L’attrice Sonia Bergamasco torna sempre volentieri ad esibirsi a Milano, sua città natale in cui si è diplomata al Conservatorio in pianoforte e alla Scuola del Piccolo Teatro ; da vent’anni vive a Roma, con il marito, l’attore Fabrizio Gifuni, e le loro due figlie, Valeria e Maria.
Da tempo si dedica, oltre che al cinema e alle fiction - tra cui Il commissario Montalbano –, alla regia e all’interpretazione di spettacoli teatrali incentrati sulla condizione femminile con le messinscene di Karénina , tratto dal celebre romanzo di Tolstoj, Il ballo di Irène Némirovsky, Il Trentesimo Anno di Ingeborg Bachmann. Dopo aver diretto Federica Fracassi ed Isabella Ragonese, in Louise e Renée tratto da Balzac, debutta ora come regista e interprete di L’uomo seme , una toccante storia sull’autodeterminazione delle donne.
Mentre sta terminando l’allestimento milanese di L’uomo seme , prodotto dal Teatro Franco Parenti di Milano, ma in scena in Triennale-Teatro dell’Arte, Sonia Bergamasco racconta: «Invito tutti a leggere questo piccolo libro di Violette Ailhaud che mi ha subito conquistato perché è sorprendente ed eversivo e propone una storia di donne. In un piccolo villaggio della Provenza, in seguito all’insurrezione repubblicana del 1851 contro la decisione di Luigi Napoleone Bonaparte di abolire la Costituzione, vengono uccisi tutti gli uomini.
La vicenda viene raccontata come in un memoriale da una delle protagoniste, così da sembrare vera, senza chiarire se lo sia o meno. Le donne prendono sulle loro spalle il lavoro dei campi e, nella desolazione e nella solitudine, stringono un patto fra loro per salvaguardare la possibilità di avere figli: il primo uomo che arriverà in paese diverrà l’uomo di tutte con cui procreare. La storia mi ha colpito perché è raccontata con parole semplici e forti e ho subito pensato di portarla in teatro, poiché in Italia è stata pubblicata - grazie ad Andrea Bergamini e alla casa editrice PlayGround -, ma non è mai stata rappresentata, mentre in Francia ha già diverse messinscene e ne è stato tratto anche un film.
Ho così coinvolto un quartetto vocale che ammiro, le Faraualla , grandi musiciste che spaziano dal pop alla ricerca etnica ed eseguono un repertorio di polifonie vocali a cappella; loro recitano per la prima volta, creando una storia in musica, esprimendo la lingua della comunità, della preghiera, del conforto, del lavoro.
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Una performance delle Faraulla, il quartetto vocale pugliese coinvolto da Sonia Bergamini nel progetto.
Come regista, la musica, che fa parte della mia formazione artistica, è divenuta parte integrante del racconto , così anche per la parte dell’ “uomo seme” ho scelto un percussionista, che conosco da tempo, Rodolfo Rossi : interpreta un maniscalco, facendo azioni che riproducono le suggestioni ritmiche del lavoro che svolge. Inoltre, la scenografia propone un unico elemento centrale, un grande albero, una scultura scenica, cava e animata da noi donne che vi dormiamo sopra e dentro e muoviamo i rami. L’albero diviene così l’anima del villaggio e indica come, grazie all’energia creativa dello spirito femminile, venga ristabilito il ciclo naturale, interrotto dalla guerra.»
Per una attrice non è facile trovare ruoli femminili adatti e poter scegliere quali spettacoli interpretare e dirigere, ma Sonia Bergamasco si è costruita, con serietà e professionalità, un solido percorso artistico - ha lavorato in teatro con registi come Giorgio Strehler, Carmelo Bene, Theodoros Terzopoulos, Massimo Castri e al cinema è stata diretta, tra gli altri da Marco Tullio Giordana, Giuseppe e Bernardo Bertolucci, Giuseppe Piccioni - suscitando la stima degli addetti ai lavori e la costante approvazione del pubblico. «Da qualche anno sono attratta dallo sguardo registico – prosegue - , non dalla regia pura, ma dal progettare un racconto per il teatro nella sua organicità, partendo da una drammaturgia che mi appassiona per poi ripensarla insieme a tutti quelli che comporranno la storia con me: in L’uomo seme per la prima volta dirigo altri, infatti prima ho firmato regie per me in scena da sola.
Dirigere per una donna è una esperienza faticosa, ma devo molto alla fiducia che mi ha accordato Andrée Ruth Shammah, anche lei regista che da anni mi chiama a collaborare con il Franco Parenti di Milano per dare vita a progetti che mi interessano. L’anno scorso al Piccolo Teatro ho curato solo la regia di Louise e Renée , e non ho recitato, così quando, alla fine delle prove, ho lasciato, come è naturale, lo spettacolo in mano alle mie attrici, Federica Fracassi e Isabella Ragonese, ho sofferto e mi sono sentita mancare!»
E come si concilia la famiglia con il lavoro di attrice e regista?
«Valeria e Maria, le nostre figlie, sono la nostra gioia: la minore ha dodici anni ed è molto attratta dallo spettacolo, suona il violoncello; invece la maggiore, Valeria, che frequenta il liceo, guarda altrove ed è giusto; le mie figlie seguiranno i loro desideri. Non è facile conciliare lavoro e famiglia, la vita è complicata come per molti altri, non credo di fare nulla di più difficile di quello che fanno molte donne. Io e mio marito abbiamo fatto un patto: quando lavoriamo, uno di noi cerca di restare sempre a Roma con le ragazze, ma ora, solo per qualche giorno, lo abbiamo infranto. Infatti mentre io sono alla Triennale, Fabrizio debutterà il 23 gennaio in Freud o l'interpretazione dei sogni di Stefano Massini, la nuova produzione del Piccolo Teatro di Milano, diretta da Federico Tiezzi, ma io tra pochi giorni torno a casa da loro.»