Dimettendo Karadima dallo stato clericale papa Francesco risponde con i fatti alle nuove accuse dell’ex nunzio a Washington, monsignor Carlo Maria Viganò che, scrivendo «chi tace acconsente», aveva chiamato Bergoglio a ribattere alle sue insinuazioni di qualche settimana fa. Il Pontefice, che, di ritorno dal viaggio in Irlanda, aveva già dichiarato ai giornalisti di riservarsi più avanti una risposta lasciando alla stampa il giudizio sulle parole del prelato, sta continuando a mettere in pratica la stretta sul tema abusi che ha da subito caratterizzato il suo Pontificato.
In particolare, con il provvedimento preso nei confronti di Fernando Karadima, l’ex parroco di El Bosque, in Cile, condannato per abusi, ha dato grande speranza alle vittime. Il giornalista cileno Juan Carlos Cruz, che a maggio di quest’anno aveva incontrato il Papa insieme ad altre vittime di abusi per raccontargli la sua storia, ha confessato di aver pianto di gioia «soprattutto avvertendo che per tante vittime di questo uomo tanto cattivo, il peso dell’accaduto si alleggerisce perché si sta facendo giustizia». Il giornalista ha voluto ringraziare il Papa «perché ora le migliaia di sopravvissuti alle violenze sessuali da parte di religiosi che ci sono in tutto il mondo, e non solo quelli vittime di Karadima, possono sperare che anche loro otterranno
giustizia».
Quella di papa Francesco, sottolinea la sala stampa vaticana comunicando la notizia, è «una decisione eccezionale per il bene della Chiesa» con la quale si conferma «la linea ferrea contro gli abusi». Il Papa ha esercitato la sua «"potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente” (Codice del Diritto Canonico, canone 331), cosciente del suo servizio al popolo di Dio come successore di San Pietro. Il decreto, firmato dal Papa giovedì 27 settembre 2018, è entrato in vigore automaticamente a partire dallo stesso momento, e comporta altresì la dispensa da tutti gli obblighi clericali. È stato notificato a Karadima Farina venerdì 28 settembre 2018». Il direttore della sala stampa, Greg Burke, ha ricordato che «eravamo davanti a un caso molto serio di marciume che andava strappato alla radice. Si tratta di una misura eccezionale, senza dubbio, ma i delitti gravi di Karadima sono stati un danno eccezionale in Cile».
Papa Francesco era stato contestato per aver nominato, nel 2015, vescovo di Osomo monsignor Juan Barros, allievo dell’influente sacerdote figlio della borghesia di Santiago e potente fin dai tempi del dittatore Pinochet. Bergoglio aveva definito «calunnie» le critiche delle vittime di Karadima, oggi 88 anni, che accusavano Barros di aver coperto le denunce contro il suo maestro. Successivamente, dopo le riserve espresse anche dal cardinale O ‘Malley, presidente della Commissione istituita da Bergoglio per la tutela dei minori, aveva inviato in Cile monsignor Charles Scicluna e monsignor Jordi Bartomeu . In seguito agli esiti dell’istruttoria, Francesco aveva prima invitato a Roma tre vittime di Karadima, inviato una lettera di scuse al popolo cileno e convocato a Roma i vescovi del Paese. In seguito ai colloqui con il Papa tutta la conferenza episcopale cilena si è dimessa. Francesco ha accettato già sette dimissioni, per prima quella di monsignor Juan Barros.