Sonia Bergamasco entra
nel caffè milanese dove ci
siamo dati appuntamento,
proprio davanti al Teatro
alla Scala. «Perché ho
scelto questo posto? Perché
il mio residence è qui
vicino. E poi perché è a due
passi dalla metro che prenderò stasera
per andare a teatro a recitare». Passa
una donna che la riconosce: «L’ho vista
qualche giorno fa al Teatro Parenti
e volevo dirle che è bravissima». Confermiamo.
Nello spettacolo tratto da Il
ballo di Irène Némirovsky, sola sul palcoscenico
dà corpo e voce a cinque personaggi,
sempre con grande intensità.
Ma il bello è che è stata altrettanto
brava anche nella parte della dottoressa
Sironi, l’implacabile funzionaria del
ministero del Lavoro che in Quo vado?
arriva a spedire Checco Zalone perfino
al Polo Nord pur di convincerlo a mollare
il suo preziosissimo posto fisso. E
scommettiamo che lo sarà anche
nei panni di Livia, l’eterna fidanzata
del commissario Montalbano nei due
nuovi episodi della saga tratta dai libri
di Andrea Camilleri, in onda su Rai 1
dal 29 febbraio.
Un personaggio che, specie nelle
ultime puntate, per usare il vocabolario
dello scrittore, non è stata certo
una «fimmina che ti fa arrimiscolìare
il sangue», ma appariva distaccata, per
non dire francamente antipatica, tanto
che i rapporti con il commissario si
riducevano sempre più a fredde telefonate
sulla linea Genova-Vigàta. La
nuova Livia invece «cercherà di riaccendere
la fiammella» con il suo Salvo.
Era già una fan di Montalbano?
«Conosco bene l’opera di Camilleri
anche perché, ancor prima di essere
uno scrittore, è stato un uomo di teatro.
E questo si avverte tantissimo nella
sua scrittura, nel modo con cui delinea
gli ambienti e i personaggi».
C’è un luogo del set che l’ha colpita
in modo particolare?
«Il Ragusano è una parte della Sicilia
incantevole che non conoscevo.
Purtroppo ho girato in prevalenza nella
casa di Montalbano e quindi non ho
avuto modo di conoscerla bene, cosa
che mi riprometto di fare ad aprile
quando tornerò per girare altri episodi.
Però ho già avuto modo di capire
perché il commissario ami così
tanto andare al ristorante: si mangia
davvero magnicamente. Spero di tornare
anche con la mia famiglia».
Ha due figlie, Valeria e Maria, di 12
e 10 anni. Hanno visto Quo vado?
«Certo, con me, e si sono divertite
moltissimo, come con gli altri film di
Checco. E poi loro sono delle nostre
grandi sostenitrici».
Quando dice “nostre” si riferisce a
lei e a suo marito Fabrizio Gifuni. Vi è
mai capitato di recitare in una stessa
città in due teatri diversi?
«Solo una volta, l’anno scorso qui a
Milano. Io facevo Il ballo e lui era al Piccolo
con Lehman Trilogy. È stato strano
ritrovarsi dopo. E anche romantico».
Come possiamo definirla nel suo
lavoro, perfezionista?
«Certo. Non è mica un insulto».
È diplomata in pianoforte. Quali
sono i suoi compositori prediletti?
«Bach, Schubert e Ligeti».
Sono molto diversi tra loro. Le
piace spaziare, come nel suo lavoro di
attrice...
«Sì, non sono ossessiva. Però non
mi interessa l’eclettismo fine a sé stesso,
né il virtuosismo. Mi piace mettermi
alla prova perché la vita è complicata
ed è bello cercare di raccontarla in
questa complessità».
Suona ancora?
«Appena posso. E da circa un anno
ho iniziato a studiare violoncello».
Ha anche pubblicato un libro di
poesie, Il quaderno. Può parlarcene?
«Non c’è un racconto. È una pulsazione
interna, uno zampillare che ha a
che fare con una parte molto profonda
di me. Almeno lo spero... (ride, ndr)».
E la lettura?
«Sono una grandissima lettrice da
sempre: è una passione che mi rende
felice. Leggere per me è anche un modo
per stare nel mondo, per stare in ascolto.
È una passione che cerco di trasmettere
anche alle mie figlie».
Seguono i suoi consigli o tendono
a scegliere i libri da leggere da sole?
«Prima di tutto è la scuola a indirizzarle.
Poi hanno un loro percorso e a
volte sono io che scopro bei libri grazie
a loro. Oggi ci sono libri per ragazzi bellissimi,
con illustrazioni magnifiche».
I classici con cui i ragazzi delle
passate generazioni sono cresciuti, da
Robinson Crusoe a Piccole donne, appaiono
loro superati?
«Assolutamente no. Mia figlia
ques’estate ha letto Pattini d’argento.
Senza piangere, però, come facevo io».
Com’è stata la sua infanzia?
«Complicata. Mi sentivo a disagio,
non sapevo da che parte cominciare,
non trovavo una mia strada. Così mi
sono data da fare, con un forte senso
di inadeguatezza ma con la fiducia che
prima o poi l’avrei trovata. Così è stato
quando, attraverso la musica, sono approdata
al mestiere dell’attrice».
Ha appena compiuto 50 anni.
Come li ha festeggiati?
«Con una bella cena con gli amici».
Per molti sono un compleanno
come un altro. E per lei?
«Per me no. Arrivarci mi è costato
fatica, perché non sono “nel mezzo del
cammin di nostra vita”, come diceva
Dante: sono molto di più. C’è tanta vita
dietro, ma ora sento di averne ancora
tanta davanti. E piena. E questo mi rende
molto positiva».