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Siracusa, un tutore per ogni ragazzo straniero

02/09/2013  Ogni minore straniero non accompagnato sbarcato sulle coste siracusane d’ora in poi sarà seguito fin dal suo arrivo in Italia da un tutore “personale”. Un'iniziativa frutto della collaborazione fra Asgi, Arci, Prefettura e Tribunale dei minori.

Arriva da Siracusa una buona notizia e un modello per l’accoglienza dei minori non accompagnati. Grazie al buon esito di un tavolo tecnico tra Asgi, Arci, Prefettura e Tribunale dei minori, ogni ragazzo sbarcato sulle coste siracusane senza famiglia sarà seguito fin dal suo arrivo in Italia da un tutore “personale”. In un momento così delicato, avere accanto un valido punto di riferimento è fondamentale.

Ne parliamo con l’avvocato Carla Trommino, referente dell’Asgi (Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione) di Siracusa.

– Da dove nasce l’idea di affidare il minore a un tutore?

«Dalla situazione di inciviltà inaccettabile in cui si sono trovati i minori non accompagnati sbarcati nel Siracusano in questi mesi. A causa della mancanza di strutture adeguate, stavano per settimane in grandi stanzoni, promiscui agli adulti, senza informazioni, senza assistenza legale e mediazione linguistica. Nella struttura dell’Umberto I, i ragazzi giravano senza scarpe, talvolta in condizioni igienico-sanitarie gravissime. Paradossalmente, i minori avevano meno diritti degli adulti: non potevano ad esempio chiedere l’asilo politico e il trasferimento in un Cara e per questo ripetevano “Io no bambino”. Serviva dare immediata rappresentanza e tutela legale a questi adolescenti in condizioni di fragilità».

– Quali sono le novità?

«Chiariamo subito che il tavolo tecnico non introduce una “nuova legge”: è stato fatto proprio per applicare la legge e gli accordi nazionali e europei che prevedono che al minore sia garantita la tutela. Fin dalle prime ore dello sbarco, a ogni minore straniero solo viene “assegnato” un tutore, che lo segue in ogni sua esigenza, lo porta alla visita medica e allo sportello legale, cerca di capire la situazione di provenienza, il perché dell’emigrazione, quali sono i suoi desideri, se è ricattato da qualche trafficante. Con un progetto personalizzato, a seconda della situazione, lo aiuta a presentare la domanda di asilo politico, oppure a ricongiungersi con eventuali parenti, oppure a individuare una comunità di accoglienza adatta. In questo modo, i ragazzi non rimangono disorientati per settimane insieme agli adulti nei centri di accoglienza, come accadeva prima. È poi importante ricostruire se il ragazzo ha già una rete familiare: la scorsa settimana, abbiamo aiutato un ragazzo siriano, in fuga dalla guerra, a ricongiungersi con lo zio che abitava da anni in Austria, in buone condizioni economiche, e che verrà a prendere il nipote a giorni».

– Chi sono i tutori?

«Per ora sono una quarantina di volontari: si tratta per lo più di avvocati, psicologi, educatori e volontari già impegnati in campo sociale, ma stiamo avendo ottimi risultati anche con “non professionisti” del  settore, come un geologo. Un’altra direzione interessante è questa: un ragazzo è già stato dato in affido a una famiglia, altre quattro hanno appena dato la disponibilità ad accogliere un minore a casa loro. Da tempo, sosteniamo che l’affido debba diventare la forma privilegiata di accoglienza. Conviene anche dal punto di vista economico: un minore in affido costa allo Stato 400 euro al mese, in comunità 2.000».

– Quali sono i risultati ottenuti finora?

«Con la nomina del tutore, i minori si sentono finalmente accolti, hanno qualcuno di cui fidarsi. È fondamentale infatti che abbiano un punto di riferimento affidabile in un momento particolare della loro vita. Da quando si è trovata questa soluzione, siamo riusciti ad assegnare un tutore a tutti i minori, circa una cinquantina. Pur con qualche resistenza, c'è stata una virtuosa collaborazione tra istituzioni e associazioni: siamo particolarmente grati al Presidente del Tribunale dei minori, che ha partecipato al tavolo anche se in ferie».

– Chi sono i ragazzi non accompagnati che sbarcano sulle coste?

«Per aiutare veramente questi ragazzi, occorre capire che non sono tutti uguali, così come le motivazioni della migrazione. Le nazionalità aiutano spesso ad avere una prima indicazione, poi ovviamente bisogna analizzare la storia del singolo individuo. Negli ultimi mesi, sono sbarcati soprattutto siriani, egiziani, somali e eritrei. I siriani spesso hanno una buona condizione economica, fuggono dalla guerra, non vogliono rimanere in Italia (per questo, non vogliono essere identificati) ma raggiungere la rete familiare in altri Paesi europei. Gli egiziani vengono per motivi economici, hanno un forte collegamento con le famiglie di origine sull’altra sponda del Mediterraneo. Somali ed eritrei sono spesso i figli maggiori di famiglie numerose e poverissime, in ansia poiché in pochi mesi devono restituire migliaia di dollari presi in prestito per il viaggio».

– In generale, qual è la situazione con gli ultimi sbarchi nel Siracusano?

«Da gennaio a oggi sulle coste della provincia di Siracusa sono sbarcate oltre 5 mila persone, di cui 600 minori. Purtroppo, per quanto il Prefetto abbia mostrato molta attenzione ai suggerimenti delle associazioni, la logica dell’accoglienza è stata segnata dal “tappare i buchi”. La situazione è di emergenza solo perché non si è voluta affrontarla in modo diverso».

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