Ho un figlio unico di 10 anni, molto sensibile, che ama il silenzio e la tranquillità e trascorre molto tempo giocando in modo autonomo e solitario. Io litigo con mio marito a causa del basket, sport che pratica da anni e che ora gli richiede molto impegno durante il weekend. Considero lo sport un impegno che ruba tempo al gioco autonomo, allo studio, alla vita familiare e al riposo, che secondo me hanno un ruolo rilevante per il benessere di mio figlio. Mio marito invece sostiene che un impegno preso non è negoziabile e va seguito secondo le modalità dell’allenatore. A me come mamma manca il mio bambino e la sua compagnia nel fine settimana. Che ruolo devono avere lo sport e le figure che ci gravitano intorno quando un figlio ha solo 10 anni?
TERESINA
— Cara Teresina, il problema più grande nella tua famiglia non sta nel decidere quanto basket far fare al bambino ma quale visione avete tu e tuo marito di vostro figlio, della sua crescita e dei suoi bisogni di socializzazione. Tu, come mamma, sei molto concentrata a proteggere e a mantenere una relazione dove condividi tutto con lui. Tuo marito, invece, sembra più propenso a facilitarne l’esplorazione e l’autonomia, favorendo anche la sua separazione dai genitori. Non c’è uno stile migliore dell’altro: c’è però un’intesa che va creata al piano “alto” della vostra famiglia. Se non imparate a farlo, succederà che adesso litigate per il basket e tra un po’ litigherete per qualcos’altro. Alla fine vi troverete in forte disaccordo su tutto. E questo certamente farà male alla crescita di vostro figlio. Direi che su questi aspetti vi conviene affidarvi alla consulenza del vostro pediatra o di chi lui vi consiglierà: dovete riavvicinare le vostre visioni sul bambino e sui suoi bisogni. Personalmente credo che se avete un figlio unico è fondamentale, intorno ai 10 anni, facilitare la sua socializzazione e apertura al mondo che sta fuori di casa. Trovo auspicabile che tuo figlio diminuisca i lunghi tempi che trascorre in solitudine e aumenti la convivenza con gli altri, perché la preadolescenza lo deve vedere capace di costruirsi uno spazio condiviso con i coetanei. In questo senso, potresti intendere le aumentate richieste del basket come una spinta all’autonomia e alla socializzazione e non solo come un carico ossessivo di richieste sul fronte atletico. Nel libro che ho scritto con B. Tamborini Il metodo famiglia felice (DeA Planeta), ricordo che per sostenere l’autostima di un figlio dobbiamo favorire, soprattutto all’ingresso in preadolescenza, le relazioni tra pari, il protagonismo e l’autostima corporea, che vengono fortemente impattate e sostenute dalla partecipazione allo sport in età evolutiva.