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venerdì 23 maggio 2025
 
Intervista al vicario di Aleppo
 

«Con la Siria Europa pavida, l’embargo è un crimine»

27/04/2016  Il vicario apostolico di Aleppo, Georges Abou Khazen, in visita a Milano, racconta come si vive oggi nella capitale («la tregua regge, mancano luce e acqua»), cita gli errori dell’Occidente, a cominciare da Bruxelles, nella lotta all’Isis e avverte: «L’embargo colpisce solo la popolazione e aumenta la miseria della povera gente»

L’embargo imposto alla Siria? «Un crimine contro la popolazione». I cristiani? «Siamo a rischio estinzione, da un milione e mezzo siamo passati a mezzo milione. È in atto contro di noi un genocidio ma non perdiamo la speranza». L’Isis? «Si rifanno a una corrente radicale dell’islam, quella wahabita. Fanno le stesse cose dell’Arabia Saudita, crocifissioni incluse, ma questo non si può dire. È un tabù». La convivenza con i musulmani? «Buona, nonostante tutto. Con molti di loro collaboriamo per aiutare gli sfollati». L’Europa? «Troppo debole, ci aspettavamo facesse di più ma sono fiducioso sulla conferenza di Ginevra perché adesso tutti vogliono la pace e disfarsi delle migliaia di combattenti stranieri». L’intervento della Russia? «Positivo perché ha fatto perdere all’Isis circa il 25% del territorio occupato e spinto verso il processo di pace». E la situazione attuale? «Manca l’acqua e l’elettricità, ad Aleppo prima della guerra c’erano quarantatremila aziende e attività commerciali. Ora non c’è più nulla». Così si vive ad Aleppo, la città martire siriana, nelle parole di Georges Abou Khazen, vicario apostolico della città in visita a Milano dove martedì ha fatto tappa al Pirellone della Regione Lombardia per incontrare alcuni consiglieri e poi portare la sua testimonianza in un incontro pubblico promosso dal Centro culturale di Milano.

Mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo
Mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo

«L’Isis coccolata dall’Occidente»

Il conflitto siriano dura da cinque anni e mezzo, ha provocato (fonte Onu) già quattrocentomila morti mentre i profughi andati all’estero, sparsi tra Giordania, Libano e Turchia, sono 4 milioni e seicentomila su una popolazione di circa 22 milioni di abitanti. Gli sfollati interni sono circa 12 milioni, ventimila le persone scomparse. Aleppo è divisa in due tra un’area controllata dal governo di Bashar al-Assad e una in mano alle milizie ribelli. Dopo la tregua durata qualche settimana («abbiamo trascorso una Pasqua tranquilla e molti abitanti di Aleppo hanno scritto ai loro parenti per rientrare in città», dice monsignor Khazen) nei giorni scorsi la fragile tregua si è rotta e sono ricominciati i bombardamenti. La gente è stremata, racconta il monsignore, da sette mesi manca l’elettricità e ci si arrangia con i generatori elettrici. L’acqua è un miraggio. «Un milione e mezzo di persone sono a secco», dice, «per fortuna ci sono i pozzi nei conventi e nelle moschee».
Il tessuto commerciale e industriale della città è andato completamente distrutto. «Molti macchinari sono stati rubati e venduti in Turchia, lo stesso hanno fatto con il grano stipato nei silos. Mancava la farina per fare le ostie e ho chiesto aiuto ai miei amici pasticceri. Come chiesa aiutiamo la povera gente e distribuiamo un pacco alimentare al mese per ogni famiglia. Manca tutto: il pane e il lavoro». Ma la speranza resiste ancora. «Come la fede, è una virtù teologale», dice Khazen, «se il cristiano perde la speranza diventa un eretico». E racconta un aneddoto: «Domenica scorsa al momento della comunione un missile ha sfondato la cupola della chiesa. Per fortuna c’è stato solo un ferito. La messa è andata avanti e i fedeli alla fine hanno chiesto al parroco di collaborare per riparare la parrocchia». Sulla reale volontà di sconfiggere l’Isis da parte di Europa e Stati Uniti, Khazen dà un giudizio chiaro: «La guerra non basta», dice, «in ogni caso prima dell’intervento russo l’assedio di Aleppo è durato per tre anni e mezzo nell’indifferenza dell’Occidente che non solo non ha detto nulla ma aiutava lo Stato islamico ad espandersi fino a conquistare il 50% del territorio siriano. La Turchia ha continuato a comprare il nostro petrolio mentre sono hanno scavato alla buona nei siti archeologici e venduti i reperti senza catalogarli. L’Isis si finanzia in questo modo».

