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lunedì 16 settembre 2024
 
 

Superdotazione e depressione

01/12/2011  Da una ricerca effettuata da Eurotalent Italia risulta che la depressione nei bambini ad alto potenziale intellettivo è statisticamente più frequente che negli altri bambini...

Non sempre è facile interpretare in un bambino i segnali che possono far pensare a una depressione o che sono semplicemente spunti depressivi, al di là dell’aria triste che non richiede sforzi interpretativi.

Bambini apatici spesso sono considerati semplici lazzaroni e per questo rimproverati: «Non si impegna abbastanza, non ha interessi!». L’isolamento fa pensare a difficoltà di relazione. La poca voglia di provare e manifestare piacere fa pensare a difficoltà di relazione e procura antipatia. Disturbi come cefalea, dolori addominali, insonnia, di cui ci si preoccupa dal punto di vista puramente fisico, vanno indagati anche nell’ottica psicosomatica.
Anche autodenigrazione, manifestazioni di scarsa stima di sé, autocolpevolizzazione, sono manifesti di scarsa autostima che può deragliare in depressione. Anche l’incapacità di concentrazione è fra i possibili segni spesso misconosciuti di depressione: «Sta attento, non essere distratto, concentrati!».

Il frequente comportamento da sciocco, da pagliaccio, rivela un tentativo autoriduttivo di imporsi all’attenzione, che, infastidendo, ottiene l’effetto opposto, rinsaldando la poca considerazione di sé.
Scarsa autostima che si può esprimere anche in un persistente, esagerato, spesso immotivato senso di colpa. Reazioni depressive più marcate e di possibile cronicizzazione sono anoressia, perdita di peso, abbattimento, idee di morte e di suicidio. Anche tante sospette iperattività sono in realtà reazioni depressive, o difese dalla depressione, così come spesso i comportamenti aggressivi e antisociali. Quando tutto ciò si cronicizza, allora si deve parlare di depressione infantile (vedi DSM IV).

Il sentimento di identità comincia a svilupparsi in modo tangibile nel periodo della seconda infanzia, quando le attività sociali assumono più grande spessore, soprattutto con l’inizio dell’attività scolastica, e nell’età scolare si rendono più evidenti, e spiccano nella classe, i segnali che ho elencato, riuniti o isolati.
Dalla frequente e attenta osservazione di bambini ad alto potenziale intellettivo che presentavano uno o più dei sintomi è nata l’idea di iniziare a indagare se la superdotazione intellettiva, nella situazione attuale della scuola, sia un fattore collegato alla depressione o a sintomi depressivi infantili in modo statisticamente significativo.

Abbiamo, quindi, preso in esame un gruppo di trentasette bambini, ugualmente distribuiti fra ambo i sessi, provenienti da tutte le regioni d’Italia, il cui Quoziente Intellettivo è compreso fra 130 e 159 alla scala Wisc III-R. Ricordo che l’area considerata di “intelligenza straordinaria” inizia ai 30 di Q.I. globale. Non abbiamo considerato separatamente il Q. Verbale e il Q. Performance. Abbiamo considerato come parametri la depressione dichiarata, il rifiuto di andare a scuola, le sensazioni persecutorie unite alla diffidenza verso compagni di scuola e insegnanti, l’isolamento, la noia costante, la demotivazione allo studio.

Nel 5,5% di questo gruppo di bambini si può parlare di “depressione dichiarata”. Nei bambini restanti abbiamo constatato la presenza di demotivazione nell’89%, di noia nel 27%, di ribellione alla scuola nel 24%, di isolamento nel 22%, di sensazioni persecutorie nel 5%, di rifiuto di andare a scuola nel 5%. Solo il 5% dei bambini non dichiara alcun problema.

Considerato che nell’intera popolazione infantile, dai 6 ai 12 anni, i casi di depressione sono circa il 2,5%, si deduce che i bambini ad alto potenziale intellettivo sviluppano sintomi di depressione in quantità statisticamente più elevata rispetto al gruppo di tutti gli altri bambini. Inoltre il 67% mostra problemi che, se non sono sufficienti a decretare una depressione, sono però a essa predisponenti e possono essere considerati come fattori di rischio elevato.

