Padre Georg Sporschill . Foto Reuters. In alto e in copertina: papa Framncesco a pranzo con i più bisognosi a Bologna, il primo ottobre 2017. Foto Ansa.
Ovidiu ha quattordici anni, è rom e appartiene alla famiglia più povera del villaggio di Hosman, in Transilvania. La scuola non l’ha mai conosciuta. Ha imparato a leggere e scrivere da poche settimane: la sua scuola è stata la Bibbia, che leggeva con padre Georg Sporschill all’associazione Elijah. «Ogni giorno Ovidiu scrive un pensiero sul Vangelo. La parola di Dio l’ha salvato. La parola si è fatta carne», dice padre Georg, sacerdote gesuita da oltre trent’anni impegnato in Romania con i più poveri, prima con i bambini di strada di Bucarest e, dal 2012, con i rom stanziali in alcuni villaggi intorno a Sibiu. Florin, invece, chiama Gesù il suo “assistente sociale”. «Sette anni fa Ruth mi ha invitato a dare una mano in associazione. Per me è stata la voce stessa di Gesù. All’epoca non sapevo né leggere né scrivere, solo cominciando ad affrontare il Vangelo ho imparato. La parola ci aiuta sempre, per questo dobbiamo comunicarla a tutti. Il pubblicano era ricco e cattivo, ma Gesù andò da lui e così sono diventati amici. Ero povero e imparavo solo cose brutte per strada, ora sono io che vado dai poveri con Gesù. I bambini amano Gesù, e questo mi rende felice».
Padre Georg Sporschill e Ruth Zenkert, il suo braccio destro, sono due missionari che hanno dedicato la loro vita ai più poveri. Vienna, Bucarest, Sibiu: in ogni luogo i semi gettati dai missionari hanno germogliato e continuano a fiorire e fruttificare. Sono nate a Vienna piante rigogliose come Canisibus, un minibus che ogni notte sostiene i senzatetto nelle principali stazioni ferroviarie; il ristorante Inigo, per avviare al lavoro disoccupati, tossicodipendenti, ex carcerati; Concordia a Bucarest, che si occupa dei “bambini delle fogne”. «Arriva però un momento in cui i figli bisogna lasciarli volare via e camminare con le proprie gambe», mi dice sorridendo padre Georg. «Adesso ho un’altra figlia, l’associazione Elijah, che si prende cura dei rom in Transilvania». A Hosman, e in altri villaggi rumeni, Sporschill e i suoi collaboratori hanno creato comunità sociali di sostegno: i rom, i più emarginati tra gli emarginati, vivono senza istruzione, senza lavoro, in uno stato di abbandono fisico e morale. La giornata per tutti loro inizia sempre con una preghiera comune. «Al centro c’è il Vangelo», spiega, «che ogni settimana viene letto da un giovane. I ragazzi sono orgogliosi di questo compito e passano molto tempo a prepararsi per rispondere a questa domanda: “Oggi cosa vuole dirci Gesù?”. Rimango sempre stupito dal “sermone” che tengono questi giovanissimi. Attraverso la loro parola Gesù ci parla nella vita quotidiana, ci dà coraggio, ci aiuta a vincere le nostre debolezze. Mi desta meraviglia sentire che i nostri ragazzi pregano e si preoccupano per i loro genitori, che li hanno spesso picchiati e abbandonati».
Stupore e sorpresa sono le due parole che ricorrono più volte nelle frasi del sacerdote gesuita: «Ogni giorno dalla mia porta entrano tante sorprese. Sono proprio i più poveri ed emarginati che mi regalano la relazione con Dio, sono loro il cuore del Vangelo. La Bibbia e l’esperienza quotidiana sono un mix esplosivo. Sperimento ogni giorno guarigioni, liti, perdoni, miracoli e fallimenti, la fatica e la gioia della ricerca di collaboratori. Tutto ciò mi ha aperto gli occhi sulla Bibbia, che mi insegna a vedere, mi dona lo stupore di fronte al mistero, spesso mi libera dalla paura e mi ricorda, anche nei momenti duri, che Dio è misericordioso. È nata una comunità con tanti amici che sostengono il nostro lavoro e si sentono chiamati in causa, uniti, ogni settimana, dalle parole bibliche». Parole che arrivano attraverso newsletter e raccontano reali episodi di vita quotidiana riletti alla luce della Bibbia. Sono le “Biblische mail”, che portano per mano nelle periferie di padre Georg, chiedono in chi legge un cambio di prospettiva e invitano a scrivere il Quinto vangelo, quello della nostra vita.
Le possiamo ora ritrovare nel libro, da poco pubblicato, Bi@mail. Messaggi dalle periferie del mondo. Una Bibbia per audaci, scritto da Georg Sporschill e Ruth Zenkert, tradotto in italiano da Monia Pinzaglia e Stefano Stimamiglio. In Romania i rom sono talora chiamati “corvi” per via del colore scuro della pelle e perché si nutrono di quello che trovano. «Nella Bibbia», ricorda Georg Sporschill, «i corvi sono al servizio di Dio. Sono loro che salvano la vita del profeta Elia in fuga, portandogli da mangiare e da bere e punzecchiandolo affinché si muova. “Prendi il largo!” (Luca, 5,4), mi ricordava il cardinale Martini, citando le parole di Gesù a Simone. Vai oltre te stesso, non fermarti, vai a incontrare il Vangelo. L’ho inciso nel mio cuore. I poveri ci cambiano, ci rendono più umani e fanno il nostro cuore più grande. Perché papa Francesco invita i senzatetto alla sua tavola il giorno del suo compleanno? Il Papa ha chiesto loro di pregare per lui. I poveri lo aiutano, gli danno forza e umanità. La domanda che dobbiamo farci dovrebbe essere: chi invitiamo a cena?». Per padre Georg resta fondamentale l’ascolto: non dobbiamo parlare “dei” poveri ma “con” i poveri, cioè avvicinarci, prestare orecchio, accoglierli nelle nostre vite. Perché il povero è anche chi ha paura, chi è stressato, chi fallisce nella propria vita: ognuno di noi è stato “povero”. Ed è un’arte quella di capire quando le persone hanno delle povertà e ascoltare ciò che hanno da dirci. «Tale arte, quando ricchi e poveri si incontrano, è fondata più sull’apprendimento reciproco che sulle soluzioni. Solo lo scambio di doni da entrambe le parti può essere utile. Non siamo tutti allo stesso tempo poveri e ricchi?».