La convivenza con i musulmani e il gesto del Papa

  

La vocazione della Siria, paese mosaico dove convivevano fedi e culture millenarie in ventitré gruppi etnici diversi, è pericolosamente in bilico. «Isis e Al-Nusra (filiale siriana di Al-Qaeda, ndr) hanno occupato i quartieri periferici della città e hanno fatto pulizia etnica contro i cristiani. Gli yazidi sono stati venduti come schiavi sotto gli occhi di qualche potenza straniera che non ha fatto nulla», dice il monsignore. La collaborazione con i musulmani però c’è, è forte e va avanti. «Il servizio rifugiati dei padri Gesuiti ha allestito una cucina da campo per aiutare i profughi. Distribuiscono fino a dodicimila pasti al giorno e molti volontari e benefattori che forniscono il cibo sono musulmani». Il Papa che da Lesbo ha portato a Roma alcune famiglie siriane ha aperto una breccia nel cuore di queste persone. «Il gesto di Francesco ha rafforzato la nostro missione di cristiani ad Aleppo», dice, «e scosso i musulmani che hanno detto: “Se i cristiani che noi chiamiamo infedeli fanno tanta carità perché non la facciamo anche noi verso i nostri fratelli?”».

Civili in fuga dopo un bombardamento nel centro di Aleppo
Civili in fuga dopo un bombardamento nel centro di Aleppo

Il ruolo di Assad e l’embargo

Monsignor Khazen entra anche nelle questioni politiche che hanno innescato la guerra. «L’Occidente», dice, «voleva far cadere il regime di Assad e noi dicevamo che Assad non è la regina d’Inghilterra ma non è neanche l’unico dittatore del mondo. È curioso che sia invece l’unico despota ad essere criticato da altri dittatori per la mancanza di democrazia. Come chiesa non appoggiavamo il suo regime ma la Siria è l’unico paese ad essere laico, libero e in grado di garantire l’esistenza a tutte le minoranze religiose. Si è visto cosa è successo in Iraq dopo la fine di Saddam. Condoleezza Rice (l’ex Segretario di Stato Usa dal 2005 al 2009, ndr) diceva di volere il caos creativo. C’è stato il caos e basta». E il futuro? «Vedremo quale governo uscirà da questo conflitto e dai colloqui in corso a Ginevra», dice, «da cristiani vogliamo uno Stato laico ma non confessionale perché è la migliore garanzia di convivenza. Anche i musulmani moderati lo vogliono come ha detto il Gran Muftì. Stato laico non significa, però, contro la religione». Sull’embargo, il vescovo ha parole durissime: «A farne le spese è solo la popolazione civile», dice, «non c'è gasolio per scaldarsi e alcuni quest’inverno hanno bruciato le scarpe per potersi scaldare. Tanti siriani benestanti che lavorano fuori non possono mandare una piastra in Siria a causa dell'embargo. C'è bisogno di medicine, l'embargo è un crimine che sta aumentando la miseria della povera gente». La gente scappa per necessità. «In questi anni sono andati via trentacinquemila medici, stiamo perdendo il nostro capitale umano», spiega, «i giovani fuggono. Stiamo diventando una famiglia di anziani senza figli». All'università di Aleppo c'erano 185 mila iscritti prima della guerra, «ora come chiesa aiutiamo molti studenti, cristiani e musulmani, ospitandoli insieme in appartamenti con generatori elettrici per poter avere la luce e permettere che si conoscano tra di loro».

Un Giubileo particolare

  

«Abbiamo aperto diverse porte sante in Siria per dimostrare alla gente che Dio è misericordioso e non dimentica i suoi figli neanche in situazioni così drammatiche», dice monsignor Khazen. «La comunità cristiana pur decimata ad Aleppo e in Siria ora è più coesa, più capace di condividere il necessario», racconta, «se uno porta due bidoni d’acqua fino al quinto piano ne dà uno al suo vicino ammalato che non può andare a prenderla. Alcuni lasciano le case del proprio appartamento per poter alloggiare le persone in difficoltà. Molta gente parla di perdono verso questi che bombardano e pregano per la conversione di questa gente. Grazie a questo fiume di bene il Signore ci benedirà».

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