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martedì 20 maggio 2025
 
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Suore uccise in Burundi: «Hanno dato la vita per gli ultimi»

09/09/2014  Resta ancora oscuro il movente della barbara uccisione delle tre suore saveriane in Burundi, suor Olga, Lucia e Bernardetta. Il ricordo di Silvia Marsili, vicaria generale dell'ordine nella casa madre di Parma: «Fiera di loro», dice, «malgrado gli acciacchi hanno deciso con gioia ed entusiasmo di ripartire, dando la vita per gli ultimi»

A distanza di due giorni, la dinamica dei tragici fatti è nota, ma restano alcuni punti non chiariti. Come del tutto oscuro resta il movente di un gesto così efferato: il pomeriggio di domenica 7 settembre, le due saveriane Olga Raschietti, 83 anni, e Lucia Pulici, che avrebbe compiuto 76 anni il giorno seguente, sono state barbaramente uccise nella loro casa presso la parrocchia di Kamenge, popoloso quartiere della periferia nord della capitale burundese Bujumbura. Quartiere famoso in tutto il paese per il Centro Giovanile Kamenge, imponente progetto voluto e animato proprio dai Missionari Saveriani, per offrire un'alternativa all'odio tra etnie e insegnare ai giovani a «fare del mondo una sola famiglia», come diceva lo slogan del fondatore, san Guido Maria Conforti.

Oscura la dinamica dei fatti

Ecco il racconto che ce ne ha fatto suor Silvia Marsili, vicaria generale delle Saveriane nella casa madre di Parma: «Le altre due consorelle erano uscite per recarsi in aeroporto a prendere alcune saveriane in arrivo dall'Italia, ma al ritorno hanno trovato tutto chiuso, nessuno rispondeva. Subito si sono allarmate, perché le due sorelle erano anziane e non in buone condizioni di salute. Un primo giro nel quartiere non ha dato esito. Tornate a casa, hanno scoperto che una porticina sul retro era aperta, una delle due è entrata e ha trovato suor Lucia e suor Olga a terra in un bagno di sangue. Presto sono accorsi i padri saveriani, le autorità civili e religiose e la gente del quartiere e poi, più tardi, è arrivato anche qualcuno per ricomporre i corpi. La casa delle sorelle e quella dei padri sono a ridosso della parrocchia dedicata a Guido Maria Conforti. Dopo aver fatto pulizia, le altre sorelle (quattro, comprese quelle giunte dall'Italia) sono andate a riposarsi. Hanno deciso di rimanere in quella casa, anche perché all'esterno c'era la polizia di guardia. Nel cuore della notte, qualcuno è entrato di nuovo in casa. Solo suor Bernardetta Boggian, 79 anni, non aveva chiuso a chiave la porta della camera. E così proprio lei, che aveva trovato le sorelle uccise solo poche ore prima, ha subito la stessa sorte. Un'altra delle sorelle ha sentito dei rumori e ha visto la maniglia della sua stanza muoversi. La regionale, suor Mercedes, che era in una delle altre camere, ha sentito un grido, e subito col cellulare ha avvertito i padri. Quando sono arrivati i soccorsi, sono uscite dalle loro stanze e hanno trovato Bernardetta nel suo letto, uccisa».

Quanto alle ipotesi sul movente, suor Silvia non si sbilancia. Si limita a sottolineare: «Le sorelle erano tranquille, non avevano alcun motivo di preoccupazione, né alcun sentore di pericolo. Durante la giornata, si era visto gironzolare nei paraggi un uomo squilibrato, ed è stato facile pensare a lui, ma in realtà non c'è alcun indizio a suo carico e si potrebbe commettere un grossolano errore attribuendogli la colpa».

Restano alcuni punti oscuri, nella vicenda, ad esempio come l'assassino (se si tratta di una persona sola) abbia potuto introdursi in casa di nuovo durante la notte, quando l'abitazione era sorvegliata dalla polizia. E come poi abbia potuto allontanarsi indisturbato. Secondo qualcuno, in realtà era rimasto nascosto in casa, ma dopo il primo duplice omicidio la casa era stata perquisita. L'altro grosso dilemma riguarda l'efferatezza del gesto: il movente della rapina, ipotizzato in un primo momento, non regge, sia perché nulla è stato sottratto in casa, sia perché non giustificherebbe la barbarie. Le modalità dell'uccisione sono tra l'altro abbastanza inusuali in queste zone e parrebbero frutto di odio o vendetta molto accesi. La violenza sessuale, di cui ha parlato la polizia burundese (ma oggi smentita da alcune fonti missionarie), parrebbe confermare l'ipotesi, anche se questo, a differenza dello sgozzamento e della decapitazione, è uno strumento frequente, tanto da essere usato come sistematica arma di guerra nel confinante Congo, dove tutte e tre avevano lavorato per molti anni.

La polizia avrebbe già ieri fermato e interrogato qualcuno (una o due persone, a seconda delle fonti), ma un contatto locale, che preferisce l'anonimato, ci spiega che in genere il lavoro degli agenti locali non è accurato e ciò che preme non è arrestare il colpevole, ma un colpevole, che poi magari scapperà di prigione una volta che le acque si saranno calmate. Speranze di far luce sulla vicenda ce ne sono poche. La fonte poi ci racconta un particolare: tra i sospettati, in molti avevano subito pensato al cuoco, che era stato da poco licenziato perché sorpreso a rubare. Ma proprio suor Bernardetta, in serata, aveva fermato la folla che stava per linciarlo, chiedendo di lasciarlo andare in pace. Il suo ultimo atto di amore e fedeltà al Vangelo, prima di pagare anche lei con la vita la scelta di tornare in Africa e dedicare le ultime energie ai più poveri.

Chi erano

  

Suor Olga Raschietti, racconta ancora la vicaria generale Silvia Marsili, era partita la prima volta nel 1968, per l'allora Zaire (oggi Repubblica Democratica del Congo) e vi aveva lavorato molti anni, con qualche pausa in Italia, poi nel 2010 era stata destinata alla parrocchia di Kamenge, in Burundi. Si occupava di evangelizzazione e della formazione di catechisti e catecumeni

Suor Lucia Pulici, che avrebbe compiuto gli anni proprio il giorno dopo, era partita nel 1970 per il Brasile, dove aveva lavorato per dodici anni come infermiera e ostetrica tra i più poveri. Nell'82 era poi stata inviata in Congo e infine, nel 2007, a Kamenge, dove aveva aiutato a creare un dispensario con maternità. La sua salute era ormai fragile e, pur non riuscendo più a lavorare come ostetrica, aveva scelto di restare come presenza, accoglieva la gente, aiutava i poveri, dava sostegno in parrocchia

Suor Bernardetta, infine, era partita nel 1970 per il Congo, lavorando come le altre nella provincia orientale del Sud Kivu, al confine con il Burundi. Si occupava di pastorale e di promozione della donna, di alfabetizzazione femminile e per qualche anno anche della formazione delle giovani congolesi che aspiravano a diventare saveriane. A due riprese era stata consigliera generale della congregazione. Poi nel '97 era rientrata in Congo, a Luvungi (sempre nel Sud Kivu), dedicandosi all'alfabetizzazione degli adulti. E infine era stata destinata a Kamenge a fine 2007, per attività pastorale e caritativa.

«Io», conclude con un sospiro suor Silvia, «sono fiera delle nostre sorelle, che malgrado gli acciacchi hanno deciso con gioia ed entusiasmo di ripartire, dando la vita per gli ultimi».

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Le missionarie uccise in Burundi
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