L’11 maggio 1946 Arturo Toscanini inaugurò il Teatro alla Scala, riscostruito dopo la devastazione subita durante la guerra, con un concerto sinfonico rimasto storico. Dopo 75 anni sono davvero pochi i testimoni ancora vivi di quella serata: come Franco Fantini, allora violino di fila dell’orchestra (la figlia Silvana ne ha raccolto la testimonianza nel libro Una vita in Scala), o Liliana Segre (presente fra il pubblico, allora come oggi).
Il 75° anniversario della “riapertura” della Scala è coinciso quest’anno con un’altra “riapertura”: quella che ha riportato il pubblico in sala, dopo lunghi mesi di concerti e opere solo televisivi o online, fatta salva una breve parentesi lo scorso autunno. È successo il 10 di maggio, con il direttore musicale Riccardo Chailly alla testa di Orchestra e Coro scaligeri (entrambi in stato di grazia, come già evidenziato dalle esibizioni in streaming e in tv dell’inverno). Mentre l’11, data del 75° vero e proprio, Riccardo Muti è ritornato a Milano alla testa dei Wiener Philarmoniker. Anche se Guerra e Covid non sono paragonabili (fra l’altro la Scala del dopo-bombardamento proseguì le sue stagioni in altre sedi), per il pubblico e per gli scaligeri il ritrovarsi insieme ha rappresentato un momento di commozione e gioia. Riccardo Chailly, i complessi di casa, Riccardo Muti e la leggendaria orchestra di Vienna sono stati salutati dai palchi e dal loggione da chi, dopo la lunga astinenza della musica dal vivo, ha esaurito i biglietti disponibili (500 in tutto) in pochi istanti. Con la speranza che varcare il foyer scaligero potesse significare un nuovo passo verso la fine dell’incubo.
Riccardo Muti è legato alla Scala da un lungo rapporto di amore e contrasti (è stato direttore musicale per 19 anni, poi interrotti in modo traumatico): il suo rapporto con i Wiener invece (che non hanno mai avuto un direttore unico e stabile) è sempre stato idilliaco. Tutto ciò ha reso il concerto, come attendibile, un evento di non comune bellezza: anche perché le musiche di Mendelssohn, Schumann e Brahms, risuonando in platea e non sul palco, hanno permesso al pubblico di godere di sonorità che mai si erano sentite in teatro prima del Covid: alla fine direttore e orchestra hanno regalato al pubblico un Valzer dell’Imperatore di Johann Strauss “come non lo sentite mentre gustate le lenticchie di capodanno: cioè un filo malinconico, perché è una pagina che chiude un’epoca”, ha detto il maestro. Ricordando che la musica si fa in presenza “perché noi suoniamo per voi e non per noi stessi”.
Un terzo concerto con pubblico lunedì 17 avrà per protagonista Daniel Harding.
Il concerto di Chailly è disponibile su RaiPlay. Quello di Muti verrà trasmesso in luglio: in entrambi i casi, musicalmente parlando, sono imperdibili occasioni d’ascolto.