Henry Kissinger, il celebre e controverso Segretario di Stato americano dell'era Nixon, diceva: «Che numero di telefono devo fare se voglio parlare con l'Europa?». La domanda velenosa di Kissinger sembra valida ancora oggi.
Se Obama volesse parlare con l'Europa sulla crisi siriana, chi chiama? Se chiamasse la Commissione a Bruxelles potrebbe rispondergli un nastro registrato con un messaggio del tipo: «Spiacenti, ma siamo momentaneamente assenti. Se vuole conoscere la posizione britannica prema il tasto 1, per quella tedesca il tasto 2, per quella francese il tasto 3».
Ancora una volta, di fronte a una grave crisi internazionale come quella siriana, l'Europa si presenta in ordine sparso. Senza una linea comune e priva di una testa pensante. In realtà l'Europa a 28 avrebbe un ministro degli esteri, con la carica altisonante di Alto rappresentante per la politica estera e di difesa dell'Unione Europea.
Si tratta della baronessa britannica Catherine Ashton, della quale si stenta a ricordare gesti o dichiarazioni eclatanti, in questa come in altre occasioni (è in carica dal 2009). Le sue dichiarazioni sono un concentrato di genericità, condito di «molto attentamente», «estremamente importante», «totalmente inaccettabile», «trovare velocemente una soluzione».
La baronessa, nonostante la sua buona fede e la buona volontà di cui le diamo atto, non può fare molto altro per una ragione molto semplice: gli Stati europei vogliono tenersi stretta la politica estera, senza delegarla a Bruxelles. Soprattutto Paesi come il Regno Unito e la Francia, che siedono al Consiglio di Sicurezza dell'Onu e dispongono di arsenali nucleari. La realtà è che se Obama vuole parlare della Siria chiama direttamente Cameron, Hollande o la Merkel.
La Gran Bretagna resta, come in Iraq, il più stretto alleato degli Stati Uniti in caso di operazioni militari. Il premier David Cameron sembra deciso a punire il regime di Assad per l'attacco con armi chimiche compiuto la scorsa settimana. Dopo le prime dichiarazioni bellicose, Cameron ieri ha premuto il freno, sostenendo di voler attendere il rapporto degli ispettori dell'Onu in missione in Siria. Oggi, però, nuova accelerazione con la convinzione che un “intervento umanitario” contro la Siria sarebbe legittimato anche in assenza di una copertura da parte delle Nazioni Unite.
Ma questa posizione non è condivisa dal Parlamento, che ne sta discutendo in queste ore. Proprio ai Comuni Cameron ha detto che un intervento militare sarebbe “impensabile” in caso di una opposizione schiacciante al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Intanto davanti a Westminster si sta organizzando la protesta dei pacifisti. Il presidente francese François Hollande si mostra titubante.
Da un lato dichiara di non aver ancora deciso nulla circa l'intervento militare ma, dopo aver incontrato un esponente dell'opposizione siriana, dichiara che la soluzione politica è possibile solo se la comunità internazionale «mette fine all'escalation delle violenze».
Intanto una nave da guerra francese sarebbe in navigazione verso le coste siriane. Prudentissima la cancelliera Angela Merkel, impegnata nei 56 comizi della sua campagna elettorale per le elezioni politiche del 22 settembre. In un colloquio telefonico con il presidente russo Putin, la Merkel ha concordato che il rapporto degli ispettori Onu sul presunto uso di armi chimiche dovrà essere studiato con attenzione dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. La sensazione è che si cerchi di prendere tempo.
L'Italia invece, pur giudicando un «crimine inaccettabile» l'uso di armi chimiche, conferma che non prenderà parte a una soluzione militare al di fuori del contesto del Consiglio di sicurezza dell'Onu. “Francamente non so cosa voglia realmente fare questa coalizione. Punire Assad? Porre fine al conflitto? Non lo so non mi è chiaro”, ha detto alla Cnn il ministro degli Esteri, Emma Bonino. Senza un mandato dell'Onu l'Italia non concederà neanche l'uso delle basi aeree sul nostro territorio.