Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
mercoledì 15 gennaio 2025
 
intervista
 

«In Siria la speranza è morta, la gente vuole solo scappare. Viviamo sospesi nel terrore»

03/12/2024  Il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico a Damasco, dopo la presa di Aleppo da parte dei ribelli jihadisti filo-turchi: «Non c’è fine al dolore di questo Paese. La comunità aleppina ha paura di uscire di casa, l’ospedale Saint Louis gestito dalle suore è di fatto bloccato. Purtroppo non si vede la fine del tunnel»

Il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico in Siria (Ansa)
Il cardinale Mario Zenari, Nunzio apostolico in Siria (Ansa)

«In questi quattordici anni di guerra ho visto tante persone morire, soprattutto bambini. Adesso è morta anche la speranza e i siriani, soprattutto i più giovani, hanno un unico desiderio: scappare».

Il cardinale Mario Zenari, veronese d’origine, è Nunzio apostolico in Siria dal 2008 e ha vissuto tutto il conflitto, la povertà estrema, le sanzioni internazionali, il terremoto che ha colpito Aleppo il 6 febbraio 2023, ora una nuova ondata di tensioni e violenze con protagonista ancora Aleppo, la seconda città più grande della Siria, caduta in mano ai ribelli jihadisti filo-turchi del gruppo Hayat Tahrir al-Sham (Hts) il 30 novembre scorso. I morti finora sono oltre 350 mentre l’Onu ha lanciato l’allarme sugli sfollati che sono cinquantamila in un Paese che ha già il triste primato di profughi (presenti soprattutto in Libano) e sfollati interni. Intanto, si è riacceso nelle ultime ore il fronte orientale dove sono presenti forze filo-Usa e forze filo-iraniane a sostegno di rispettivi clienti armati locali. Secondo fonti sul terreno, a conferma di quanto riferito dall'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, le forze filo-Usa guidate dal Pkk curdo e da tribù arabe cooptate dagli americani tentano di conquistare sette località a est del fiume Eufrate sotto controllo delle milizie filo-iraniane e di altri clan tribali vicini invece all'Iran. Il cardinale Zenari è in costante contatto con la comunità cristiana aleppina e informa papa Francesco dell’evolversi della situazione.

Eminenza, che aria si respira in questo momento?

«Un’aria sospesa, di calma apparente e inquietante. Dopo la presa di Aleppo ci si aspetta la reazione del presidente Assad e dei suoi alleati, Iran e Russia, con l’incognita di come si muoverà la Turchia. Purtroppo non si vede la fine del tunnel, anzi le ombre di morte si stagliano sempre più forti in un Paese stremato da anni di conflitto e dove diverse potenze straniere giocano la propria partita».

Aleppo è stata conquistata in maniera velocissima. Alcuni analisti hanno ipotizzato accordi tra la Turchia e i ribelli per spingere il presidente Bashar Al-Assad verso nuovi negoziati di pace in Medio Oriente.

«La popolazione locale, tutta la Siria e anche la comunità internazionale sono rimasti spiazzati e sorpresi. Una città così grande è caduta nel giro di neanche due giorni. Noi vescovi cattolici giovedì scorso (28 novembre, ndr) eravamo riuniti qui a Damasco per l’assemblea della conferenza episcopale. Avremmo dovuto concludere tutti insieme con il pranzo ma alcuni vescovi di Aleppo intorno alle 11 hanno chiesto di ripartire perché si era sparsa la voce che sull’autostrada c’erano gruppo di rivoltosi armati. Per fortuna sono riusciti a rientrare per tempo perché poi tutte le vie di comunicazione si sono bloccate. Col senno di poi, la spiegazione è più chiara: il fuoco che da mesi divampa qui nella regione, con la guerra israelo-palestinese da una parte e quella tra Israele ed Hezbollah libanesi dall’altra, ha prodotto l’invasione di Aleppo da parte di queste truppe jihadisti che molto probabilmente hanno approfittato della debolezza dell’Iran, di Hezbollah e della Russia impegnata nel conflitto ucraino. Ora i ribelli vorrebbero proseguire la marcia verso Sud, per questo la gente vive sospesa nel terrore».

