Si sono svolti ieri a Milano i funerali di Julia Ituma, la pallavolista che nella notte del 13 aprile è morta a Instabul in seguito a un lancio dal sesto piano del Volley Hotel, l’albergo dove soggiornava con le compagne di squadra. Julia aveva diciotto anni, una vittoria contro l’Eczacibasi in tasca e una vita davanti: eppure, questo non è bastato a fermare quello che pare essere un gesto volontario.
Il caso di Julia riecheggia storie che abbiamo già sentito. Ci ricorda la studentessa diciannovenne trovata morta il 1 febbraio nei bagni dell’università IULM, a Milano, e ci riporta alla mente lo studente di 29 anni che è deceduto il 6 aprile, a Chieti, dopo aver lasciato ben 42 pagine di appunti in cui si definiva “inutile” e “inconcludente”.
Tragedie come queste sembrano confermare i dati rilasciati dall’UNICEF in occasione della Giornata Mondiale dell’Infanzia e dell’Adolescenza: nei ragazzi di età compresa tra i 15 e i 19 anni il suicidio rappresenta, in Italia e in Europa, la seconda causa di morte dopo gli incidenti d’auto, tanto che su 800.000 suicidi annui ben 46.000 vengono compiuti da adolescenti o da giovani adulti. Se è vero che le motivazioni alla base di questo gesto estremo possono essere diverse (in primis gli episodi di abusi e violenze), un ruolo preponderante è però giocato dalla pressione sociale e dalla difficoltà che i ragazzi incontrano nel far fronte alle richieste sempre più alte della nostra società performativa, che non smette mai di chiedere loro l’eccellenza in ogni campo, a qualsiasi costo. Una situazione allarmante, che trova riscontro nei dati raccolti negli studi più recenti che segnalano come circa il 20-25% dei giovani soffra di disturbo d’ansia e di depressione, ossia di patologie che sfociano molto spesso nell’autolesionismo e, nei casi più gravi, nella morte.
Julia Ituma allora non può solo essere l’ultimo nome che si aggiunge all’elenco – ormai sempre più lungo – di ragazzi che decidono di togliersi la vita. Deve essere un campanello di allarme, una spinta alla ricerca di soluzioni concrete verso un problema che, come sottolinea la dottoressa Antonella Costantino, Direttrice dell'Unità Operativa di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell’Adolescenza (UONPIA) della Fondazione IRCCS «Ca’ Granda» Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, non può più essere ignorato: «Nonostante numeri da vera e propria emergenza sanitaria, gran parte dell’opinione pubblica continua a ignorare la realtà: una parte dei nostri ragazzi sta male, soffre di un dolore mentale che troppo spesso li potrebbe portare a gesti estremi con conseguenze irreparabili. La risposta del Sistema Sanitario Nazionale è ancora insufficiente».
(foto in alto: iStock)