Cercare di avere dei figli che non arrivano può mandare in crisi un matrimonio: i problemi di fertilità possono essere vissuti come un fallimento esistenziale e anche spirituale. Che però a volte si trasforma in nuove forme di fecondità. Lo raccontano Simona Arcidiacono e Andrea Marcellino, sposati dal 2016. «Io avevo 37anni e mio marito 38; durante il percorso per fi danzati in parrocchia nessuno ci ha preparato all’eventualità di non poter diventare genitori», osserva Simona, sottolineando: «Senza un padre spirituale e un sostegno psicologico non saremmo riusciti a superare questa lunga e travagliata fase della nostra vita. Da soli è impossibile uscirne: abbiamo rischiato di separarci. Invece la psicologa ci ha spiegato che la mancanza di un figlio tanto desiderato è pari a un lutto e va vissuta come tale. Ero arrivata all’altare convinta che un fi glio sarebbe arrivato con facilità, anche perché ero favorevole alle cure mediche e alla fecondazione assistita». Ma le terapie sono state inutili.
«C’era chi ci consigliava di chiedere la grazia in un determinato santuario, chi pregava per noi e con noi. Ma con il passare del tempo venne a trovarci la depressione e si prese il posto riservato alla gioia dell’arrivo di un figlio. Spesso questo dolore viene sottovalutato: gli altri sono poco inclini a guardarti negli occhi con attenzione e ad accogliere la tua sofferenza», racconta Simona. Che ha trovato sollievo nella preghiera silenziosa davanti al Tabernacolo. «Non riuscivo a trovare il mio posto in una società e in una parrocchia che mi mostrava principalmente famiglie con figli da accompagnare ai sacramenti. Noi, non avendone, eravamo praticamente tagliati fuori dalle varie iniziative».
Dopo aver elaborato insieme il dolore, Simona e Andrea hanno avviato il progetto “Abramo e Sara” con il loro padre spirituale don Francesco Pelusi, parroco di San Tarcisio a Roma, accompagnando le coppie che come loro stanno vivendo il passaggio dall’infertilità alla fecondità. Poi hanno pubblicato un manuale semiserio su come vivere il Natale quando un figlio tarda ad arrivare e lo scorso autunno il volume Montagna, maestra di vita. Spiritualità per coppie in cerca di figli (Tau editrice). Insomma, hanno cercato di comunicare la loro esperienza, che li ha visti anche volontari in una casa famiglia per adolescenti e che ora li vede nell’oratorio della parrocchia San Giuseppe al Trionfale, collaboratori del blog Matrimoniocristiano.org e di Radio Maria. Esperienze che li hanno aiutati a maturare come sposi e a scoprire la loro fecondità.
«Ogni coppia giunge all’altare con la chiamata alla maternità e alla paternità. Ma abbiamo capito che allo scambio delle promesse matrimoniali eravamo in tre: Dio era con noi», evidenzia Andrea. Gli faeco Simona: «In questi anni abbiamo compiuto dei passi inaspettati che ci hanno condotto a scrivere e a condividere il lato forse più scomodo di un matrimonio, quello che nei corsi prematrimoniali viene poco citato: il dolore di non poter avere dei figli biologici. Se chiudi gli occhi riesci a disegnarne i lineamenti, per quanto li desideri con amore».
Da quasi vent’anni lo stesso desiderio viene custodito da un’altra coppia che vive a Marsala, in provincia di Trapani. Il cinquantenne Giuseppe Maggio e Marcella Scalisi, 49 anni, sono sposati dal 15 luglio 2004 e fidanzati dal settembre del ’98: «Eravamo lontani dal cammino di fede, anche se partecipavamo alla Messa domenicale. Durante il corso per fidanzati non si è parlato né di adozioni né di problemi di fertilità, ma solo di metodi naturali», ricorda lui. Subito dopo il viaggio di nozze, inizia il loro «doloroso percorso: scopriamo che Marcella ha un fibroma all’utero molto grande, ostativo alla gravidanza, e a dicembre viene operata. Dopo due anni il figlio non arrivava e abbiamo approfondito, ma non c’era una risposta certa su infertilità o sterilità. Abbiamo fatto analisi e seguito le cure ormonali proposte, purtroppo senza alcun effetto. Ma non abbiamo scelto la strada della procreazione assistita per motivi di fede: la sentivamo come una forzatura».
Passa quasi un decennio: nel dicembre 2013 a lei vengono asportati alcuni polipi uterini e il 25 marzo 2014 rimane incinta, ma dopo poco ha un aborto spontaneo. «Abbiamo tre figli in Cielo. Una delle gravidanze è stata extrauterina: in quella circostanza Marcella ha perso anche una tuba e un ovaio. Ha rischiato la vita», racconta Giuseppe. Che un decennio fa inizia a frequentare con la moglie un gruppo di preghiera carismatico: «Le prime volte facevo fatica, poi a un certo punto è scattato qualcosa in me ed ero io a convincere lei a venire. Abbiamo cominciato a cantare e suonare per animare la preghiera. Siamo stati salvati e benedetti dal Signore in questa storia così dolorosa e portiamo la nostra testimonianza nei corsi per fidanzati della nostra diocesi di Mazara del Vallo».
Nel frattempo raccontano che hanno iniziato anche il percorso adottivo: «Abbiamo avuto in affido un bambino per 12 mesi, ma poi è scaduto il decreto per l’adozione nazionale. Ora siamo in attesa di un bambino dalle Filippine tramite l’ente Famiglie nuove, anche se il Covid ha rallentato moltissimo le pratiche. Un cammino da fare con grande slancio e contemporaneamente tanta ponderazione», puntualizza Giuseppe. Che con la moglie è pure autore su Facebook della pagina Maternità e paternità spirituale e solidale, temi trattati anche in un volume pubblicato da Tau editrice.
Inoltre, al santuario di San Francesco di Paola a Marsala stanno animando incontri di spiritualità per coppie con vissuti analoghi, «in cammino sulla via della speranza. Proviamo a gettare le basi di un percorso che vuole mettere al centro la cura delle sofferenze generate da sterilità e infertilità e dai cammini adottivi. Fare gruppo e condividere le esperienze sostenuti dalla fede, dalla preghiera, dall’adorazione, dalla lode e dal canto, per scoprire la creatività nella paternità e maternità spirituale. Il Signore non ci ha fatto mai mancare figli, fratelli e sorelle per un apostolato della consolazione»