Diffondere il lavoro. La missione da compiere è questa. La rassegnazione deve lasciare posto all’entusiasmo, ai valori all’impegno e alla perseveranza. Per i giovani non c’è posto. Lo dicono i dati. Ma proprio quando il lavoro manca ecco che si tende a tornare alle origini e si crea occupazione. L’economia al Sud adesso punta sulla tradizione e conta sulla famiglia e sulla forza della comunità. I giovani imparano dai genitori o dai maestri, custodi degli antichi mestieri e dei loro segreti. Così quando attorno c’è la grande fuga, la volontà di restare nel Mezzogiorno e trasformare un' idea o un'abilità artigiana, in un lavoro di eccellenza diventa sinonimo di coraggio. La gavetta e le rinunce non hanno spaventato i ragazzi che hanno deciso di restare nella loro terra. Anzi, la loro testimonianza dimostra fiducia verso il futuro in un grave momento di crisi.
Vincenzo Linarello trasmette entusiasmo. Parla della realtà che guida in Calabria e racconta a tutti di quanto siano incredibili le persone con cui lavora. E’presidente di un gruppo di 10 cooperative sociali, 28 aziende, 2 cooperative ordinarie, 2 associazioni volontariato e una fondazione. Si chiama Goel e significa ‘Il riscattatore’.
Spaziano dal campo della sanità a quello dell’alta moda passando per l’agroalimentare. Ma il risultato finale era e continua ancora oggi ad essere uguale per tutte le realtà, ovvero delegittimare la ndrangheta. Il progetto nasce nel 2003 “Non avevamo un soldo, oggi invece riusciamo a essere una realtà vincente dove lavorano 201 persone a tempo indeterminato e moltissimi collaboratori esterni - spiega Vincenzo.
Insieme a Monsignor Brigantini ci interrogammo con il Vangelo tra le mani. Ci chiedevamo se, in Calabria, un cambiamento poteva essere possibile”. Vincenzo racconta della precarietà che vivono i ragazzi. Di come questa sia costruita ad arte dal sistema ndrangheta. Un metodo che blocca non solo la libertà, ma lo sviluppo. “E allora noi abbiamo costruito un altro sistema”. Un sistema fatto di normalità, di lavoro. “Ci occupiamo di sanità con due comunità terapeutiche psichiatriche che hanno 20 posti, di accoglienza migranti e non solo per sottrarli al controllo mafioso e anche di turismo con ‘I viaggi di Goel un tour operator che accompagna i i turisti nelle strutture che si oppongono alla ndrangheta”. La parola d’ordine è concretezza. Perché con i fatti Vincenzo riesce a combattere quel gap che per anni ha bloccato la Calabria. “Abbiamo costruito lavoro.
Ma prima insieme a Monsignor Brigantini abbiamo costruito la comunità. E’ stato lui ad immergersi tra la gente, ha travasato fiducia e ha valorizzato i talenti facendoli emergere. Poi è riuscito a far capire la stretta connessione tra i drammi della gente ed il vangelo”. Un lavoro certosino che sul territorio è stato l’innesco che è riuscito a portare avanti non solo un processo di cambiamento ma il proliferare di posti di lavoro. “Abbiamo recuperato le tradizioni antiche e ne abbiamo fatto un vanto del Made in Calabria”.
Vincenzo si riferisce al marchio di alta moda Cangiari. Abiti sartoriali confezionati con tessuti artigianali e cuciti a mano. Dietro lo show room milanese, che ha sede dal munero 10 di via Monte Santo in una appartamento confiscato alla ndrangheta calabrese, ci sono le donne calabresi che hanno svelato ad un altro gruppo di donne i segreti dell’antica tessitura. Il ‘telaio di Penelope’ è stato recuperato dalle cantine ed è strumento di lavoro. E allo stesso modo ci sono anche gli abiti da sposa.
Ma ancora più prezioso è il lavoro che in qualche modo è stato restituito agli agricoltori. Quelli che vessati dalla malavita si vedevano pagato il loro raccolto appena 5 centesimi al chilo. “Le arance non valgono così poco, è oro, ed è altrettanto prezioso il lavoro di chi le coltiva” spiega ancora Vincenzo raccontando di Goel Bio. “Abbiamo deciso di saltare l’intera filiera e di avere rapporti direttamente con chi vende al dettaglio - collude - in questo modo non abbiamo soltanto operato contro il lavoro nero e lo sfruttamento dei raccoglitori ma abbiamo ridato dignità e valore agli agricoltori vendendo i loro prodotti ad un prezzo maggiore di 8 volte rispetto a quello che era imposto dai grossisti locali spesso collusi con la ndrangheta”.