In
Svizzera l'eutanasia non si tocca, sia per chi in questo Paese ci
vive, sia per chi ci arriva dall'estero appositamente per farsi
aiutare a morire. Oggi, 15 maggio, i cittadini del cantone di Zurigo
sono stati chiamati a votare in un referendum che proponeva di
modificare l'attuale legislazione sul cosiddetto “suicidio
assistito”. Due le iniziative popolari sulle quali esprimersi: la
prima chiedeva al Parlamento di proibire qualunque pratica di
eutanasia; la seconda chiedeva di limitare la “dolce morte”
soltanti ai cittadini residenti nel cantone da almeno dieci anni,
escludendo tutti gli stranieri che, da anni, scelgono di recarsi nel
Paese elvetico per farsi aiutare a morire generando un vero e proprio
“turismo della morte”.
La
risposta degli svizzeri è stata inequivocabile: respinti a larga maggioranza entrambi i
quesiti. Nel cantone di Zurigo, dunque, tutto resta
com'è. Del resto, era più che prevedibile. In Svizzera la”morte
assistita” per i malati terminali è consentita fin dal 1941; è
ammessa l'eutanasia passiva: si possono procurare
al malato terminale i mezzi per porre fine alla propria vita, ma non si può
procurare la morte in modo diretto; il “suicidio
assistito”, inoltre, non deve essere richiesto per motivi egoistici.
In
Svizzera ogni anno circa 200 persone ricorrono all'eutanasia. Se
la grande maggioranza degli svizzeri non mette in discussione la
pratica dell'eutanasia, i sondaggi mostrano che oltre il 60% dei
cittadini ritiene che non debba essere estesa anche agli stranieri
che provengono da Paesi come Germania e Italia, dove il
suicidio assistito è illegale, e criticano il turismo che si è
generato in Svizzera intorno alla “dolce morte”.
Fra le
organizzazioni più importanti che si occupano di fornire assistenza
ai malati terminali che decidono di porre fine alla loro vita,
Dignitas è l'unica che assiste anche gli stranieri. Dal 2010 questa
organizzazione ha accompagnato alla morte oltre mille persone, di cui
solo poco più di cento dalla Svizzera, un gran numero dalla
Germania, a seguire dalla Francia, ma anche dall'Italia, dagli Stati
Uniti e dalla Spagna.
Mentre l’Italia si appresta a discutere la legge sul “fine vita” e la Svizzera vota per limitare il diritto all’eutanasia, l’Europa e il mondo offrono un quadro molto variegato sul modo di affrontare questo problema.
Francia: all’inizio del 2011 il Senato ha bocciato (170 “no” su 312 voti possibili) un testo di legge che contemplava “l’assistenza medicalizzata alla morte” per i malati terminali e le persone affette da gravi disabilità.
Germania: nel 2009 è stata approvata 2009 una legge sul testamento biologico. Approvata la legge, è stato modificato anche il Codice civile: ora una persona può rifiutare determinate terapie anche se da esse dipende la sopravvivenza del diretto interessato.
Gran Bretagna:nel 2009, la Procura generale del Regno Unito ha emesso una serie di linee guida che, di fatto, autorizzano l’eutanasia passiva. Secondo tali Linee guida, aiutare qualcuno a morire è reato solo se chi lo fa trae beneficio dalla morte dell’altro.
Spagna: come in Italia, e dopo alcuni casi clamorosi, è in discussione una legge sul fine vita.
Svezia: nel 2007 il Consiglio nazionale della Sanità si è pronunciato a favore del diritto del paziente a rifiutare determinati trattamenti, purché il paziente stesso sia adeguatamente informato delle conseguenze del suo rifiuto.
Usa: solo due Stati, Oregon e Stato di Washington, si sono dotati di leggi L’Oregon e lo Stato di Washington sono dotati di leggi che contemplano l’eutanasia e il suicidio assistito.