«Le notizie di feriti, più o meno gravi, arrivano quotidianamente.
Per lo più soldati o combattenti, ma non solo. Di ritorno
dall’ambulatorio di Mingkaman, abbiamo riportato a casa - se casa
si può definire un tappeto e qualche coperta sotto un albero - un
bambino a cui era stata amputata la mano destra perché giocava con
dei proiettili non esplosi».
È la testimonianza di Elisabetta
D’Agostino del Comitato Collaborazione Medica (Ccm), che sta
operando con gli sfollati accampati sotto gli alberi nello Stato di
Awerial. Aggiunge: «Più della metà degli sfollati non ha né
lenzuola, né coperte; scarseggiano pentole e utensili per poter
cucinare. La principale fonte di acqua è il Nilo, dal quale
attingono esseri umani e animali».
Volontari
italiani si trovano anche tra i Medici con l’Africa Cuamm, come il
dottor Enzo Pisani, rimasto sul campo fin dall’inizio degli
scontri: l’ospedale di Yirol, dove opera, è l’unico di
riferimento per l’intera regione e il più vicino alla linea del
fronte. Spiega: «Servono farmaci essenziali, per la malaria, la
polmonite, la diarrea, ma anche alimenti terapeutici come vitamine,
antibiotici e anche antidolorifici».
Il suo collega Paolo Setti
Carraro, dall’ospedale di Lui (Western Equatoria), racconta di Eva,
«rimasta a casa in travaglio per
tre giorni prima di trovare il mezzo per arrivare da noi per
partorire: il suo bambino era morto poco prima e c’è voluta più
di un’ora per strapparglielo dal grembo».
Continua: «Jafar,
da noi da più di tre settimane, era arrivata sanguinante per una
placenta previa alla trentunesima settimana. Siamo riusciti a
guadagnarne altre tre, ma quando stanotte ha ripreso a sanguinare non
ho potuto fare altro che contare le ore che ci dividevano dall’alba.
Tutti i cellulari erano muti, il silenzio e il buio erano padroni
della notte, nessun anestesista o ferrista reperibile, tutti
nascosti. Poi, con le prime luci del giorno siamo finalmente andati
in sala operatoria. Ora Jafar sta meglio, il suo bimbo è bello, sano
e vegeto, ma le sue condizioni sono critiche».
Nello
Stato di Jonglei, invece, l’Unicef ha appena vaccinato oltre 4 mila
minori in 72 ore, dopo che 30 bambini erano morti per un’epidemia
di morbillo nella base Onu di Bor, dove migliaia di civili hanno
trovato rifugio. La campagna di vaccinazioni si sta svolgendo anche
presso i campi per sfollati della capitale Juba, con l’obiettivo di
vaccinare 180.000 minori sotto i 15. In uno di questi, nel compound
Tonping dell’Unmiss (la missione
Onu per il Sud Sudan), l’Ong Intersos ha distribuito
coperte, lenzuola, zanzariere, stuoie, set da cucina, sapone e
taniche per l’acqua.
L’organizzazione sta lavorando anche nel
campo di Malakal, nell’Alto Nilo: «Qui, 12.000 persone sono in
condizioni drammatiche», racconta Bruno Tassan Viol, «vivono
all’aperto, intere famiglie con donne e bambini dormono per terra e
di notte fa veramente freddo, non hanno nulla con cui coprirsi se non
i vestiti con cui sono fuggiti. Sono arrivati molti bambini che hanno
perso i propri genitori; stiamo lavorando per favorire al più presto
il ricongiungimento».
Anche Amref, presente dal 1998 con la più grande scuola di
formazione del personale sanitario, sta intervenendo in 4 ospedali
del Sud Sudan, dove, del resto, già prima della guerra, l’80%
delle prestazioni mediche veniva fornito da organizzazioni
umanitarie. Spiega Tommy Simmons, direttore di Amref Italia: «Negli
ospedali giacciono migliaia di feriti bisognosi di cure, ma mancano
personale specializzato, strumenti e farmaci per curarli. Il nostro
servizio dei Flying Doctors, aerei leggeri che trasportano medici
specialisti, ha identificato gli ospedali dove l’emergenza è
maggiore e sta reperendo, nei paesi limitrofi, chirurghi, gli
infermieri, i materiali necessari ad intervenire. Dall’Italia
lanciamo un appello alla solidarietà per reperire i fondi per
finanziare questa urgente ed essenziale iniziativa umanitaria, che
non può essere in alcun modo posticipata».
(La foto è Unicef/Crowe. Quella di copertina è Unicef/Ohanesian)
Missionari, Ong, Agenzie umanitarie che operano sul campo
Missionari
Comboniani
Oltre che
nella capitale Juba, hanno missioni in zone abitate dalle differenti
etnie. www.combonisouthsudan.org;
ssmccj@gmail.com;
051432013.
Comitato
Collaborazione Medica
Garantisce
cure sanitarie agli sfollati: con 10 euro fornisce soluzioni
reidratanti e farmaci anti-diarrea a 10 persone. www.ccm-italia.org;
0116602793.
Medici
con l’Africa Cuamm
Nell’ultimo
anno, ha realizzato 53.000 visite ambulatoriali, 13.000 ricoveri,
1.461 parti, oltre 47.000 vaccinazioni. www.mediciconlafrica.org;
0498751279.
Amref
Collabora
con 4 ospedali, anche attraverso i Flying Doctors, aerei leggeri che
trasportano medici specialisti. www.amref.it;
0699704650.
Unicef
Interviene
tra gli sfollati e nelle basi dei caschi blu dell’Unmiss, la
missione di pace nel Sud Sudan; stima necessario vaccinare 180.000
bambini sotto i 15 anni. www.unicef.it;
0647809264.
Intersos
Con 50
euro si può garantire un kit di emergenza ad una famiglia di
sfollati. http://intersos.org; 068537431.
Medici
senza frontiere
Attualmente
gestisce 15 progetti in 9 Stati del Paese e 3 interventi di emergenza
a Juba, Awerial, Malakal. www.medicisenzafrontiere.it;
0688806000.