Sono una catechista e vorrei porre un quesito che, in comune con le altre colleghe, crea difficoltà, stante il numero sempre crescente di ragazzi che frequentano il catechismo e fanno parte di famiglie cosiddette allargate.
Nelle pagine del Vangelo, o semplicemente parlando dei comandamenti, si incontra la definizione esplicita di adulterio o sottesa al nono comandamento. Diventa difficile parlare con loro del significato senza essere troppo superficiali, per non toccare corde personali; non vorremmo che pensassero che indichiamo come peccatori i loro genitori che hanno lasciato un legame sentimentale per crearne un altro.
Al giorno d’oggi i ragazzi vanno molto più a fondo di quanto possiamo fare noi in un discorso basato su principi di fede.
MARGHERITA
Risposta di Mariateresa Zattoni
– Gentile catechista, la sua domanda sul come parlare dell’adulterio ai ragazzi del catechismo è molto seria! E, appunto, molto attuale... Bisognerebbe chiarire ai ragazzi che il tradimento (qualora ci sia) è appunto coniugale: cioè non riguarda l’esercizio della maternità o della paternità.
Ma non tutte le separazioni coniugali si basano su tradimenti: talvolta la coppia coniugale non regge alle difficoltà oggettive della relazione, cioè del vivere insieme con il carico di delusione e di dolore che esso comporta.
E quindi si può arrivare alla separazione che non può (non deve!) toccare l’esercizio della paternità e della maternità. Questi sono i punti da chiarire, perché spesso gli adulti confondono separazione coniugale con separazione genitoriale (che non deve esistere!).
Aggiungo che spesso le coppie arrivano al matrimonio/ convivenza non abbastanza preparate. Nei prossimi numeri della mia rubrica su Famiglia Cristiana, intendo approfondire il tema, perché mi sono arrivate numerose altre lettere inerenti la separazione.