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sabato 15 marzo 2025
 
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Il bacio di Siviglia: sulle tracce di don Giovanni

27/06/2016  Una collana di romanzi su personaggi storici dalle vite intense e spirituali. Si comincia con “Il bacio di Siviglia”, sulla figura reale che ispirò il celebre amatore

Due vicende, due epoche che si intrecciano nel romanzo Il bacio di Siviglia di Davide Rondoni (sottotitolo: Miguel Mañara, l’uomo che fu don Giovanni). Si tratta del primo volume della collana “Vite esagerate”, edita da San Paolo, ideata e diretta dallo stesso Rondoni. Tredici volumi incentrati su ­figure di uomini e donne che anelano a Dio e vivono intensamente, senza risparmiarsi.
Si parte da Milano, dove un giovane bancario trentenne, Gabriele, ha una vita sentimentale molto intensa, il piacere della conquista, pochi giorni e poi la noia, e un’altra donna, anche più di una contemporaneamente. Linda è una di quelle, si frequentano da due mesi; una sera per compiacerla l’ha invita alla Scala a vedere il Don Giovanni di Mozart, anche se lui di solito ascolta solo rap e rock. Poi, dopo lo spettacolo, la voglia di chiudere la storia, il risentimento di lei che si trasforma in una frase feroce. Lui si sente ferito e risponde con una violenza che esplode improvvisa verso la donna, tanto che lui stesso ne è spaventato. Che cosa gli sta succedendo? D’improvviso c’è la voglia di conoscersi meglio, di capire che cosa lo spinge a passare da un letto all’altro. La chiave di lettura può essere proprio il protagonista dell’opera che ha appena visto, quel don Giovanni in fondo così simile a lui. Di lui ha letto che è ispirato a un personaggio storico, Miguel Mañara. Decide allora di mettersi sulle sue tracce improvvisando un viaggio a Siviglia, la città dove Mañara ha vissuto, amato e folleggiato, in cui poi si è sposato e dove, dopo una profonda crisi, ha abbracciato un’altra specie di amore, quella per gli umili e gli oppressi che lo ha avviato sulla strada della santità. Il romanzo alterna momenti della Siviglia moderna, con le peregrinazioni e digressioni del protagonista che si misura con il disagio crescente e il ricordo e il rimpianto della sua ultima fi­danzata, alle ricostruzioni storiche della vicenda di Mañara ambientate nel XVII secolo.

Rondoni, cosa l’ha spinta a ricostruire questa figura?

«Io non sono un romanziere, sono un poeta, e quando mi metto a raccontare una storia, come è accaduto in passato, per esempio con la biografi­a di Ermanno lo Storpio, l’eroe Francesco Baracca, o Gesù, sono attratto da uomini che portano con sé grandi problemi. Nel caso di don Giovanni il problema è il rapporto tra l’amore e il destino. Chiunque ama affronta questa questione. Far scoccare una scintilla di fuoco tra le cose vuol dire amare il destino».

Che cosa intende lei per destino?

«È la destinazione, dove vanno le cose, la prospettiva ­finale. Se il destino è l’oblio, allora l’amore è una lotta fatta a unghiate, morsi, artigliate, per sottrarre la vita all’oblio. Nell’opera di Mozart don Giovanni va “contro” il destino, mentre il mio protagonista compie un viaggio “verso” il destino pentendosi degli eccessi, di una vita sprecata. Abbracciando la carità diventa paradossalmente ancora più promiscuo, poiché sceglie di amare tutti. Ma non intende più l’amore come possesso, bensì come servizio e apertura verso gli altri».

Come si è preparato a questo tuffo nel passato?

«Ho letto molte delle numerose biogra­fie scritte su di lui e poi mi sono recato a Siviglia, una città magnetica dove, come hanno fatto molti altri autori prima di me come Rilke e Gautier, sono andato in pellegrinaggio sulla tomba di Mañara».
Nel libro a un certo punto il giovane milanese incontra in un bar un vecchio marinaio ubriaco, che sa tante cose ed è un po’ fi­losofo. Ha la stessa funzione che ebbe un frate per Mañara: gli apre gli occhi, smuove la sua coscienza. E parlando di Mañara dice al ragazzo: «Non era un convertito, no, mio giovane italiano, era uno che non ha opposto resistenza… Quando viene il mare, puoi pensare di abbracciarlo, di poterlo contenere, puoi cercare di avere nel tuo petto tutte le sue onde e i suoi abissi. E così allargare le braccia, slacciare il respiro nel petto, ­fino a strapparti. Oppure puoi navigare, e portare i tuoi piccoli doni sulle coste, nei golfi­, sulle isole dove incontri la vita. Nulla vale come il ringraziamento nascosto di uno di questi naufraghi che incontri vicino ai loro fuochi in isole al buio».

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