sua voce. Perché solo nel nostro silenzio risuona la sua Parola».

«Secondo», ha detto Bergoglio, «il silenzio è essenziale nella vita della Chiesa. Gli Atti degli Apostoli dicono che, dopo il discorso di Pietro al Concilio di Gerusalemme, "tutta l’assemblea tacque", preparandosi ad accogliere la testimonianza di Paolo e Barnaba circa i segni e i prodigi che Dio aveva compiuto tra le nazioni. Questo ci ricorda che il silenzio, nella comunità ecclesiale, rende possibile la comunicazione fraterna, in cui lo Spirito Santo armonizza i punti di vista. Essere sinodali vuol dire accoglierci gli uni gli altri così, nella consapevolezza che tutti abbiamo qualcosa da testimoniare e da imparare, mettendoci insieme in ascolto dello "Spirito della verità"  per conoscere ciò che Egli "dice alle Chiese". E il silenzio permette proprio il discernimento, attraverso l’ascolto attento dei "gemiti inesprimibili" dello Spirito che riecheggiano, spesso nascosti, nel Popolo di Dio. Chiediamo dunque allo Spirito il dono dell’ascolto per i partecipanti al Sinodo: "ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama"».

«Terzo, infine», ha concluso il Papa: «il silenzio è essenziale nel cammino di unità dei cristiani. É fondamentale infatti per la preghiera, da cui l’ecumenismo comincia e senza la quale è sterile. Gesù, infatti, ha pregato perché i suoi discepoli «siano una sola cosa» (Gv 17,21). Il silenzio fatto preghiera ci permette di accogliere il dono dell’unità “come Cristo la vuole”, “con i mezzi che Lui vuole”, non come frutto autonomo dei nostri sforzi e secondo criteri puramente umani. Più ci rivolgiamo insieme al Signore nella preghiera, più sentiamo che è Lui a purificarci e ad unirci al di là delle differenze. L’unità dei cristiani cresce in silenzio davanti alla croce, proprio come i semi che riceveremo e che raffigurano i diversi doni elargiti dallo Spirito Santo alle varie tradizioni: a noi il compito di seminarli, nella certezza che Dio solo dona la crescita. Essi saranno un segno per noi, chiamati a nostra volta a morire silenziosamente all’egoismo per crescere, attraverso l’azione dello Spirito Santo, nella comunione con Dio e nella fraternità tra di noi. Per questo chiediamo, nella preghiera comune, di imparare nuovamente a fare silenzio: per ascoltare la voce del Padre, la chiamata di Gesù e il gemito dello Spirito. Chiediamo che il Sinodo sia kairós di fraternità, luogo dove lo Spirito Santo purifichi la Chiesa dalle chiacchiere, dalle ideologie e dalle polarizzazioni. Mentre ci dirigiamo verso l’importante anniversario del grande Concilio di Nicea, chiediamo di saper adorare uniti».

(Sopra: foto Reuters)

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Dalla Siria a San Pietro, Francesco e la piccola Jozafeena
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