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lunedì 09 settembre 2024
 
 

Suor Bonetti: Ecco perché non è una soluzione

11/04/2014  Tutte le indagini dicono che lo sfruttamento in-door (al chiuso) è ancora più violento e coercitivo di quello della strada. Ecco perché riaprire le case chiuse non serve a battere i trafficanti di donne.

di suor Eugenia Bonetti*

Ancora una volta, Papa Francesco, in occasione del convegno organizzato in Vaticano dai vescovi di Inghilterra e Galles, ha denunciato che la tratta di esseri umani è «un crimine contro l’umanità». Ed è a partire da questa prospettiva - ovvero di una grave violazione dei diritti umani - che va rifocalizzato anche il dibattito - purtroppo molto povero e ideologico - sulla riapertura delle case chiuse. Va ri-centrato a partire da una costatazione di fondo: ovvero che la stragrande maggioranza delle donne che si prostituiscono sono immigrate straniere. E che, tra di loro, la quasi totalità non lo fa per scelta, ma perché costretta in maniere diverse. Non prostitute, dunque, ma prostituite: costrette, cioè, a vendere il proprio corpo, comprate e vendute come merce da trafficanti, sfruttatori e clienti.

Quello di cui stiamo parlando, dunque, non è la prostituzione. Ma è il traffico di esseri umani per lo sfruttamento sessuale con riduzione delle vittime in condizioni di schiavitù o semi-schiavitù.

E allora, quelli che vorrebbero riaprire le case chiuse che cosa vogliono realmente ottenere? Legalizzare questo vergognoso traffico fatto sulla pelle di migliaia di donne e minori?

«La tratta degli esseri umani - ha detto ieri il Papa - è una piaga nel corpo dell`umanità contemporanea, una piaga nella carne di Cristo. È un delitto contro l`umanità. Il fatto di trovarci qui, per unire i nostri sforzi, significa che vogliamo che le strategie e le competenze siano accompagnate e rafforzate dalla compassione evangelica, dalla prossimità agli uomini e alle donne che sono vittime di questo crimine».

Un crimine contro cui anche le forze dell’ordine - rappresentate nei giorni scorsi al convegno in Vaticano - sono mobilitate tutti i giorni. Ma se stiamo parlando di un crimine che si sta combattendo in tanti modi, che senso ha pensare di mistificarlo dietro la facciata di una casa chiusa? Oltretutto, sappiamo benissimo, da molte indagini e ricerche fatte in questi anni, che lo sfruttamento in-door (al chiuso) è ancora più violento e coercitivo di quello della strada. Sono stati scoperti molti casi di segregazione vera e propria, di violenze e torture, e di tentativi (a volte riusciti) di suicidi.

Il Papa invita tutti al dialogo e al confronto. Anche a partire da punti di vista ed esperienze diverse. È quello che bisognerebbe fare pure in relazione al dibattito sull’eventuale riapertura delle case chiuse. Che lo si faccia almeno con serietà e in verità.

 

* Suor Eugenia Bonetti è  Coordinatrice Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Usmi e presidente di "Slaves no More onlus"

www.slavesnomore.it

 
 
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