Che spettacolo penoso, questa faccenda delle purghe staliniane dentro il Movimento Cinque Stelle. L’attentato di lesa maestà di Adele Gambaro al fondatore Beppe Grillo ha provocato un processo di popolo che pare una parodia dei processi consumati ai tempi del socialismo reale. Con la senatrice colpevole di aver espresso critiche al Movimento dopo la cocente sconfitta alle ultime amministrative, esposta al pubblico ludibrio, poi processata dai suoi stessi colleghi (in streaming, beninteso, perché per i grillini basta una diretta Internet per garantire la democrazia), infine additata al giudizio del “tribunale del popolo” delle Rete, la divinità digitale cui dare in pasto chiunque osi mettere in dubbio la Verità del Grande Comico Grillo o del suo Alter Ego Casaleggio.
E sullo sfondo gli stessi riti che si consumavano all’ombra del totalitarismo, solo più innocui e farseschi. E comparso persino il “faldone” delle prove contenenti le scottanti interviste dalla povera malcapitata, riflesso di un rapporto “malato” dei pentastelluti con i media.
La cosa susciterebbe anche una certa dose di ilarità, se non fosse che stiamo parlando di rappresentanti del popolo italiano che esercitano un mandato inviolabile di rappresentanza pubblica in nome della Costituzione. Persino il montanellino Marco Travaglio, nume tutelare dei grillini, ha definito il processo consumato ai danni della Gambaro una “versione da Asilo Mariuccia del socialismo reale”.
Ma lo spettacolo delle purghe evidentemente piace agli insaziabili membri del Movimento Cinque Stelle. E così, dopo aver consegnato la povera Gambaro all’idra della Rete, ecco avvicinarsi il turno di un’altra malcapitata, la deputata Paola Pinna, anche lei colpevole di lesa maestà. Sotto a chi tocca, la rivoluzione culturale è in atto. Di questo passo, come dice saggiamente il dissidente senatore Lorenzo Battista, di grillino “ne resterà soltanto uno”.