«Dicono che al casting mi hanno scelto per il mio sguardo». Sorride, Fallou Kama, con i suoi occhi grandi, vividi e profondi, che ti fissano senza battere ciglio. Fallou ha 13 anni, è arrivato in Italia dal Senegal tre anni fa, insieme a suo padre, un fratello maggiore e uno zio. A Dakar ha lasciato sua madre, gli altri due fratelli e una sorellina che lui non ha fatto in tempo a conoscere. Suo padre si guadagna da vivere facendo il venditore ambulante nel centro di Lecce. Lui frequenta la terza media a Surbo, paese del leccese.
Fallou ricorda come è iniziata la sua avventura cinematografica: un giorno una società di produzione arriva nella città pugliese per cercare un ragazzino come protagonista di un film. Il regista non vuole un professionista, uno che abbia già esperienza in Tv, cerca un ragazzo comune, che sia bravo a giocare a pallone. La notizia arriva alle orecchie del papà di Fallou, che propone al figlio di partecipare al casting. Fallou è arrivato da poco in Italia, mastica appena poche parole di italiano. Ma il suo sguardo parla da solo.
Così come lo sguardo di Gaetano Fresa, 13enne barese, alto e magrissimo, il viso allegro e simpatico che sembra fatto apposta per il grande schermo. La società di produzione arriva anche a Bari per fare i casting, anche lì cercano un ragazzino sveglio, bravo con il pallone. E scelgono Gaetano. «Il regista mi ha detto che gli ero sembrato fra tutti il più attento e curioso», racconta. Fallou e Gaetano sul grande schermo sono Thabo e Rocco, i due giovanissimi protagonisti di Il sole dentro.
Diretto da Paolo Bianchini e prodotto da Alveare cinema, società di produzione senza fini di lucro, in collaborazione con Rai cinema, il film è ispirato alla vicenda di Yaguine Koita e Fodé Tounkara,
due ragazzini guineiani di 14 e 15 anni, che nell'estate del 1999
morirono assiderati mentre cercavano di raggiungere Bruxelles, nascosti
nel vano carrelli di un aereo partito dalla capitale Conakry, per
consegnare una lettera contenente un importante messaggio ai leader
occidentali, a nome dell'infazia africana. Nella lettera, i due
ragazzini supplicavano le "Eccellenze, i signori membri e responsabili dell'Europa"
di ascoltare il grido di disperazione dei bambini africani, che nei
loro Paesi soffrono perché vivono nella fame e nella povertà, perché non
si vedono riconosciuto il diritto di andare a scuola e studiare, perché
non hanno spazi attrezzati dove praticare sport come il pallone, non
hanno opportunità di costruirsi un futuro dignitoso.
Paolo Bianchini, che dal 2002 è ambasciatore dell'Unicef e, come
regista, è sensibili ai temi che riguardano l'infanzia, ha conosciuto
anni fa la storia di Yaguine e Fodè e ne è rimasto profondamente colpito. Ha incontrato i genitori dei due ragazzini in Guinea, da
allora non ha mai smesso di pensare a come poter portare avanti la loro
memoria, continuando a far vivere il loro progetto, il loro sogno. Ha
così dato vita a una Fondazione intitolata ai due ragazzi, dedita a
iniziative di carattere sociale. La più importante è proprio la realizzazione di Il sole
dentro: Bianchini lo ha pensato a lungo, ci ha lavorato per quattro
anni, per lui è diventato una missione.
Il film racconta due viaggi, quello reale verso
Bruxelles di Yaguine e Fodé - interpretati da due ragazzini guineiani -
e quello inventato di Thabo e Rocco, entrambi vittime del mercato dei
baby-calciatori, verso un non specificato Paese africano, da dove proviene Thabo. Rocco, così, si ritroverà in Africa, piccolo
clandestino arrivato dall'Italia attraversando a piedi il deserto: lo stesso che uomini e donne africani hanno percorso - e
continuano a percorrere - all'inverso per fuggire la miseria dei loro Paesi
inseguendo il miraggio dell'Europa.
In questa seconda storia, Bianchini racconta così un altro tema al quale è
profondamente sensibile: quello del mercarto dei baby-calciatori, i
ragazzini africani portati via dalle loro famiglie da sedicenti
procuratori senza scrupoli con l'illusione di farli diventare dei
calciatori professionisti in Europa. E poi, con altrettanta ferocia,
abbandonati, lasciati per strada, al loro destino, quando non servono
più, quando è chiaro che non hanno abbastanza talento per andare avanti.
Gaetano, al primo anno dell'Istituto alberghiero, gioca a pallone da quando aveva sei anni, il suo grande sogno è
diventare un calciatore. Vive con la mamma Antonella nel quartiere San
Girolamo, in periferia, ma è nato a Bari vecchia, nella stessa via dove è
cresciuto Antonio Cassano, il suo idolo. Anche Fallou ama il pallone,
tifa il Milan e si allena con il Lecce club. Ma, ci tiene a precisare, a differenza di Thabo, il suo personaggio, lui
non è venuto in Italia per giocare a calcio. Lui è qui perché, spiega,
ha una missione da compiere: studiare, aiutare la sua famiglia e, un
giorno, tornare in Senegal.
