Suor Liliana piange, si inginocchia e inizia a pregare il Padre nostro. Attorno a lei c’è un intero carcere in rivolta. La fotografia è quella dell’ennesima protesta di un Paese, il Brasile, che ha strutture sovraffollate ed esasperate per l’assenza dei diritti più elementari. I detenuti si accorgono del gesto di questa donna che spende gran parte delle sue energie all’interno del penitenziario di Serrinha per ascoltare, consigliare e accompagnare le persone recluse. E così piano piano si fermano.
Il Padre nostro diventa a più voci e, lentamente, sovrasta le urla. Nel giro di pochi minuti i detenuti si mettono in ginocchio e con loro anche le guardie. Non ci sono spargimenti di sangue.
Questa è una delle cinque storie vere narrate nel musical Il canto invisibile, portato in scena in tutta Italia dalle Suore operaie della Santa casa di Nazareth con la compagnia teatrale 1diNOI, che proprio nel 2019 compie 20 anni. All’attivo ci sono già quattro opere firmate dal regista Umberto Gelatti.
LA VITA OLTRE IL SIPARIO
«Tutto iniziò nel 1999», racconta suor Enza Frignani, «quando decidemmo di allestire uno spettacolo per la beatificazione del nostro fondatore Arcangelo Tadini (poi canonizzato nel 2009 da Benedetto XVI, ndr). Saper fare squadra ha fatto la differenza. Ognuno ha condiviso i propri talenti: chi nella regia, chi nella scenografia, chi nei balletti». Il Tadini era un prete autentico che ha aperto una filanda e un convitto per le giovani lavoratrici e ha fondato una famiglia religiosa per educare le ragazze, lavorando gomito a gomito con loro. Desiderava che le sue figlie, in ogni ambiente, rivelassero la presenza di Gesù che, come si legge nella Gaudium et spes, «ha lavorato con mani d’uomo, ha amato con cuore d’uomo, ha agito con volontà d’uomo». Oggi la loro missione abbraccia l’Italia, l’Inghilterra, il Brasile, il Burundi, il Rwanda e il Mali. Partecipano alla vita sociale e sono inserite nell’ambito lavorativo. Semplicemente pregano la vita e pregano con la vita.
Il gruppo teatrale, formato da 35 persone, si amplia a ogni trasferta perché coinvolge i familiari e gli amici e unisce all’utile il dilettevole (compresa la visita culturale alla città ospitante). E dimostra che si può fare pastorale su un palco. «Ho imparato, da donna consacrata, che la Chiesa è bella quando c’è collaborazione. Quando ci si pone in dialogo. Noi suore siamo state aiutate a raccontare la vita con la “V” maiuscola. Portiamo nel cuore i tanti volti che abbiamo incontrato, la fatica spesa per stendere un copione (ci vuole circa un anno) e i sentimenti di amicizia che sono nati e si sono rinforzati nelle difficoltà».
Il ricavato degli spettacoli ha sostenuto vari progetti della Congregazione. Nella città di San Paolo è stato costruito un asilo, in Burundi è stato sviluppato un progetto di alfabetizzazione per gli adulti ed è stato realizzato un Centro sociale di formazione, mentre in Mali verranno attivati dei micro-progetti per attività sociali, educative e formative. Dopo il primo musical Uno di noi ispirato alla figura del Tadini, la compagnia ha portato in scena A oriente del giardino, che racconta il tentativo delle suore operaie di essere lievito nella pasta, gente tra la gente e Vangelo tra le case e per le strade. Poi è arrivato Più della sabbia, che condivide le ragioni per cui credere e trasmettere agli altri la Buona notizia che cambia la vita.
UN MUSICAL TUTTO AL FEMMINILE
Il canto invisibile, con le sue 42 repliche, è il musical della maturità. «Abbiamo unito la vita e la fede», continua suor Enza, «raccontando le vicende di cinque donne con le loro fragilità. Del resto il nostro fondatore diceva che in qualsiasi posizione la persona si trovi, può, volendolo, diventare santa». C’è la giovane che non ha conosciuto il padre biologico ma ha saputo, attraverso l’incontro con Dio, superare la rabbia e sentirsi amata. C’è la ragazza che, nonostante la spina bifida, si è realizzata nello sport ed è diventata mamma. C’è una madre sopravvissuta alle violenze in famiglia che ha perseguito con tenacia una vita dignitosa. C’è il dramma di una sposa, Elena, che perde il marito Marco per un tumore. Infine c’è suor Liliana, che in Brasile «si è fatta piccola nella violenza», racconta suor Enza, «ma alla fine è riuscita a ottenere un cambiamento». Elena, invece, aveva promesso al marito che avrebbe continuato l’impegno teatrale per portare un messaggio di speranza. «In tutte queste testimonianze segnate da situazioni drammatiche e complicate», conclude suor Enza, «si scorge la promessa di Dio».