Dato che questi problemi si evidenziano in coincidenza con la frequenza scolastica, sia nella scuola dell’infanzia sia nella primaria, è chiaro come sia necessaria per un’adeguata prevenzione la formazione specifica degli insegnanti a riconoscere questi bambini e ad attuare una didattica e un comportamento a loro adatto.

Non è difficile comprendere le cause della frequenza di sintomi depressivi nei bambini ad alto potenziale intellettivo.
Sono una minoranza: il 3% della popolazione infantile è intellettivamente superdotato, il 5% molto dotato. Hanno un pool non comune di capacità percettive, intellettive, ma anche di “sensibilità”: quel mix ancora poco definibile che permette di intuire, empatizzare, soffrire, gioire, di cui vediamo soltanto alcune espressioni e la cui risultante chiamiamo intelligenza e che tendiamo a interpretare prevalentemente dal punto di vista cognitivo.

Questi bambini, in una classe dove generalmente nessun altro bambino è in sintonia con loro, si trovano, proprio nello spazio dedicato principalmente all’apprendimento, di fatto isolati e quasi sempre non compresi neppure dall’insegnante.

Generalmente l’insegnamento non è abbastanza personalizzato da consentire anche a loro pari opportunità di apprendimento, e i loro entusiasmi, le loro domande, la loro capacità di andare verso le conquiste della mente sono frustrate.

Ovviamente i bambini non hanno mezzi per valutare il significato della loro situazione, e la reazione alla diversità è sempre un disagio, un senso di inferiorità.
La solitudine o meglio, l’isolamento, sono una realtà per il bimbo superdotato, che non può neppure godere del prestigio e della cura che si rivolge ai bambini dotati nel campo della fisicità.

Chi eccelle nelle attività fisiche, infatti, presto può essere affidato a maestri speciali, è continuamente gratificato e stimolato, acquista l’abitudine alle prove e agli errori, che subito possono essere seguiti da un successo.

Così i bambini che si distinguono in discipline apprezzate fuori della scuola, come la musica. I saggi delle scuole musicali, la musica di insieme, l’esaltazione delle prime composizioni, danno ai piccoli musicisti una percezione buona di sé e favoriscono la visione del futuro, del progetto, delle esperienze positive che danno speranza e fiducia.

Nulla di questo al bambino superdotato. Le sue domande irritano, la sua prontezza si traduce in noia perché nessuno compensa il tempo che intercorre fra la loro comprensione e quella degli altri, i tentativi di mettersi in luce vengono umiliati.
Se un bambino scrive o disegna qualcosa di straordinario viene spesso accusato di “non averlo fatto da solo”.
Se dà a un problema una soluzione il cui risultato è giusto, ma ottenuto con un procedimento non banale, molto spesso gli si impone di seguire il metodo approvato dall’insegnante, altrimenti il risultato può essere casuale. Se legge o scrive prima degli altri, deve spesso fingere di non esserne capace, perché molte scuole dell’infanzia non accettano tali performance.

Di solito questi bambini entrano nella scuola con molte aspettative, convinti che impareranno, leggeranno, scriveranno, scopriranno un mondo nuovo. Il loro entusiasmo iniziale è presto deluso, e, si sa, le delusioni, soprattutto precoci, non fanno bene!

Questo succede in modo più drammatico ai bambini con tendenza al pensiero creativo, ancora più misconosciuti degli altri, perché insoliti nelle loro affermazioni e interpretazioni. Questi bambini spesso non sanno neppure comunicare efficacemente le proprie idee, visto che spesso faticano a comprendere il pensiero comune e quindi a elaborare un linguaggio adatto ai più.

Proprio il pensiero innovativo, che sarebbe così utile a prevedere problemi futuri e ad evitarli o a risolverli, viene perciò assai spesso mal interpretato o per nulla recepito. I piccoli creativi sono inquietanti soprattutto per gli insegnanti rassicurati dalla prevedibilità, e vengono così bloccati, impediti in una parte essenziale del loro essere.

Con alcuni bambini che si sono presentati con sintomi depressivi è stato necessario un intervento psicoterapico. Per esempio, un bimbo di 4 anni, iperdotato, non mangiava più altro che liquidi da un anno.

È stata scoperta una correlazione di questo sintomo con il comportamento che alla scuola d’infanzia avevano tenuto con lui gli insegnanti, comportamento che gli aveva fatto pensare di poter essere strozzato dal cibo.

Dapprima limitata alla scuola, questa paura si era estesa al cibo in generale. Il rifiuto della scuola era totale. Dopo un anno di lavoro, il bambino è stato mandato in un asilo a metodo montessoriano, che permette e prevede l’individualità dei percorsi.

Oggi è un bambino normalmente contento che mangia con grande appetito!

Ricordo che nella scuola Trabucchi, l’unica dedicata ai bambini superdotati che a oggi sia stata realizzata in Italia, i bambini non manifestavano segni depressivi, se non in coincidenza con eventi familiari traumatici come i lutti o le separazioni.

L’atteggiamento e l’attuazione di una didattica adatta ai bambini superdotati può essere determinante nell’evitare l’insorgenza o nel ridurre la presenza di sintomi depressivi.

Il ricorso allo psicologo non è sufficiente e spesso neppure indicato: ricordiamoci che la scuola è l’ambito più rilevante per i bambini, spesso l’unico alternativo alla famiglia.

Un comportamento e una didattica adeguata possono improntare tutta la vita di un bambino, e gli insegnanti, nonostante le frustrazioni che ricevono da più parti, devono essere coscienti del loro insostituibile ruolo.

In questa direzione vanno l’innovativa istituzione, voluta dal ministro Gelmini, della figura professionale del “formatore di insegnanti per bambini ad alto e altissimo potenziale intellettivo” e i laboratori didattici che Eurotalent terrà nel corso dell’anno in diverse Regioni d’Italia.

Quanto alla ricerca qui esposta, è soltanto un inizio, da completare.

Bisogna per esempio considerare quanti bambini con sintomi depressivi si sono rivelati ad alto potenziale intellettivo e quanti si siano normalizzati a seguito di un intervento della scuola.

Quali i sintomi più frequentemente mutati a causa di un intervento didattico e comportamentale adeguato.

Quali gli interventi e quali gli errori più incisivi su ogni tipo di sintomo.

La strada è ancora lunga.

Io spero che gli insegnanti di tutt’Italia si interessino a questo argomento, portando avanti una ricerca ancora agli inizi, e priva quasi completamente di precedenti.

Quanto alle famiglie i cui bambini dimostrano, dopo l’entrata nella scuola, sintomi di demotivazione e di noia, tendenza a rifiutare la scuola, fatica a sentirsi in sintonia con i compagni, ribellione o apatia, la prima cosa da fare è indagare il motivo, astenendosi dal facile criticare i bambini o dallo sterile rivolgersi agli insegnanti dando loro ragione o torto a priori.

In ogni caso, bisogna essere attenti a ogni calo di entusiasmo e rimotivare il bambino principalmente alla giusta stima di sé. Può essere utile anche la frequenza ad attività extrascolastiche, come un corso di musica o di pittura, o partecipare alle iniziative che molti musei organizzano per i bambini.

Qualunque scintilla di interesse nuovo, qualunque prospettiva di un lavoro mentale che porti risultati e permetta di vedere oltre è un aiuto al progetto, alla speranza, alla stima di sé e alla fiducia critica ma solida nell’autorità buona.

Il centro studi Erickson dedica a questo problema e alla sua soluzione un workshop nell’ottava edizione del Convegno Internazionale “La Qualità dell’integrazione scolastica e sociale”, il 19 novembre a Rimini.

 
 
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