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domenica 13 ottobre 2024
 
 

Spadafora, dalla parte dei ragazzi

07/01/2012  Già presidente del Comitato italiano per l'Unicef, Spadafora è il primo Garante per l'infanzia del nostro Paese. Un'Authority che in molti altri Paesi esiste già e che...

Per la prima volta l’Italia ha un Garante nazionale dell’infanzia. Quando, poche settimane fa, il presidente dellaCamera, Gianfranco Fini, e quellodel Senato, Renato Schifani, hanno dovuto dare un nome e un volto al Garante la scelta di Vincenzo Spadafora è stata naturale.

     Spadafora,37 anni, campano di Afragola, un comune a Nord di Napoli, dal 2008 è stato presidente del Comitato italiano per l’Unicef, dove ha cominciato a impegnarsi come volontario fin da ragazzino. È stato il più giovane presidente nella storia dell’Unicef, sia in Italia che nel mondo (fra l’altro ha ideato Younicef, il movimento dei giovani volontari italiani dell’Unicef). Insomma, Spadafora è da anni uno che sta dalla parte dei bambini.

     Il Garante dell’infanzia esiste già in molti Stati europei e in otto Regioni italiane (Calabria, Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Marche, Molise, Puglia,Veneto), alle quali va aggiunta la Provincia autonoma di Bolzano. Nel nostro Paese il Parlamento l’ha istituito nel luglio del 2011, a novembre è arrivata la nomina dei presidenti delle Camere, ma nei giorni in cui il Governo Monti ha varato la manovra economica c’è stato un piccolo “giallo”. In una prima bozza di provvedimenti uscita dal ministero dell’Economia pareva che la figura del Garante, insieme ad altre authority, fosse stata soppressa per esigenze di risparmio. Ma poi il pericolo è stato scampato.

     «Ho avuto subito rassicurazioni dal presidente del Consiglio Monti, il quale si è dimostrato molto attento ai problemi dell’infanzia. Inoltre sopprimere il Garante sarebbe stato davvero irrispettoso nei confronti di una decisione bipartisan del Parlamento», osserva Spadafora.

– Qual è il ruolo preciso e quali sono i compiti del Garante per l’infanzia?

     «Il Garante è un’autorità indipendente e lavora in grande autonomia nell’esclusivo interesse dei bambini. Devo rispondere al Parlamento ed entro l’aprile di ogni anno devo presentare una relazione sull’attività svolta.In concreto, sono libero di verificare e monitorarele azioni del Governo e di Regioni e Comuni a favore dell’infanzia. Posso fare anche ispezioni presso comunità e strutture, centri che accolgono minori italiani e stranieri. Posso segnalare agli organi competenti (Procura,Tribunale dei minorenni e Forze dell’ordine) tutto ciò che eventualmente non va perché non risponde ai principi fissati dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia. Inoltre posso fare proposte al Governo e al Parlamento, esprimendo il mio parere sulle leggi in materia. Il ruolo del Garante è incompatibilecon ogni altra attività. Agirò ogni giorno solo nell’interesse dell’infanzia».

– Siamo quindi di fronte a quella svolta culturale auspicata di recente da Chiara Saraceno a un convegno dell’Unicef, in cui affermò che in Italia l’infanzia sembra una realtà di cui devono prendersi cura solo i genitori e non tutta la collettività?

     «Direi proprio di sì. Vediamo che purtroppo,quando si tratta di fare dei tagli alla spesa pubblica, è quasi automatico colpire le politiche sociali, in particolare quelle per l’infanzia perché il sentire comune porta ad avere maggiore attenzione per le sacrosante esigenzedegli anziani. Ma è un approccio culturale sbagliato. Di fatto stiamo minando la crescitadelle nuove generazioni. Far crescereun bambino in una famiglia povera vuol dire avere quasi certamente un adulto che saràaltrettanto povero, non in grado di liberarsi delle sue condizioni di partenza, che formerà a sua volta una famiglia povera. Dobbiamoinvestire sui bambini perché significa investire sullo sviluppo e sulla crescita dell’intera società italiana».