Il sole dentro è stato girato nel deserto tunisino, a Bari e in Guinea,
nel villaggio di Yaguine e Fodé, con i loro genitori che interpretano la
parte di sé stessi. Nel cast ci sono Angela Finocchiaro, Francesco Salvi, Diego Bianchi e anche Giobbe Covatta in una breve parte. Per le tematiche che affronta, il film ha avuto il
patrocinio di Comunità di Sant'Egidio, Unicef, Save the children, Federazione italiana giuoco calcio e
Agiscuola. Sarà nelle sale cinematografiche a partire dal 15 novembre.
Attraverso la Fondazione intitolata a Yaguine e Fodé, Paolo Bianchini porta avanti una serie di progetti in Guinea: il regista ha avviato una campagna per portare nel villaggio di Yaguine e Fodé dei pannelli fotovoltaici,
per permettere alle scuole dui avere luce senza interruzioni, in un
Paese che, fra gli altri problemi, soffre di carenza di energia
elettrica. «Il progetto va avanti faticosamente», spiega Bianchini,
«per adesso siamo riusciti a mandare due pannelli. Stiamo inoltre
studiando la possibilità di mandare un ingegnere italiano per realizzare
il sistema di illuminazione nella scuola di Yaguine e Fodé, che è stata
intitolata proprio ai due ragazzini».
Da Il sole dentro è germogliata un'altra bella iniziativa, la campagna "Fatti sentire": gli studenti delle scuole italiane e di
altri Paesi sono stati invitati a scrivere delle lettere indirizzate ai
leader del mondo per spiegare quale futuro vogliono costruire. L'iniziativa ha avuto un
grandissimo successo: sono arrivate lettere da tutto il mondo, spiega
Bianchini. «Queste lettere saranno raccolte e consegnate a dicembre al
Parlamento europeo, in occasione di una proiezione speciale del
film. E' giunta l'ora che i piccoli del mondo comincino a pretendere non
solo di essere ascoltati, ma anche di avere delle risposte dai loro
governanti».
Il sole dentro è nato, davvero, da un sogno. «Il titolo del film io l'ho sognato una notte», racconta Bianchini, «riflettevo su come avrei potuto riprendere con la cinepresa i visi dei due giovani attori africani nel buio della stiva di un aereo. Così, nel sonno, ho immaginato Yaguine e Fodé: i due ragazzini avevano il sole dentro di loro che li illuminava».
Il testo in italiano della lettera che, nell'agosto del 1999, Yaguine Koita e Fodé Tounkara cercarono di portare a Bruxelles.
"Loro eccellenze i signori membri e responsabili dell'Europa. Abbiamo l'onorevole piacere e la grande fiducia di scrivervi questa lettera per parlarvi dello scopo del nostro viaggio e della sofferenza di noi bambini e giovani dell'Africa. Ma prima di tutto, vi presentiamo i nostri saluti più squisiti, adorabili e rispettosi. A tale fine, siate il nostro sostegno e il nostro aiuto, siatelo per noi in Africa, voi ai quali bisogna chiedere soccorso: ve ne supplichiamo per l'amore del vostro bel continente, per il vostro sentimento verso i vostri popoli, le vostre famiglie e soprattutto per l'amore per i vostri figli che voi amate come la vita. Inoltre per l'amore e la timidezza del nostro creatore "Dio" onnipotente che vi ha dato tutte le buone esperienze, la ricchezza e il potere per costruire e organizzare bene il vostro continente e farlo diventare il più bello e ammirevole tra gli altri.
Signori membri e responsabili dell'Europa, è alla vostra solidarietà e alla vostra gentilezza che noi gridiamo aiuto in Africa. Aiutateci, soffriamo enormemente in Africa, aiutateci, abbiamo dei problemi e i bambini non hanno diritti. Al livello dei problemi, abbiamo: la guerra, la malattia, il cibo, eccetera. Quanto ai diritti dei bambini, in Africa, e soprattutto in Guinea, abbiamo molte scuole ma una grande mancanza di istruzione e d'insegnamento, salvo nelle scuole private dove si può avere una buona istruzione e un buon insegnamento, ma ci vogliono molti soldi, e i nostri genitori sono poveri, in media ci danno da mangiare.
