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sabato 23 settembre 2023
 
 

Strasburgo l'Italia e il cognome materno

07/01/2014  I genitori devono avere il diritto di dare ai figli anche il solo cognome materno. Lo ha stabilito la Corte europea dei diritti umani in seguito al ricorso di una coppia di coniugi milanesi. Poiché nel nostro Paese non è possibile l'Italia dovrà adottare riforme legislative o di altra natura per rimediare alla violazione.

La sentenza diverrà definitiva tra tre mesi e quando succederà potrebbero portare nel nostro Paese un cambiamento significativo: sarà possibile per le mamme italiane dare il proprio cognome ai figli al posto di quello paterno. Tutto è nato dal ricorso fatto alla  Corte europea dei diritti umani dui Strasburgo da due coniugi milanesi Luigi Fazzo e sua moglie  Alessandra Cusan cui lo Stato italiano aveva impedito di registrare all'anagrafe la figlia Maddalena, nata il 26 aprile 1999, con il cognome materno anzichè quello paterno.

La coppia che sin da allora si è battuta per vedersi riconosciuto questo diritto, ha vinto oggi a Strasburgo. I giudici della Corte hanno infatti condannato l'Italia per avere violato il diritto di non discriminazione tra i coniugi in congiunzione con quello al rispetto della vita familiare e privata. In particolare, i giudici sostengono che «se la regola che stabilisce che ai figli legittimi sia attribuito il cognome del padre può rivelarsi necessaria nella pratica, e non è necessariamente una violazione della convenzione europea dei diritti umani, l'inesistenza di una deroga a questa regola nel momento dell'iscrizione all'anagrafe di un nuovo nato è eccessivamente rigida e discriminatoria verso le donne».

 Nella sentenza i giudici sottolineano anche che la possibilità introdotta nel 2000 di aggiungere al nome paterno quello materno non è sufficiente a garantire l'eguaglianza tra i coniugi e che quindi le autorità italiane dovranno cambiare la legge o le pratiche interne per mettere fine alla violazione riscontrata.

Nella sentenza, che diverrà definitiva tra 3 mesi, i giudici indicano che l'Italia «deve adottare riforme» legislative o di altra natura per rimediare alla violazione riscontrata.

 
 
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