– Il Garante disporrà di risorse economiche sufficienti per svolgere i compiti assegnati?

     «La Legge ha garantito per il primo announ milione e mezzo di euro. Ogni anno è previsto il rifinanziamento automatico obbligatorio da parte dello Stato. Non è una cifra elevatissima, comprendo che siamo in tempi di ristrettezze, tuttavia può essere utilizzata bene. Non posso sostituirmi a chi ha il compitodi fare le cose, ma posso aiutare a mettere in circuito le buone pratiche per un uso efficace delle risorse».

– A proposito, che fare del Piano nazionale per l’infanzia, ancora senza fondi?

     «Su questo punto farò una forte azione di lobby sul Parlamento perché ci sia il finanziamentodel Piano, che è stato approvato ed è anche ben fatto. Su questo intendo dare subito un segnale».

– I cittadini si potranno rivolgere direttamente al Garante?

     «Sì, stiamo stabilendo delle procedure molto serie e rigorose attraverso un regolamento organizzativo che presenterò alla firma del presidente del Consiglio. Perciò sto incontrando parlamentari, la presidente della Commissione bicamerale per l’infanzia, i Garanti regionali e varie associazioni. Conto di arrivare alla firma di Mario Monti all’iniziodell’anno, diciamo entro la fine di gennaio».

– La povertà quanto colpisce i bambini italiani? E cosa causa, in concreto?

     «Oggi, in Italia, vivono in famiglie povere oltre un milione e 800 mila bambini, fra loro 600 mila vivono in famiglie poverissime, specialmente nelle province meridionali. La miseria, in realtà, si sta diffondendo a causa della crisi che non conosce confini geografici. Prima le sacche di povertà erano soprattutto al Sud, ora anche intere periferie del Nord vivono in condizioni difficilissime. Si determina così un livello di diseguaglianza enorme, con diverse possibilità di accesso ai servizi sanitari, agli asili nido, alle strutture scolastiche a seconda delle città o delle Regioni in cui si nasce e si vive. Per non parlare dei bambini stranieri, per i quali tutti questi problemi si amplificano ancora di più».

– I figli degli immigrati stranieri nati in Italia hanno diritto alla cittadinanza italiana?

     «La posizione del Capo dello Stato è assolutamentecondivisibile. Spero che il Parlamento approvi una legge in linea con l’auspicio espresso da Napolitano: questi bambini devono avere gli stessi diritti dei bambini che nascono da famiglie italiane. È una questione culturale e di civiltà, dovremmo solo stupirci che questa legge ancora non ci sia».

– Si occuperà della condizione dei figli delle madri detenute?

     «Purtroppo non si applica quasi mai la norma che consente alle madri detenute di accudire fuori dal carcere i loro figli fino ai 10 anni. Voglio affrontare questo problema già dalle prime settimane del 2012. Il dibattito che si è aperto sulle carceri forse ha creato un clima di attenzione e rispetto che può aiutare a far avanzare delle proposte concrete».

– È preoccupato dalla crescente dispersione scolastica?

     «Sì, anche perché aumenta al Sud e soprattuttonella mia amata Campania. Ma girando in Italia per l’Unicef mi sono reso conto di un altro grave problema: i nostri bambini studiano in strutture scolastiche assolutamente fatiscenti e a continuo rischio, come abbiamo visto in casi drammatici e tragici. I bambini hanno il diritto di studiare in ambienti sicuri».

– Che cosa ha imparato in tanti anni di lavorocon l’Unicef?

     «Ho imparato soprattutto ad ascoltare, ma anche a essere determinato e, di fronte a una decisione, a chiedermi sempre quale può essere il superiore ed esclusivo interesse del bambino. È il solo criterio per farela scelta migliore».

 
 
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