Si inginocchia, a fatica, davanti ai leader politici del Sud Sudan e bacia loro i piedi. Papa Francesco, al termine del ritiro spirituale per la pace nella martoriata regione africana si abbassa fino a terra davanti a Salva Kiir Mayardit, presidente della Repubblica e ai vicepresidenti designati Riek Machar Teny Dhurgon, Taban Deng Gai e Rebecca Nyandeng De Mabio, vedova del leader sud sudanese, John Garang. Infine consegna loro una Bibbia firmata da lui, dall’arcivescovo di Canterbury e primate della Comunione anglicana Justin Welby, che haa fortemente voluto l’incontro, e dal reverendo John Chalmers, già moderatore della Chiesa Presbiteriana di Scozia, con il messaggio: «Ricerca ciò che unisce. Supera ciò che divide». Ed è l’unione che il Papa ha raccomandato ai leader politici reduci da una guerra civile che, dal 2013, ha causato oltre quattro milioni di sfollati 400mila morti. «Voi avete avviato un processo», dice pensando al 17esimo accordo per la pace che entrerà in vigore il 12 maggio. «Che finisca bene. Ci saranno lotte tra voi», continua Francesco, «ma che queste restino dentro l’ufficio. Davanti al popolo le mani unite, così da semplici cittadini diventerete padri di nazioni. Permettetemi di chiederlo con il cuore, con i sentimenti più profondi».
Il discorso di papa Francesco e la benedizione finale arrivano al termine di una due giorni di ritiro spirituale tenutasi a Santa Marta. Una iniziativa senza precedenti se si eccettua la preghiera per la pace tenutasi nel giugno del 2014 nei giardini vaticani con la presenza del presidente israeliano Shimon Peres e di quello palestinese Abu Mazen.
«I miei pensieri», ha detto ai presenti papa Francesco ribadendo la volontà di recarsi nel Paese insieme con l’arcivescovo di Canterbury, «vanno innanzitutto alle persone che hanno perso i loro cari e le loro case, alle famiglie che si sono separate e mai più ritrovate, a tutti i bambini e agli anziani, alle donne e agli uomini che soffrono terribilmente a causa dei conflitti e delle violenze che hanno seminato morte, fame, dolore e pianto». Invocando la pace ha ribadito che «questo grido dei poveri e dei bisognosi lo abbiamo sentito fortemente, esso penetra i cieli fino al cuore di Dio Padre che vuole dar loro giustizia e donare loro la pace. A queste anime sofferenti penso incessantemente e imploro che il fuoco della guerra si spenga una volta per sempre, che possano tornare nelle loro case e vivere in serenità. Supplico Dio onnipotente che la pace venga nella vostra terra, e mi rivolgo anche agli uomini di buona volontà affinché la pace venga nel vostro popolo».
Il
Sud Sudan, dopo aver conquistato l’indipendenza dal Sudan nel 2011, ha visto scoppiare un conflitto etnico tra le forze governative del presidente Kiir, di etnia dinka, e quelle dell'ex vicepresidente Machar, di etnia nuer, che ha tentato un colpo di Stato. Con il Revitalised Agreement on the Resolution of Conflict in South Sudan (R-ARCSS), firmato lo scorso settembre, e che entrerà in vigore il prossimo 12 maggio, sarà formato un nuovo esecutivo di transizione in cui saranno rappresentate entrambe le parti che hanno portato al conflitto. Con il presidente Kiir e il vicepresidente Machar siederanno altri quattro vicepresidenti rappresentanti di altrettante etnie.
Gli accordi sono stati possibili grazie alla mediazione del Sudan e dell’Uganda. Per questo il recente colpo di Stato in Sudan rischia di minare il fragile equilibrio faticosamente raggiunto tra Kiir e Machar.