Come in un incubo, come in un film. Ma reale. Alla base di Sorelle per sempre, c’è una storia accaduta davvero, cominciata all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo (Trapani) la notte di Capodanno del 1998, quando due bimbe, passate solo più tardi loro malgrado alla cronaca con i nomi fittizi per proteggerle, sono nate a 15 minuti di distanza. Uno scambio di tutine nella nursery avrebbe causato l’incidente emerso solo poco meno di tre anni dopo, nell’autunno del 2000 in una maniera del tutto fortuita.
È il momento in cui le due bimbe cresciute serenamente l’una nella famiglia di un pescatore l’altra di un muratore, che non si conoscono, cominciano la scuola materna nella cittadina siciliana in provincia di Trapani. Uno dei primi giorni la mamma di Melissa va a prendere la bambina a scuola. La maestra che vede la madre per la prima volta e che ancora forse deve memorizzare nomi e cognomi di tutti i piccoli appena iscritti, accompagna dalla madre un’altra bambina della scuola, Caterina. Si è sbagliata, condizionata dalla stupefacente somiglianza tra la signora che si è presentata e la piccola: «Mi scusi, siete due gocce d’acqua, mi pareva impossibile che non fosse lei la sua bambina». È un episodio in apparenza insignificante, ma turba la mamma, che comincia a pensare a una vecchia storia di scambio in culla di cui aveva sentito parlare. In famiglia gli adulti si interrogano e decidono di togliersi il dubbio, facendo le analisi che certificano la genitorialità biologica. Scoprono con sconcerto che la bimba che avevano cresciuto e amato fino a quel momento, figlia loro per l’anagrafe, per l’affetto, per tutto quello che c’è di condiviso tra genitori e figli, non è loro nel patrimonio genetico.
Un trauma, enorme per tutti. A quel punto verificano che in quella stessa notte di Capodanno a breve distanza nello stesso ospedale è nata un’altra piccola. Ne contattano la famiglia e condividono la loro inquietante scoperta e con essa il dubbio che sia quella la famiglia che si trova ignara nella stessa situazione e che sta crescendo la loro figlia naturale. Nel giro di dieci giorni le analisi ripetono la risposta e il dramma nell’altra famiglia. La prova del Dna incrociata conferma: le due bambine sono state scambiate, in ospedale, alla nascita. Un errore tragico, al di là delle responsabilità penali, con conseguenze psicologiche e civili potenzialmente devastanti: si tratta di accettare che quella che hai fin lì creduto figlia, come figlia amata e cresciuta, in realtà fa parte di un’altra famiglia e che, intanto, tua figlia naturale sta crescendo sconosciuta in una famiglia estranea. Un tribunale deciderà qual è la strada giusta nel migliore interesse del minore, come si dice per la legge, ma è subito chiaro, almeno intuitivamente, a tutti, che la via legale non può contemplare niente di troppo diverso dal passaggio delle due bambine alle rispettive famiglie naturali. Ma di naturale in questa vicenda non è rimasto niente, tutto è contro natura: lo è pensare di lasciare una figlia crescere altrove, lo è pensare di “restituire” quella che fin lì hai creduto la tua bambina, come tale amata, educata, che ha costruito con te un naturalissimo legame affettivo. Un dramma in ogni caso, per le bimbe prima di tutto: come spieghi a una bimba di tre anni che deve lasciare la “sua” famiglia per andare in un’altra casa che non sa essere “sua”? Come accetti emotivamente che possa accadere e insieme come ricostruisci il rapporto con l’altra bimba, tua secondo natura, che però non conosci, educata da altri, come ne conquisti la fiducia, sapendo che porta il trauma del tuo stesso strappo a rovescio?
Le due famiglie si rivolgono a un avvocato, per rivalersi nei riguardi dell’ospedale e cercare un risarcimento dell’enorme danno subito dalle due famiglie e che coinvolge non solo bimbe e genitori, ma anche nonni, zii, tutta una sfera di affetti che in tre anni hanno avuto tutto il tempo di consolidarsi. Fortunatamente l’avvocato, Nicola Sammaritano – nomen omen direbbe qualcuno - ha tatto e conoscenze psicologiche, ce ne vogliono di robuste in un intrico emotivo così. Sono le famiglie per prime, con l’intelligenza emotiva suggerita dall’istinto di proteggere le loro bambine, a intuire che devono da subito conoscersi e frequentarsi il più possibile per non perdere il legame genitori-figlia che hanno instaurato ignare e insieme per instaurarne un altro rispettivamente con l’altra bambina. Il Tribunale e gli psicologi che li assistono del resto prescrivono esattamente quello, fare in modo che tra le famiglie, tra le piccole, le madri, i padri, le sorelline, si instauri una relazione che renda il meno traumatico possibile uno scambio che comunque traumatico sarà. Una frequentazione reciproca di quattro mesi preparerà il terreno al passaggio, che in effetti avviene nel gennaio 2001. Ma nelle decisioni dei giudici lungimiranti c’è anche l’idea che le due bambine debbano crescere il più possibile insieme anche dopo, come se fossero sorelle, perché il nodo avviluppato di relazioni che si è creato è ormai consolidato e ogni altra decisione che comporti un “ognuno a casa sua”, quando nessuno più capisce quale sia casa sua e che cosa voglia dire, sarebbe una lacerazione intollerabile.
Le due famiglie Alagna e Foderà diventano il più possibile una famiglia allargata con due “gemelle” diverse al centro. Ma non è semplice come dirlo, nei primi anni ci sono stati alti e bassi, spinte e controspinte, perché se non è facile per le bimbe neppure per le madri lo è. Tanto più che in una casa ci sono altre due figlie e nell’altra, invece, la bimba scambiata all’inizio è unica, anche se poco dopo avrà una sorellina. Ci vuole tempo, fatica e sofferenza, ma anche tanta sensibilità e intelligenza emotiva che per come andata a finire di sicuro in questa vicenda gli adulti hanno avuto. Oggi Melissa Foderà e Caterina Alagna, che da maggiorenni possono rivelarsi alla cronaca con il nome vero, sono arrivate all’università a Chieti, sede scelta perché un’altra delle loro sorelle vi si era trovata bene. Sono state sempre a scuola insieme, negli anni universitari hanno messo casa insieme. La storia fu narrata per la prima volta da Panorama nel 2007. Solo ora che sono cresciute e la loro storia in “Sorelle per sempre” è diventata un libro in uscita e un film (nella foto le piccole attrici protagoniste) si sono mostrate e hanno rivelato che anche se per l’anagrafe si sono dovute scambiare anche i nomi, a casa loro sono state sempre chiamate e tra di loro si chiamano con il nome al quale si sono abituate a rispondere nei loro primi tre anni di vita, di cui ricordano molto meno di quanto ricordino gli adulti. Alla fine un risarcimento dall'ospedale è stato ottenuto, ma non ha potuto riavvolgere il nastro. Se è vero, come dicono le due ragazze, che sono state sempre legatissime come gemelle, lo devono alla sensibilità dei loro quattro genitori, che insieme hanno saputo mettere il delicato equilibrio delle loro figlie "in comune" malgrado tutto al primo posto.