E poi non abbiamo scuole di sport come il calcio, il basket, il tennis, eccetera. Dunque in questo caso noi africani, e soprattutto noi bambini e giovani africani, vi chiediamo di fare una grande organizzazione utile per l'Africa perché progredisca. Dunque se vedete che ci sacrifichiamo e rischiamo la vita, è perché soffriamo troppo in Africa e abbiamo bisogno di voi per lottare contro la povertà e mettere fine alla guerra in Africa. Ciò nonostante noi vogliamo studiare, e noi vi chiediamo di aiutarci a studiare per essere come voi in Africa. Infine: vi supplichiamo di scusarci moltissimo di avere osato scrivervi questa lettera in quanto voi siete degli adulti a cui noi dobbiamo molto rispetto. E non dimenticate che è con voi che noi dobbiamo lamentare la debolezza della nostra forza in Africa. Scritto da due bambini guineani. Yaguine Koita e Fodé Tounkara"
Monsignor Vincenzo Paglia è stato tra i primi sostenitori del progetto di un film sulla storia di Yaguine e Fodé. Il sole dentro sarà uno degli eventi dell'ottava edizione del festival cinematografico Popoli e religioni di Terni, che si svolgerà dal 17 al 25 novembre.
Ecco il messaggio che monsignor Paglia ha scritto per presentare il film.
"Tra i momenti offerti quest'anno dal festival cinematografico “Popoli e Religioni” di Terni, da me ideato nel 2005, ce ne è uno che mi sta particolarmente a cuore: è l’anteprima del film Il sole dentro, che racconta la storia di Yaguine e Fodé, due bambini guineani che nel 1999 si nascosero nel vano carrello di un aereo diretto a Bruxelles con una lettera indirizzata ai governanti d'Europa.
E’ un film che io stesso ho voluto fortemente, perché esprime una di quelle storie emblematiche che sono come un segno dei tempi: se le si colgono possono far cambiare l'orientamento della storia, se le si ignorano la storia continua a scendere in basso. Che due bambini, due ragazzi, scrivano ai signori dell’Europa chiedendo di essere accolti e di apprendere dall’Europa la sapienza per costruire e per rifondare, per vivere il loro Paese, io credo che sia davvero di una straordinaria ricchezza. Non capirlo è davvero drammatico, e anche colpevole.
Per questo io vorrei che questo film lo vedessero in tanti e, soprattutto, che in tanti apprendessero a riconoscere il grande dono che hanno ricevuto coloro che vivono nei Paesi che sono già da tempo sviluppati, e poi a capire che questo sviluppo se non è fatto anche per essere donato agli altri, è uno sviluppo che diventa un inferno anche per chi lo fa. In questo senso Il sole dentro è un film che io mi auguro possa aiutare davvero a capire che oggi nel mondo o conviviamo assieme o periremo tutti allo stesso modo".
Vincenzo Paglia
Arcivescovo emerito di Terni Narni Amelia
Presidente del Pontificio Consiglio per la famiglia
Paolo Bianchini aveva in mente da almeno dieci anni una storia che denunciasse il triste fenomeno del mercasto dei baby-calciatori. «Ho cominciato a pensarci mentre mi trovavo in Congo per girare uno spot. Allora, venni a conoscenza del problema dopo avere saputo che un ragazzino era stato prelevato da una scuola-calcio locale da qualche sedicente procuratore ed era sparito. Così, cominciai a fare ricerche sul fenomeno, attraverso l'Unicef».
La tratta dei piccoli calciatori è un fenomeno molto diffuso: sedicenti procuratori europei arrivano nei Paesi più poveri, soprattutto in Africa, blandiscono le famiglie dei ragazzini che giocano a calcio a fronte di un po' di denaro e della promessa che questi bambini diventeranno in qualche Paese europeo dei calciatori professionisti. Li portano qua e poi, se si accorgono che un ragazzino in realtà non ha un talento spiccato, oppure deve smettere di giocare per un infortunio, lo abbandonano di punto di in bianco, lasciandolo per la strada, senza soldi, senza punti di riferimento, senza la sua famiglia, dalla quale probilmente non riuscirà a tornare perché non conosce il nome esatto del villaggio da cui proviene.
«Il sole dentro non esagera, fotografa la situazione reale», commenta Barbara Benedetti, segretaria nazionale del settore giovanile e scolastico della Figc (Federazione italiana giuoco calcio). Il fenomeno è molto diffuso anche in Italia, ed è difficile monitorarlo. Negli ultimi anni le cose sono migliorate grazie alla regolamentazione che pone dei paletti: adesso i trasferimenti internazionali dei calciatori sono possibili solo al compimento dei 18 anni. Ma il problema rimane vasto e radicato. L'età, poi dei ragazzini si è abbassata: come spiega la Benedetti, oggi ci si trova di fronte a casi di baby-calciatori anche di appena 7 anni. E poi, non solo provenienti dall'Africa. La tratta, infatti, avviene anche fra una regione italiana e l'altra.
Il traffico dei bambini calciatori pone un serissimo problema socio-educativo: una volta trasferiti, infatti, bisogna capire se questi ragazzini vanno a scuola, se sono seguiti, accuditi, controllati. «Il pallone, di per sé, è uno sport altamente educativo», aggiunge la Bendetti. «Ma cosa ne sarà di un bambino illuso, sfruttato poi abbandonato? Probabilmente diventerà uno sportivo fallito, emarginato, violento e pieno di rancore».