Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 13 settembre 2024
 
dossier
 

Suor Gabriella Bottani. «Lotto per cambiare le coscienze»

08/02/2019  È lei che guida Talitha Kum, il network internazionale per aiutare le vittime di un indegno traffico di esseri umani. «Aumentano i danni, il denaro cancella ogni valore». La denuncia della comboniana da anni impegnata in difesa di chi è ridotto in schiavitù

Negli anni si sono attrezzate, hanno lavorato sulla formazione e sull’organizzazione. «Di fronte a un’organizzazione criminale estesa bisogna rispondere con forze e strategie capillari», dice suor Gabriella Bottani. Milanese, comboniana, per anni in missione in Brasile, da quattro anni coordina Talitha Kum, il network internazionale delle religiose, la «rete di reti» contro la tratta di persone, nata dieci anni fa in seno all’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg), nell’ambito di un progetto in collaborazione con l’Organizzazione internazionale dei migranti (Oim) e tra i promotori della Giornata che si celebra l’8 febbraio. In questi anni «è cambiata la nostra coscienza e stiamo imparando a collaborare», dice Gabriella. Oggi sono 22 le reti intercongregazionali, nazionali o regionali, che operano in 76 Paesi. «Non diamo ricette, ma aiutiamo la gente a mettersi insieme e a studiare la loro realtà. Da questa formazione nascono strategie locali, a seconda dei carismi e delle persone che ci sono in quel luogo».

Rispetto a dieci anni fa com’è la situazione?

«Il numero delle vittime dei trafficanti sembra stia crescendo, e lo confermano le statistiche Onu. Inoltre, dieci anni fa le vittime erano maggiormente coscienti della loro situazione, Oggi la dinamica dello sfruttamento sembra essere stata internalizzata. Ci sono persone che sono in condizione di grave limitazione della libertà, ma non riescono a riconoscerlo. È complesso. Succede perché la pressione sociale per i soldi e il consumo è così radicata che la libertà sembra quasi non essere più un valore. La violenza verso le ragazze è drammatica. Non è un telefono, un profumo, vivere all’estero, possedere un passaporto piuttosto che un altro che restituisce dignità. Bisogna trasmettere la bellezza di essere persona, non per quello che hai ma per quello che sei».

Qual è il rapporto tra tratta e migrazione?

«I confini tra tratta di persone e contrabbando di migranti si sono confusi. Spesso chi si rivolge ai contrabbandieri per poter raggiungere un Paese senza avere i documenti validi per l’entrata, cade vittima dei trafficanti che li sfruttano sia durante il tragitto, sia nel Paese desiderato. Capita a tante ragazze nigeriane, abusate sessualmente lungo il tragitto in Niger, Mali e in Libia, subiscono ogni forma di violenza e tortura. Una volta in Europa, lo sfruttamento continua».

In caso di rimpatrio qualcuno segue le ragazze?

«Diversi progetti accompagnano il rimpatrio delle vittime. Il ritorno e il reinserimento sociale nello Stato di origine è un tema complesso, e l’incidenza di chi cade di nuovo nella rete è alta, soprattutto tra coloro che non sono rientrati volontariamente e coloro che non trovano un lavoro con un salario dignitoso. È una delle grandi sfide che la società deve affrontare: che alternativa offriamo a queste persone, una volta che sono state riscattate dalla schiavitù? Spesso le famiglie associano il bisogno di una vita migliore al progetto migratorio di una figlia. Non dimentichiamo che le rimesse dei migranti superano di 3 volte i soldi inviati ai governi per i progetti di sviluppo. Inoltre sono più stabili e arrivano direttamente alle famiglie. Dal punto di vista economico, quindi, la tratta viene spesso vista come un beneficio. Questo, unito a povertà, cultura dello sfruttamento, patriarcato, sostiene la dinamica perversa che l’alimenta».

Che lavoro fare con i “clienti” delle ragazze schiave?

«Per lo sfruttamento sessuale punire non basta. Le persone e la società devono essere responsabili delle proprie azioni. Bisogna capire perché la domanda del sesso a pagamento è in crescita e dobbiamo rieducarci alle relazioni. Vale anche per le persone trafficate a fini lavorativi. Ripartiamo dalla nostra consapevolezza: i pomodori a un euro al chilo nascondono uno sfruttamento. Il cliente, il consumatore, deve essere responsabilizzato in un contesto ampio di rispetto del lavoro».

Cosa delineano gli Orientamenti pastorali sulla tratta di persone presentati in Vaticano?

«Mi ha colpito una frase: “Papa Francesco prese davvero sul serio la domanda postagli da una ragazza, sopravvissuta alla tratta”. Credo che questo documento dia voce a tutti coloro che, nel loro impegno pastorale, hanno preso sul serio il dolore e le domande che ci rivolgono le nostre sorelle e fratelli. È un invito a comprendere le complesse cause e modalità della tratta e dello sfruttamento. È un appello a lavorare e pensare insieme. Perché nell’azione pastorale della Chiesa vi siano azioni per prevenirla e per garantire il pieno inserimento sociale di coloro che l’hanno vissuta».

Foto di Stefano Dal Pozzolo/Contrasto

Multimedia
Suor Eugenia: cattolici e "schiave"
Correlati
 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo