Ha parlato con i gesti e con i silenzi, papa Francesco. L’enciclica poggiata sull’altare della tomba del santo di Assisi, poche parole solo per ringraziare chi ha collaborato alle traduzioni. Niente omelia, niente incensi, spenti persino i maxischermi che pure erano stati montati sulla piazza. Ad Assisi, anzi a Spello, il Pontefice era voluto arrivare fin dalla mattina. Per incontrare le clarisse di Vallegloria e per fermarsi nella chiesa di Santa Chiara. Quasi a voler sottolineare la dimensione della spiritualità femminile che certamente non sarà assente nella enciclica appena firmata e i cui contenuti saranno resi noti domani. Due fuori programma per una visita, voluta in forma strettamente privata, che sarebbe dovuta cominciare alle 15 direttamente con la celebrazione della messa davanti alla tomba del santo umbro. E invece il Papa, fortemente legato alla città, ha pensato di trascorrere, in serenità, preghiera e dialogo, qualche ora in più pranzando con la comunità, da lui già visitata nel 2019 e che è tra le più antiche fondate direttamente da santa Chiara.
E poi un arrivo quasi in sordina, senza le grandi folle, così come auspicato da Francesco per una celebrazione sobria alla presenza di pochissimi frati. Il Papa ha voluto che fosse monsignor Paolo Braida, incaricato delle traduzioni, a portare il testo sull’altare. «Un segno di gratitudine» sono state le sue pochissime parole, «alla Prima sezione della segreteria di Stato che ha lavorato alla stesura e alla traduzione, a donJuan Antonio Cruz e Antonio Ferreira da Costa», ripsettivamente capi della sezione spagnola e di quella portoghese. Un segno di attenzione a chi ha tradotto dal testo originario spagnolo e la sottolineatura della discrezione: «Sono umili questi traduttori, si nascondono».
Poi la firma della sua terza enciclica, Fratelli tutti” sulla fraternità e amicizia sociale, dopo la Lumen Fidei, iniziata da papa Benedetto e da lui completata il 29 giugno 2013 e la Laudato si’, sull’ecologia integrale, del 24 maggio 2015.