Crescere significa capire chi si vuole essere nel piccolo delle proprie case e nel pezzo di mondo che si abiterà. Comporta saper fare tante piccole e grandi valutazioni quotidiane tra ciò che è bene e ciò che è male. Perchè oggi abbiamo così paura di usare queste categorie etiche nell’educare i figli? Nel leggere i tanti articoli a commento dei brutali fatti di Palermo la frase di uno dei ragazzi che più mi colpisce è questa: “Nessuno di noi pensava si trattasse di una violenza”. Mi colpisce perchè penso davvero che la coscienza di quei ragazzi nella notte del 6 luglio fosse immersa in una palude di fango. Una nebbia del pensiero che lascia orfana l’azione, manifesto di una cultura che ha perso il senso del limite. Crescere in un ambiente che confonde, che rende accessibile l’eccitazione sessuale a tutti con un click, che racconta come possibile tutto e il contrario di tutto è pericoloso.. Educhiamo senza riuscire a indicare confini e limiti, senza generare cornici che danno senso e costruiscono significati intorno a ciò che si decide di fare (e di non fare), senza fornire punti fermi quando si parla di temi complessi come i sentimenti, la sessualità, l’ amore. Temi che, se non educati, portano i nostri figli a pensare di poter fare ciò che vogliono, ciò verso cui li spinge la pulsione o la regola del branco, senza comprenderne in alcun modo le implicazioni e le conseguenze che – come in questo caso – hanno un’inevitabile – quanto necessaria - rilevanza penale.
La ragazza che ha subito violenza avrà tatuato nel proprio cuore e nella propria mente - per sempre - un dolore che nessuno potrà risarcire. Vedere così da vicino la mostruosità dell’uomo, la brutalità, l’incapacità di sentire il dolore dell’altro generano un danno a breve e a lungo termine. I suoi occhi sono testimoni della bruttezza che è possibile raggiungere quando smettiamo di pensare, di alzare lo sguardo. Lei ha visto come si può tornare ad essere bestie senza quasi accorgersene se non dopo, quando una nazione punta gli occhi su quello che è successo e si interroga su come sia stato possibile. Perchè ancora una volta questo orrore? I protagonisti di questa vicenda dovranno affrontare un lungo percorso giudiziario che li costringerà a guardare da vicino quello che è stato. Dovranno pensare a lungo alle azioni compiute e pagarne le conseguenze. La ragazza dovrà ricostruire dentro di sé la forza di credere che le persone possono essere capaci d’amare e affidabili, che l’intimità sessuale è un luogo in cui ci si protegge e ci si nutre e non ci si aggredisce e violenta. Spero che in molti possano aiutarla a gestire la memoria di una violenza agita da un branco di predatori, senza rimanerne intrappolata.
E a noi genitori resta l’impegno a educare al bene, non solo i nostri figli, ma tutti i ragazzi che incontriamo anche per pochi istanti. Dobbiamo scendere in campo, aprire gli occhi e non aver paura di sostenere il valore del limite con chi sta crescendo. Ci sono no che vanno ribaditi ed educati, perchè è solo riconoscendone il valore che un figlio può davvero essere libero e autodeterminato. Ci sono educazioni – come quella emotiva, affettiva e sessuale – di cui tutti dobbiamo essere protagonisti e testimoni, promotori e docenti. Con i nostri figli e con i figli degli altri. Per crescere un figlio oggi, più che mai, serve un villaggio. E in quel villaggio, noi adulti, dobbiamo essere educatori presenti e competenti. Oggi, siamo troppo spesso invisibili, silenziosi. Forse addirittura assenti.