Si rivolge agli «uomini in silenzio», Manlio Milani, presidente di Casa Memoria, l'associazione che ricorda le vittime di piazza della Loggia, a Brescia, con i suoi 8 morti e 102 feriti. Parlando alla Camera, nel giorno dedicato alla memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, Manlio ricorda che «in questi lunghi 40 anni non abbiamo coltivato odio o vendetta. Partendo dalla accettazione e dal rispetto delle sentenze, abbiamo affrontato la ricerca della verità e della giustizia per contribuire a comprendere le ragioni dei fatti e vorremmo continuare a rivolgere lo sguardo limpido non solo sulle ragioni dei fatti che conosciamo, ma anche sui silenzi delle verità mancanti».
«Sappiamo che vi sono persone che continuano a convivere con questi silenzi. Alcuni per un assurdo senso del dovere, altri che preferiscono rimuovere i sensi di colpa». E rivolgendosi proprio a loro Manlio Milani ha ricordato che «la violenza politica è una storia che pesa sul Paese come una sorta di ipoteca sulla vita democratica che genera, a ogni dissenso, reazioni esasperate. Ecco perché mi sento di rivolgermi a voi "uomini in silenzio". Se non c'è odio possiamo trovare uno spazio di parola dove poter dire, ascoltare, interrogarci sul perché di quella violenza. Vi chiedo una scelta difficile: ma non è proprio in queste scelte difficili che riusciamo a ritrovare lo spazio e la responsabilità del vivere nella storia?».
Il cammino verso la verità è ciò che chiedono, in particolare i familiari delle vittime delle stragi. «Anche per quelle dove, come nel caso della strage di Bologna, si conoscono gli esecutori, non abbiamo ancora certezza sui mandanti. Ed è per questo che la nostra ricerca non può arrestarsi», commenta a margine della Giornata Paolo Bolognesi, presidente dell'associazione familiari delle vittime della strage di Bologna. «La direttiva di Renzi che consente di desecretare una serie di documenti e metterli nella disponibilità di storici, ricercatori, cittadini, darà sicuramente un impulso notevole per afforntare e comprendere ancora meglio quegli avvenimenti di cui, anche per la mancanza di questi documenti, non sappiamo ancora tutto fino in fondo. Per tutto ciò che non crea problemi a livello internazionale, ci deve essere una casa di vetro, deve essere tutto trasparente. Abbiamo avuto 14 stragi di terrorismo. Di alcune sappiamo gli esecutori, di tutte sappiamo che i servizi segreti hanno manipolato e depistato, di nessuna abbiamo i mandanti. Ci aspettiamo che la presidenza del Consiglio faccia di tutto per arrivare a questa verità che manca».
«Adesso abbiamo gli strumenti per andare avanti», aggiunge Rosa Villecco Calipari, membro del Copasir, «la direttiva è un passo storico perché consente la declassificazione di tutti i documenti in possesso non solo dei servizi segreti, ma di tutta la pubblica amministrazione compresi i diversi ministeri da quello della Giustizia a quello della Difesa a quello degli Interni. Stiamo cioè parlano di quei ministeri che, rispetto alle stragi, possono avere documenti piuttosto interessanti. Certo, sta poi agli organismi di vigilanza fare in modo che siano rispettati i tempi per il versamento di questi documenti all'archivio centrale di Stato».
«La direttiva è un atto di rispetto verso i familiari delle vittime», dice Sabina Rossa, a 35 anni dall'uccisione del padre da parte delle Brigate Rosse, «ed è un passo in avanti verso la ricerca della verità, per affrontare un periodo storico mai chiarito per intero».
Un peso, quello della memoria, che le vittime chiedono di condividere insieme, «perché pesa su tutta la nostra storia di Paese e non solo su quello delle nostre famiglie», sottolinea Franco Sirotti, fratello di Silvio, morto nella strage dell'Italicus.
«La nostra strage è la strage di tutti», aggiunge Rosaria Manzo, figlia di Giovanni, il secondo macchinista del rapido 904, coinvolto nell'attentato che causò 17 morti e 267 feriti. «Per questo, insieme con voi, il nostro obiettivo non è solo la memoria, ma è la verità. Io non ero su quel treno, avevo solo pochi mesi e forse proprio per questo mi hanno voluto come presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage sul treno rapido 904 del 23 dicembre 1984. Per guardare in avanti. Per non fermarci, per fra sì che le nuove generazioni non perdano la memoria degli eventi, non dimentichino». Rosaria denuncia i troppi oblii, le troppe disinformazioni: «Se sopravvivesse questa comune ignoranza o semplicemente negligenza informativa», conclude, « assisteremo al rapido sgretolamento culturale delle nostre basi democratiche e del vivere civile».