Potremmo dire, parafrasando il noto proverbio, “Sky li fa e poi li accoppia”. “Matrimonio a prima vista” è la nuova trasmissione del palinsesto di Sky Uno, con un titolo che non tradisce le aspettative a vedere la prima puntata andata in onda il 19 maggio scorso in prima serata. In effetti la formula del programma, l’ennesimo reality, stavolta ai fiori d’arancio, fa sposare “veramente” due perfetti sconosciuti che si incontrano per la prima volta davanti all’altare, anzi davanti a un sindaco con tanto di fascia tricolore. I due si scambiano uno sguardo e forse due parole e poi pronunciano il loro “responsabilissimo” sì, davanti a parenti e amici in abiti da cerimonia, tra giustificati imbarazzi e curiosità.
Proprio così. I protagonisti della trasmissione che è l’adattamento del format danese “Married at the first sight”, sono due: un paio di giovani disponibili a sposarsi alla cieca e a farlo, però, a favore di telecamera, e una equipe di “esperti” (i soliti psicologo, sociologo e sessuologa), che li hanno abbinati tra centinaia di pretendenti alle nozze, dopo un sofisticato test di affinità. Insomma, di sicuro, il reality più “ruffiano” della quasi ventennale storia dei reality in tv.
I due partner, dopo essersi scambiati le fedi e, nell’occasione, qualche prima informazione personale, tipo nome e cognome, tanto per familiarizzare, partono per un viaggio di nozze da favola e, al ritorno, vivranno come marito e moglie per un mese in un appartamento con tele-camera… da letto. Al termine, potranno decidere se continuare a stare assieme, legittimamente sposati, o divorziare. In questo caso la nuova normativa che permette il divorzio breve sembra fatta apposta. Tutto molto easy. Più facile che prendere un’auto in leasing. Ma si sa: la tv semplifica la vita.
Ogni puntata prevede tre romantici matrimoni “a presa rapida”. Immaginiamo che per la trasmissione siano state selezionate sia storie a lieto fine, sia separazioni-lampo (la busta con la modulistica per il divorzio è già lì pronta alla bisogna). Pare, e non stentiamo a crederlo, che uno dei problemi più seri per i candidati sia stato quello di superare la prova-genitori. Come convincerli che sposare un partner sconosciuto sia un’idea così brillante? Ci immaginiamo la scena. Il promesso sposo, faticando a rimanere serio, confida: “Papà ho deciso di sposarmi”. “Davvero, figlio mio? Sono felice per te. E dimmi: io e mamma conosciamo la sposa?”. “No, ma se è per questo, neanch’io. La conosceremo tutti assieme all’altare. L’amore è cieco, d’altra parte, no?”. Non si dice forse, anche dopo tanti anni di vita coniugale: ho sposato uno sconosciuto? Tanto vale.
Allora, se i genitori superano lo chock iniziale e non cadono in depressione (il piccolo dubbio di aver sbagliato qualcosa come educatori del figlio magari anche ti viene), è fatta. E poi ci si può anche convincere che, in fin dei conti, i lunghi fidanzamenti ormai sono superati; demodè, come la parola. Addirittura la convivenza diventa retrò.
Ma c’è di più. Il nuovo reality, che fin qui era rimasto nel suo, e cioè nel genere d’intrattenimento per palati non proprio fini, prova addirittura a darsi un’aura di scientificità. Entrano, infatti, in campo i nostri esperti a spiegarci che il “matrimonio al buio” può funzionare benissimo, anzi anche meglio, perché loro hanno incrociato i profili dei concorrenti secondo criteri rigorosamente scientifici. Anime gemelle assortite dalla scienza. In altri termini, la formula post-moderna, o se preferiamo neo-positivista, del tanto vituperato matrimonio combinato. Però stavolta combinato “in provetta”. Asseverato dai camici bianchi. Tant’è che Sky ha presentato la trasmissione niente meno che il “primo esperimento scientifico dedicato all’amore realizzato in Italia”. Mica bruscolini. Come se “l’Isola dei famosi” fosse stata lanciata alla stregua del “primo test psico-sociologico mondiale sulla sopravvivenza, dai tempi di Robinson Crusoe”. E d’altra parte, Galilei lo insegnava: la scienza procede per prove. Come la tv: dalla Prova del cuoco a quella di matrimonio. Cambia solo il canale.
Resta, comunque, che la scoperta degli autori del format è sensazionale: noi che siamo cresciuti pensando che alla base di un “sì per la vita” fosse necessario un cammino graduale di avvicinamento, di scoperta dell’altro, di conquista di intimità, di allenamento alla progettualità, potremmo esserci sempre sbagliati. Le affinità elettive che emergono dall’esame dei candidati, ci viene fatto intendere, potrebbero davvero creare la giusta miscela per far scoppiare, a nozze celebrate, la passione prima, e la solidità della relazione dopo. Insomma “galeotto” potrebbe diventare lo stesso matrimonio. Senza i fastidiosi e inutili preliminari dell’innamoramento, del corteggiamento e altre simili romanticherie d’antan. Si risparmiano pure le spese di fasci di rose e cene a lume di candela. La "costruzione di un amore" avviene dopo, casomai.
D’altra parte, i metodi tradizionali, è realtà quotidiana, poco garantiscono riguardo alla durata dei matrimoni. Quindi, tanto vale provare, no? Tanto dopo cinque settimane, mal che vada, si torna dalla mamma. E allora vai col tele-matrimonio “in vitro”. Ma mi raccomando che sia un vitro assolutamente trasparente, che possa, cioè, far vedere tutto. Perché lo scopo finale del format, ricordiamocelo bene, ha sì a che fare con la fedeltà, ma non tanto quella matrimoniale. L’obiettivo ultimo è “fidelizzare” solo il telespettatore, cioè “unire in matrimonio” il teleutente alla trasmissione. E deve farlo “a prima vista”, ovviamente.
Tranquilli: no, non “fino a che morte non vi separi”, ma solo fino alla fine delle puntate. E poi liberi, verso nuove avventure.