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domenica 18 maggio 2025
 
 

La nostra barbarie quotidiana

19/04/2012  Immigrati reimpatriati con un bavaglio di nastro adesivo, soldati che scherzano con i corpi dei nemici. Le immagini brutali che dicono molto di noi.

Il volto – il tuo, il mio, il nostro, il loro – reca tracce di infinito. L’incontro con l’altro avviene cercandone il volto. D’altronde il volto è la prima cosa che vediamo del prossimo. Ed è lì che Dio si fa evidente. Proprio a partire dal volto, le visage, il francese Emmanuel Levinas (12 gennaio 1905 - 25 dicembre 1995), uno dei maggiori filosofi della seconda metà del Novecento, ha elaborato il suo pensiero intriso di sapienza biblica, sottolineando la potenza di uno sguardo che incrocia i nostri occhi, di un volto che ci fissa e che genera in noi piena responsabilità. Che ne è di mio fratello?  Cosa faccio per chi mi è stato messo a fianco?  

Ieri, immagini scattate a migliaia di chilometri di distanza le une dalle altre, in tempi, luoghi e con protagonisti profondamente differenti, ci hanno consegnato un comune senso di pena e di vergogna. Nastro da pacchi a tappare la bocca e fascette di plastica ai polsi: così due immigrati tunisini, scortati da due appartenenti alle forze dell’ordine in borghese, sono stati rimpatriati su un volo Alitalia Roma-Tunisi. Lo ha denunciato il regista Francesco Sperandeo sul suo profilo Facebook, al quale ha allegato una foto di uno dei due tunisini. Alle sue rimostranze, gli agenti avrebbero risposto che si trattava di una “normale operazione di polizia”.  

Dall’altra parte del mondo, il Los Angeles Times ha pubblicato due foto, su 18 giunte complessivamente in suo possesso, con militari Usa sorridenti accanto a corpi di insorti afghani morti o ridotti a brandelli dallo scoppio di un ordigno esplosivo.  Il giornale, nonostante le pressioni che dice di aver avuto dalle autorità americane per non rendere pubblici gli scatti, ha messo in pagina  una prima immagine in cui due soldati ridono mentre tengono sollevate da terra le gambe staccate dal tronco di un attentatore suicida. Nella seconda fotografia, invece, si vede in primo piano un militare americano sorridente mentre alle sue spalle un suo compagno esamina il cadavere di un uomo dagli occhi sbarrati.  

Nei commenti a caldo e in quelli più meditati delle ore successive un aggettivo è stato usato più volte in entrambi i casi: disumano. E siamo daccapo. Il volto dice tanto di noi. Purtroppo dice anche quanto la nostra civiltà (civiltà?) sia arrivata a livelli preoccupanti di barbarie. 

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