Due vicende, due epoche
che si intrecciano nel romanzo
Il bacio di Siviglia
di Davide Rondoni (sottotitolo:
Miguel Mañara,
l’uomo che fu don Giovanni). Si tratta del primo volume
della collana “Vite esagerate”, edita
da San Paolo, ideata e diretta dallo
stesso Rondoni. Tredici volumi incentrati
su figure di uomini e donne
che anelano a Dio e vivono intensamente,
senza risparmiarsi.
Si parte da Milano, dove un giovane
bancario trentenne, Gabriele,
ha una vita sentimentale molto
intensa, il piacere della conquista,
pochi giorni e poi la noia, e un’altra
donna, anche più di una contemporaneamente.
Linda è una di quelle, si
frequentano da due mesi; una sera
per compiacerla l’ha invita alla Scala
a vedere il Don Giovanni di Mozart,
anche se lui di solito ascolta solo rap e
rock. Poi, dopo lo spettacolo, la voglia
di chiudere la storia, il risentimento
di lei che si trasforma in una frase feroce.
Lui si sente ferito e risponde con
una violenza che esplode improvvisa
verso la donna, tanto che lui stesso ne
è spaventato. Che cosa gli sta succedendo?
D’improvviso c’è la voglia di
conoscersi meglio, di capire che cosa
lo spinge a passare da un letto all’altro.
La chiave di lettura può essere proprio
il protagonista dell’opera che ha appena
visto, quel don Giovanni in
fondo così simile a lui. Di lui ha
letto che è ispirato a un personaggio
storico, Miguel Mañara. Decide allora
di mettersi sulle sue tracce improvvisando
un viaggio a Siviglia, la città
dove Mañara ha vissuto, amato e folleggiato,
in cui poi si è sposato e dove,
dopo una profonda crisi, ha abbracciato
un’altra specie di amore, quella per
gli umili e gli oppressi che lo ha avviato
sulla strada della santità. Il romanzo
alterna momenti della Siviglia moderna,
con le peregrinazioni e digressioni
del protagonista che si misura con il
disagio crescente e il ricordo e il rimpianto
della sua ultima fidanzata, alle
ricostruzioni storiche della vicenda di
Mañara ambientate nel XVII secolo.
Rondoni, cosa l’ha spinta a ricostruire
questa figura?
«Io non sono un romanziere, sono
un poeta, e quando mi metto a raccontare
una storia, come è accaduto
in passato, per esempio con la biografia di Ermanno lo Storpio, l’eroe Francesco
Baracca, o Gesù, sono attratto
da uomini che portano con sé grandi
problemi. Nel caso di don Giovanni
il problema è il rapporto tra l’amore
e il destino. Chiunque ama affronta
questa questione. Far scoccare una
scintilla di fuoco tra le cose vuol dire
amare il destino».
Che cosa intende lei per destino?
«È la destinazione, dove vanno le
cose, la prospettiva finale. Se il destino
è l’oblio, allora l’amore è una lotta
fatta a unghiate, morsi, artigliate, per
sottrarre la vita all’oblio. Nell’opera
di Mozart don Giovanni va “contro”
il destino, mentre il mio protagonista
compie un viaggio “verso” il destino
pentendosi degli eccessi, di una vita
sprecata. Abbracciando la carità diventa
paradossalmente ancora più
promiscuo, poiché sceglie di amare
tutti. Ma non intende più l’amore
come possesso, bensì come servizio e
apertura verso gli altri».
Come si è preparato a questo tuffo
nel passato?
«Ho letto molte delle numerose
biografie scritte su di lui e poi mi sono
recato a Siviglia, una città magnetica
dove, come hanno fatto molti altri autori
prima di me come Rilke e Gautier,
sono andato in pellegrinaggio sulla
tomba di Mañara».
Nel libro a un certo punto il giovane
milanese incontra in un bar
un vecchio marinaio ubriaco, che sa
tante cose ed è un po’ filosofo. Ha la
stessa funzione che ebbe un frate per
Mañara: gli apre gli occhi, smuove la
sua coscienza. E parlando di Mañara
dice al ragazzo: «Non era un convertito,
no, mio giovane italiano, era uno
che non ha opposto resistenza…
Quando viene il mare, puoi pensare
di abbracciarlo, di poterlo contenere,
puoi cercare di avere nel tuo petto
tutte le sue onde e i suoi abissi. E così
allargare le braccia, slacciare il respiro
nel petto, fino a strapparti. Oppure
puoi navigare, e portare i tuoi piccoli
doni sulle coste, nei golfi, sulle isole
dove incontri la vita. Nulla vale come
il ringraziamento nascosto di uno di
questi naufraghi che incontri vicino
ai loro fuochi in isole al buio».