Caro dottore, sono zia di quattro nipoti: tre adolescenti, tra i 15 e i 18 anni, e una piccola di 7, che da un pezzo mi hanno segnalato le richieste di regali per Natale.
D’altra parte, le luminarie invadono le città da fine novembre, panettoni e torroni sono già sugli scaffali dei supermercati, gli influencer preparano da tempo alberi di Natale e decorazioni sui loro profili. Anche se se ne parla così a lungo, io sento un certo disagio: non so come attirare l’attenzione di questi nipoti adolescenti sul vero senso del Natale cristiano.
LUISA
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– Cara Luisa, il tempo di Natale sembra dilatarsi ben oltre il tradizionale Avvento, con quei segnali che ci indichi. Sulla scia di questi annunci, da tempo molti ragazzi organizzano l’ultimo dell’anno; calcolano i regali che riceveranno; pregustano le vacanze scolastiche. Se anni fa si parlava del Natale consumistico, oggi si potrebbe sottolineare, in questa espansione del tempo natalizio, il bisogno di divertirsi e di scordare per alcuni giorni i drammi nazionali e internazionali che costellano le nostre giornate. Un Natale per anestetizzarsi. Una tregua prima di rituffarsi nelle tragedie del presente, che opprimono noi e i ragazzi.
Loro non lo dicono apertamente, ma la loro speranza nel futuro si sta affi evolendo. Meglio allora godere al massimo il presente. Per questo, però, diventa ancora più necessario trovare le parole per raccontare un Dio che nasce ancora oggi, aprendosi alla vita. Anche i tempi di Gesù non erano facili, eppure egli ha deciso di nascere in quel contesto, per portare un lieto annuncio, contro ogni speranza, in una terra oggi come allora preda di confl itti e violenze.
Forse questi parallelismi ci aiuteranno quest’anno a rendere più vicina alle nostre vite la stalla di Betlemme. Per aprire i cuori all’incontro con l’altro, all’accoglienza di chi è in difficoltà, alla gioia condivisa.