Ha sentito la comunità cristiana di Aleppo? Qual è la situazione?

«I ribelli armati hanno promesso e finora anche mantenuto di non fare del male alla gente, anzi hanno cominciato a distribuire il pane, assicurato l'elettricità e l'acqua potabile. Probabilmente cercano di accattivarsi la simpatia della popolazione ma l'altro lato della medaglia è che sono tutti chiusi in casa, gli uffici pubblici deserti e i servizi essenziali tutti fermi. C’è il coprifuoco, ogni tanto si sentono esplosioni. In città c’è l’ospedale cattolico di Saint Louis gestito dalle suore di San Giuseppe dell’Apparizione. Ho chiesto alla direttrice com’è la situazione e mi hanno risposto che l’attività è bloccata perché il personale, medici e infermieri, non va a lavorare per paura di agguati nelle strade e dei criminali che saccheggiano le case. I vescovi, sacerdoti e religiosi hanno assicurato i cristiani che resteranno in città ma la situazione è spettrale, difficile, cominciano a scarseggiare i beni di prima necessità e la gente ha paura ad uscire per strada. Aleppo è città tre volte martire: nel 2016, quando poco prima di Natale, a causa della guerra dovettero evacuare 200mila persone sotto la neve, l’anno scorso il terremoto, ora di nuovo questo assalto. Nel pomeriggio di domenica 1° dicembre, durante un raid aereo, una bomba è caduta sul complesso francescano del Terra Santa College. Per fortuna non ci sono state vittime, solo alcuni danni alla struttura che accoglie soprattutto bambini e famiglie. I due frati francescani che abitano li ho sentiti, stanno bene, ma il clima generale è di grande paura».

L’Onu ha lanciato l’allarme sugli sfollati.

«Bisogna ricordare che la Siria ha il triste primato di sfollati interni che erano 7 milioni prima di questi eventi. Persone in fuga costante dalle bombe che da est si spostavano a ovest. Molti vivono nelle tende e negli anni scorsi, d’inverno, alcuni sono morti per il freddo e sotto il peso della neve. A questi, bisogna aggiungere i 5 milioni di rifugiati nei paesi vicini, soprattutto in Libano che sta scoppiando. In totale, sono 13 milioni di persone tra sfollati interni e rifugiati. Il numero degli sfollati è destinato ad aumentare perché dopo la presa di Aleppo molti sono scappati o cercano di scappare».

Quanti cristiani sono rimasti?

«Difficile avere numeri esatti. Prima del conflitto, quattordici anni fa, erano 2 milioni, ora neanche cinquecentomila. Nella sola Aleppo da 150mila si sono ridotti a 28mila. Molti sono emigrati nel Nord Europa, Canada e Australia ma la fuga è inarrestabile e questo è un danno e una ferita per la Siria e per le stesse comunità. I cristiani di rito orientale non hanno i propri sacerdoti nei paesi dove emigrano e questo causa un impoverimento della loro fede. Il presidente Assad ha cercato e cerca di favorire che la minoranza cristiana non lasci il Paese ma è sempre più difficile. Chi parte, non solo tra i cristiani, sono essenzialmente giovani e qualificati: medici, ingegneri, tecnici e la società siriana si impoverisce sempre di più».

Che Natale sarà?

«Non lo sappiamo, l’atmosfera è inquietante. La preparazione in questo tempo di Avvento molto incerta. Per la comunità cristiana siriana c’è stata una boccata d’ossigeno e un sollievo spirituale quando il 20 ottobre scorso papa Francesco ha canonizzato in piazza San Pietro gli undici martiri di Damasco: otto frati francescani della Custodia di Terra Santa e tre laici maroniti, i fratelli Massabki, vittime della persecuzione contro i cristiani ad opera dei Drusi sciiti nel 1860. Un segno di speranza in un Paese che non ne ha più».

Segui il Giubileo 2025 con Famiglia Cristiana
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo