Il Presidente del Senato Piero Grasso e la parlamentare Milena Santerini con una delegazione di giovani styranieri di "seconda generazione, a cui è negata la cittadinanza italiana per l'iniquità della legge attuale.
«Se dipendesse da me, la riforma della cittadinanza sarebbe già approvata». Così il presidente del Senato Pietro Grasso si è espresso il 6 febbraio ricevendo una delegazione di figli d’immigrati accompagnata dai deputati Milena Santerini (Democrazia solidale-CD) e Khalid Chaouki (Pd).
Eppure la riforma della cittadinanza, approvata il 13 ottobre 2015 dalla Camera dei Deputati a larga maggioranza (310 sì, 66 no e 83 astenuti), è parcheggiata al Senato da ben sedici mesi.
Sotto la scure di oltre 7mila emendamenti presentati dalla Lega Nord, il testo è chiuso nei cassetti della Commissione Affari Costituzionali, ancora senza presidente dopo che Anna Finocchiaro è diventata ministro (i continui rinvii sono legati anche al mancato accordo sulla legge elettorale…). Intanto chi nasce in Italia da genitori stranieri resta “straniero a casa sua” fino alla maggiore età. E non sempre, anche allo spegnimento delle 18 candeline, ottiene di essere riconosciuto italiano.
Con il 2017 è ripresa la mobilitazione dell’associazionismo: martedì 21 febbraio, la campagna “L’Italia sono anch’io” e #ItalianiSenzaCittadinanza scendono in piazza con un flash mob per chiedere una rapida calendarizzazione della discussione a Palazzo Madama; nei giorni del Festival di Sanremo, sempre #ItalianiSenzaCittadinanza, il movimento nato lo scorso anno via Facebook, ha diffuso in Rete diversi video di figli di immigrati che cantavano “L’italiano” di Toto Cutugno. Da tutta Italia, chi intonato e chi meno, in tanti hanno ricordato lo stallo della riforma sulle note di «Sono un italiano, un italiano vero». Anche il cantante Ermal Meta, reduce dal successo a Sanremo, nato in Albania ma cresciuto in Italia, ha dichiarato: «Sarebbe ora».
«Ho deciso di fare il video», ha scritto Mohamed Rmaily su Facebook pubblicando la canzone, «con la maglietta della Fir (Federazione italiana rugby). E con le medaglie vinte quando giocavo a rugby con la mia squadra, che mi ricordano l’amarezza passata nel non poter partecipare alle selezioni nazionali giovanili. Tra le tante discriminazioni che subiamo come “italiani senza cittadinanza” c’è anche l’impossibilità di poter giocare con le nazionali italiane e poter manifestare i nostri sogni sportivi per la mancanza del passaporto del Paese dove siamo nati e cresciuti. Ora, io questo treno non lo potrò più prendere (si dice che “i treni passano una sola volta nella vita”), ma non neghiamo ai sogni di tanti bambini e bambine di poter volare in alto e rappresentare il nostro tricolore nel mondo».
Detto con un hastag: #Senatorispondi!, che è quello che chiede anche l’appello al Senato promosso dai deputati Khalid Chaouki (lui stesso una seconda generazione) e Milena Santerini, che ha visto l’adesione di 40 parlamentari di diversi schieramenti e oltre 30 associazioni impegnate per l’integrazione. C’è il portavoce dell’Unicef, il mondo cattolico (Comunità di Sant’Egidio, il Centro Astalli, i Focolari, la Casa della Carità, Pax Christi), ma soprattutto le realtà delle seconde generazioni, come l’Anolf Cisl, Associna, Lotus Club, Pontes, Genti di Pace, i Giovani musulmani d’Italia.
Spiega Milena Santerini: «La cittadinanza ai nuovi italiani non è più rinviabile, da anni gode di un consenso profondo nella società: per l’Istat oltre il 70% degli italiani è favorevole alla riforma sin dal 2012». Infatti è da più di 10 anni che alla Camera ci sono proposte di riforma della legge attuale, che è del 1992 ma basata sull’impianto di quella del 1912, quando in Italia c’era il re, l’anno successivo emigravano 870mila connazionali e il dubbio era se concedere la cittadinanza ai nati in Tripolitania e non a giovani come Mohamed Rmaily. «La proposta ora all’esame del Senato», continua Santerini, «è un compromesso tra le posizioni più avanzate e quelle più prudenti, ma ha il merito di superare finalmente l’idea che si possa essere italiani solo per sangue (ius sanguinis)». In particolare il testo approvato da Montecitorio cambia le norme relative ai bambini nati o cresciuti in Italia, figli di genitori regolarmente residenti.
Tre sono i punti principali del nuovo testo. Lo “ius soli temperato”: la cittadinanza ai bambini nati in Italia con un genitore in possesso del permesso di soggiorno di lungo periodo. Il cosiddetto “ius culturae”: la cittadinanza ai ragazzi arrivati nel territorio nazionale entro i 12 anni, che abbiano concluso le elementari o 5 anni di scuola. Infine il valore retroattivo della legge: si applica alle seconde generazioni adulte, ancora non italiane, che rientrino in uno dei due punti precedenti. Il provvedimento non riguarderà tutti i figli degli immigrati, poiché il permesso di lungo periodo, di cui deve essere in possesso almeno uno dei genitori, si può ottenere dopo cinque anni di residenza in Italia e un determinato reddito (per un adulto con coniuge e due figli a carico almeno 14mila euro lordi l’anno).
Eppure, se #Senatorispondi! diventasse realtà, saremmo di fronte a una svolta importante: le nuove norme riguarderebbero quasi 700mila ragazzi sul milione di “italiani senza cittadinanza”.