«Nel Vangelo troviamo scritto: “Beati i costruttori di pace”, non gli “invocatori di pace”». Stefano Zamagni, 79 anni, economista di punta e presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali, spiega con questo slogan il motivo per il quale ha deciso di stilare una proposta per un piano di pace in 7 punti tra e Russia. che, in una versione un po' modificata, è stata condivisa da una decina di intellettuali di varia estrazione culturale-politica e sta raccogliendo numerose adesioni (siamo quasi a quota 2.000). Facendo altresì discutere, dentro e fuori il mondo cattolico. Spiega Zamagni: «A settembre, sulla questione della guerra in Ucraina, si è tenuto un workshop della Pontificia accademia delle scienze sociali. Al termine dell'incontro, cui hanno preso parte studiosi ed esponenti di varie religioni, è stato diffuso un comunicato che sintetizzava quanto emerso. Partendo da lì, ho lavorato per un mese e, dopo aver approfondito le domande sul tappeto, ho scritto un lungo articolo per una rivista. Un estratto di quel testo l'ha pubblicato Avvenire il 21 settembre».
Da lì in poi è scatenato un vivace dibattito. Ma quali sono le convinzioni profonde che l'hanno spinto a scendere in campo?
«Già in passato, ai tempi della guerra in Iraq, avevo introdotto una distinzione tra due diversi pacifismi, che chiamo “di testimonianza” e istituzionale. Il primo serve a educare e a tenere deste le coscienze, ma non basta. Già, perché il Vangelo ci invita non tanto a stracciarci le vesti o a deprecare quel che vediamo attorno a noi, quanto piuttosto a mettere mattone su mattone per realizzare l’edificio della pace. Tanto più che le guerre nel mondo, oggi, sono ben 169. In altre parole, occorre intervenire sulle istituzioni politiche ed economiche. Senza cambiare le regole del gioco, la pace sarà sempre minacciata».
Come fare?
«Bisogna imparare a distinguere la razionalità da ragionevolezza».
Prego?
«La prima ha come fine la scoperta della verità, la seconda punta alla ricerca del bene. Ne deriva che una decisione può essere razionale, ma non ragionevole. Applicando questo schema alla guerra in Ucraina, ecco che i “bellicisti” sostengono quanto segue: essendo la situazione in cui ci troviamo responsabilità di Putin, è lui che va punito e, persino, annientato. È un ragionamento razionale, non v’è dubbio, ma non ragionevole. Chi prende in considerazione la ragionevolezza e ha a cuore il bene supremo della pace, invece, pur riconoscendo le colpe di Putin, non rinuncia a trovare una soluzione di pace per via negoziale. Questa era, del resto, la posizione di uno come Giorgio La Pira, che, ai tempi della guerra in Vietnam, sapeva bene a chi attribuire la responsabilità della situazione, eppure non ha mai rinunciato a cercare la pace. Al contrario, chi ha interessi da conservare (la lobby della guerra) non vuole che finisca questo conflitto».
In più, oggi, siamo nel pieno della minaccia nucleare…
«Certo. Se teme ogni Paese si arma perché di essere attaccato, andiamo verso una spirale inarrestabile. Occorre spezzare questo circolo vizioso, perché la guerra porta con sé una serie incalcolabile di mali: povertà, fame, disuguaglianze, inquinamento a lungo termine…».
Tutto vero, ma com'è possibile far sedere Putin a un tavolo?
«C'è solo una strada: la Cina deve far pressione su Putin e gli Usa su Zelensky».
Già, ma l'Onu, lo vediamo, è ferma al palo...
«Quella che stiamo vivendo non è una guerra “mondiale”, bensì “globale”: per la prima volta nella storia dell’umanità, infatti, le conseguenze del conflitto ricadono su moltissimi Paesi innocenti. Pensiamo a quanti Paesi africani, ad esempio, stanno rischiando la fame perché non possono contare sui raccolti provenienti dall’Ucraina. Ora: l’unico “elemento terzo” in grado di favorire una trattativa pacifica è papa Francesco, apprezzato dagli uni e dagli altri (il governo cinese ha appena rinnovato l’accordo con il Vaticano sulla nomina dei vescovi). Il Papa farà di tutto per stimolare questi due interlocutori, perché finalmente si arrivi a un accordo di pace tra Ucraina e Russia. Ne sono profondamente convinto».